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10 giugno 1974 “Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia”

Publie le domenica 14 agosto 2005 par Open-Publishing

Dazibao Storia Enrico Campofreda

di Enrico Campofreda

(sul Corsera “Gli italiani non sono più quelli”)

Due avvenimenti del mese di maggio 1974: 12 maggio, la vittoria del no al Referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio. 28 maggio, la strage fascista di Piazza della Loggia a Brescia.

Sul Referendum Pasolini sottolinea come Fanfani e il Vaticano non comprendevano le trasformazioni in atto in Italia. Ma neppure il Pci di Berlinguer aveva ben capito l’animo del Paese se fino a poco prima della consultazione si mostrava titubante, sostenendo come l’iniziativa fosse pericolosa perché avrebbe potuto dividere il mondo cattolico e mettere in crisi il compromesso storico.

Per Pasolini i ceti medi italiani “sono radicalmente cambiati, i loro valori positivi non sono più i valori sanfedisti e clericali ma sono i valori dell’ideologia edonistica del consumo e della conseguente tolleranza modernista di tipo americano. L’Italia contadina e paleo industriale è crollata, al suo posto c’è un vuoto che aspetta di essere colmato da una completa borghesizzazione americaneggiante falsamente tollerante ...”

Il Partito Comunista subiva tale fenomeno e per anni accettò passivamente il consumismo incentrato su merce e mercato leggendolo come una sorta di progresso, e non solo nella fase dell’uscita dalle miserie della guerra ma anche nel periodo del cosiddetto ‘boom economico’. Gli anni in cui la classe operaia aumentò sensibilmente di numero (e anche di rivendicazioni e di lotte) non segnarono un pari sviluppo di quell’orgoglio e quella coscienza che il proletariato aveva conosciuto in altri periodi. S’inseguivano rivendicazioni salariali, si parlava di grandi riforme, eppure un “diverso modello di sviluppo” rimase una bella idea piuttosto teorica.

Le posizioni assunte dalla direzione del Pci furono altalenanti: si proseguiva la tradizionale linea togliattiana ma la si depurava della sua stessa doppiezza. Ne restava una real-politik subalterna alle forze politiche di governo che incarnavano solo gli interessi del capitale. Interessi che nel periodo in cui il poeta scrive queste riflessioni decidevano di azzerare il nostro passato industriale, investivano altrove e trasformavano l’economia italiana da secondaria produttiva a terziaria dei servