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Via Pomponazzi ..... in memoria del compagno Giorgio Tassara

Publie le domenica 17 luglio 2005 par Open-Publishing
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Dazibao Movimenti Storia

di Dario

Via Pomponazzi, Trionfale, Roma Nord, anni settanta ...

In memoria del compagno Giorgio Tassara

Via Pomponazzi e’ un buco di via chiusa al traffico, tra due palazzoni di case popolari anni venti, che da su Via Andrea Doria, nel quartiere Trionfale.

Pur frequentando spesso, per motivi di impegno sindacale, i locali adiacenti del 17° Municipio , avevo da decenni rimosso l’importanza storico/politico di quell’ angolo del Trionfale.

Poi, nel giro di qualche giorno, due tragiche vicende me lo hanno riportato alla mente.

L’ uccisione, qualche giorno fa, del falegname che aveva oggi bottega in quella via, uccisione da parte del suo predecessore nella stessa bottega e nella stessa attivita’, predecessore noto anche trenta anni fa come fanatico fascista che gia’ allora era considerato dai compagni come persona con la quale evitare ogni discussione.

E oggi la notizia della morte per una gravissima malattia del compagno Giorgio Tassara, uno di quelli che hanno contribuito a rendere “storico”quel luogo cosi’ di per se’ ameno e nascosto.

Via Pomponazzi ospitava dai primissimi settanta la sede del “Manifesto”, per un certo periodo addirittura l’ unica sede a Roma di questo gruppo politico, per cui poteva capitare di incontrarci, per noi ragazzi appena arrivati all’ impegno politico, personaggi mitici come Luigi Pintor, Rossana Rossanda , Aldo Natoli, Luciana Castellina che era oltretutto una donna stupenda o alcuni dei compagni che poi fonderanno l’ autonomia operaia romana, come Vincenzo Miliucci e Claudio Rotondi.

Poi, per le vicissitudini complicate di quel gruppo, quella sede divenne la sezione di zona del Pdup.

Ma soprattutto quel pezzetto di Pomponazzi che dava su Via Andrea Doria divenne luogo di raduno quotidiano di moltissimi giovani compagni di Roma Nord, che vi bivaccavano praticamente giorno e notte.

Conoscevo Giorgio ma non posso dire di essergli stato amico, al punto che non sono in grado di dire se il mio associarlo immediatamente a Pomponazzi sia dovuto a una sua militanza nel Manifesto o nel Pdup oppure alla sua semplice frequentazione del posto come luogo di raduno dei compagni.

Quattro righe con le quali oggi il mio carissimo amico ed ex collega Mario Boccia commemora Giorgio sul “Manifesto” potrebbero farmi propendere per la prima ipotesi, ma la cosa adesso non credo rivesta alcuna importanza.

Del resto, io non sono mai stato un gran frequentatore di Pomponazzi. Col gruppetto di compagni di Primavalle di origine “lumpen” - ma allora si diceva “coatti” - prima di Lotta Continua e poi dell’autonomia, guardavamo con aria di sufficienza quei compagnucci un po’ frikkettoni che si radunavano li’ o in altri luoghi di Roma Nord, come il chiosco-bar “Ciccio” davanti al Mamiani o i giardinetti di Piazza Igea, poi tragicamente divenuta Piazza Walter Rossi.

Oltre a considerarli un po’ “borghesucci”, ci sembrava da “scemi” sostare continuamente in luoghi dove spesso e volentieri i fascisti, passando con i loro maledetti vesponi bianchi o con le auto di grossa cilindrata, sparacchiavano contro i compagni fermi a chiacchierare ad ogni ora del giorno e della notte.

Ma, se al bar “Ciccio” o a Piazza Igea andavamo solo per le scadenze di mobilitazione, quasi sempre dopo agguati dei fascisti, per Pomponazzi capitava spesso di fare eccezione e di trascorrervi qualche pomeriggio di sabato o di domenica, al chiaro scopo anche di “rimorchiare” qualche bella compagna, che nei nostri luoghi invece scarseggiavano, approfittando del fatto che la nostra fama di “barbari” e di “cattivi” oggettivamente qualche simpatia femminile al tempo la attirava.

Cioe’, sto tranquillamente ammettendo che eravamo un po’ stronzi e parecchio maschilisti, un minimo di “rieducazione” femminista sarebbe arrivata solo successivamente.

Ma l’ eccezione per Pomponazzi era dovuta anche a motivi, come dire, piu’ nobili.

A differenza del chiosco-bar o dei giardinetti brulli di P.Igea , che oltretutto erano diventati col tempo anche luoghi di spaccio, quel pezzetto di Trionfale, incastonato tra quartieri di dominio fascista come Prati e Balduina, era stato anche un luogo storico della Resistenza a Roma.

Pintor e i compagni del circolo “Giustizia e Liberta’”, tuttora esistente proprio di fronte a Pomponazzi, ci avevano insegnato che per tutto il ventennio in quelle case popolari i fascisti non avevano mai avuto il coraggio di entrare.

Li’ aveva abitato il mitico anarchico Errico Malatesta.

Li’, sotto la guida di “Cencio” Baldazzi, uno dei capi degli “Arditi del Popolo”degli anni venti, era stata creata la base romana degli antifascisti del Partito d’Azione e , nei nove mesi dell’ occupazione nazista di Roma, era stato il rifugio anche di tanti partigiani del Pci e di Bandiera Rossa.

Tre abitanti di quel lotto di case popolari erano stati trucidati alle Fosse Ardeatine.

Insomma aveva senso anche per noi orgogliosi e un po’ vanagloriosi borgatari - nei giorni di non impegno politico a Primavalle - presidiare a volte quei luoghi storici e fare argine allo strapotere dei fascisti delle zone limitrofe.

In questa logica - e sicuramente anche per farci belli agli occhi delle compagnucce frikkettone - facemmo anche qualche grossa stronzata che contribui’ ad innalzare un livello di scontro gia’ altissimo e che portera’, come conseguenza, addirittura ad un attentato al plastico dei fascisti alla sede del Pdup, attentato che creo’ problemi di stabilita’ all’ intero palazzo.

Giorgio Tassara, insieme ad altri, ci fece capire in modo cortese ma fermo che l’avevamo fatta un po’ “fuori dal vaso” e che non potevamo permetterci bravate in trasferta che poi sarebbero state pagate dai compagni e dagli abitanti della zona.

Inutile dire che aveva ragione da vendere e non potemmo che riconoscerlo anche se questo non impedi’, qualche mese dopo, l’ omicidio fascista di Walter Rossi a qualche centinaio di metri dalla stessa Via Pomponazzi.

La notte successiva alla morte di Walter le differenze tra “duri” e “moderati” scomparvero come d’incanto e in centinaia, gruppettari ed autonomi, compagni del Pci e del Psi, “malandrini” di Primavalle e di Valle Aurelia, distruggemmo a mani nude la sede fascista di Via Ottaviano e il vicino bar dove bivaccavano gli squadristi.

Ma ormai, eravamo a fine 1977, le cose erano cambiate di segno, il lottarmatismo si stava espandendo e questo nuovo clima creo’ in breve tempo la crisi di tutte le aggregazioni precedenti, fini’ l’ abitudine di vedersi a Pomponazzi , la sede divenne un centro medico collegato alla Cgil e anche il collettivo di Primavalle conobbe scontri, scissioni, passaggi personali ai gruppi armati e chi piu’ ne ha piu’ ne metta.

E Pomponazzi fini’ per diventare luogo simbolo anche di questa fase ; sara’li’ davanti, infatti, che tre brigatisti, tutti e tre provenienti dal vecchio collettivo di Primavalle, uccideranno anni dopo il giudice Minervini.

Altri tempi, altre storie, ma in questo giorno di lutto mi e’ sembrato giusto, da noto grafomane un po’ nostalgico, metterle nero su bianco.

Anche per ricordare un compagno, quasi coetaneo, che rimpiango di non aver potuto conoscere meglio.

Le piu’ sentite condoglianze a Daniela che conosco appena di vista e a Doriana con la quale ho spesso avuto occasione di scontrarmi in queste pagine.

Probabilmente abbiamo tutti sensibilita’ assai diverse tra di noi, ma non possiamo dimenticare di essere parte della stessa storia, bella o brutta che sia stata.

E purtroppo, sempre piu’ spesso, il destino bussa a ricordarcelo.

Andando avanti negli anni e’ sicuramente una cosa normale che questo avvenga ma, francamente, non riesco proprio ad abituarmici.

Dario.

Messaggi

  • Subject: Re: Via Pomponazzi, Trionfale, Roma, anni settanta ....

    > Caro Dario, grazie per averci fatto dono di queste tue memorie "in presa
    > diretta" che costituiscono, credo, un modo schietto e caldo per salutare
    > un
    > altro compagno della generazione di quegli anni che purtroppo ci lascia.

    > Anch’io non frequentai molto Via Pomponazzi, ma quando sulla Cassia (dove
    > abitavo ed ancora abito) c’erano problemi con i topi neri (e ce n’erano in
    > continuazione!), quella via, insieme a Piazza Verdi, Ponte Milvio e
    > Grottarossa, rappresentava la sponda sicura dove cercare operante
    > immediata
    > solidarietà per tutta la zona nord della capitale.

    > Via Pomponazzi era uno di quei numerosissimi "luoghi" di aggregazione
    > territoriale che allora costellavano l’intera metropoli capitolina,
    > rappresentando in modo fisico ed inequivocabile l’esistenza forte e ben
    > radicata di "un’altra Roma" rispetto a quella, da un lato, dei Palazzi
    > istituzionali e delle unità motocorazzate intorno ad essi schierate (da De
    > Lorenzo a Miceli, fra i sessanta e i settanta, almeno una dozzina di volte
    > i
    > motori di quei blindati furono fatti minacciosamente "ronfare" per lunghe
    > notti "di allerta pregolpistica"!!!), dall’altro, delle più arroganti e
    > feroci squadracce fasciste di Almirante, Caradonna ed accoliti vari!

    > Erano anni duri, ma dura sapeva anche essere la capacità di lotta, di
    > radicamento e pure di vigilanza antifascista da parte di un "sociale" che
    > il
    > decennio rosso 68/77 vide protagonista di un entusiasmante ciclo di lotte
    > sul crinale dello scontro diretto lavoro/capitale.

    > E la graduale inevitabile uscita di scena della generazione che ne fu
    > coinvolta lascia oggi un sapore vieppiù amaro perchè, a fronte di tale
    > perdita, si stenta ancora ad individuare un virtuale passaggio del
    > testimone: quegli attori sociali sono stati travolti - e non solo in
    > Italia!!! - in una delle sconfitte di classe più pesanti e brutali che la
    > storia ricordi (quella degli ottanta!) ed ha pagato un prezzo altissimo in
    > vite spezzate e/o vendute, ma molti uomini e donne formatisi in quegli
    > anni
    > hanno saputo trovare la forza di andare avanti lungo il crinale di una
    > scelta che non fu solo politica, ma anche di vita.

    Essi ancora oggi
    > perseverano nel ruolo a suo tempo prescelto di "agenti di contaminazione"
    > dentro il groviglio di contraddizioni materiali che Monsieur le Capital è
    > andato via via esasperando, in un delirio necrogeno di onnipotenza, al
    > contempo rendendo sempre più vacillante il proprio stesso dominio.

    > Ma il filo spezzato della memoria non si è ancora riusciti a rinsaldarlo,
    > nè
    > ancora si è riusciti a metter mano alla ricostruzione di un immaginario
    > collettivo che sappia nuovamente conferire senso strategico al pur
    > quotidiano irrompere di sempre nuovi fronti di conflitto di classe. La
    > domanda che incombe ormai in modo sempre più angosciante è "chi sarà in
    > grado di afferrare il testimone" dalle mani di quella generazione, ormai
    > inevitabilmente in via di estinguersi, che seppe fra tremare i potenti
    > della
    > terra, al di là dei pur tanti, tragici errori e dilemmi mai davvero
    > risolti,
    > sotto il cui peso l’intera esperienza del comunismo novecentesco è
    > tragicamente e vergognosamente crollata ?!?

    > Per ciascuno di noi che se ne va, più pesante diventa il fardello per chi
    > resta ...

    > Un abbraccione davvero fraterno, stante la comune memoria di quegli anni a
    > Roma ;-)

    > Marco Melotti

  • Comunque almeno 2 dei 3 del commando che uccisero Minervini provenivano da Torre Spaccata e da Viva il Comunismo, non dai Collettivi di Primavalle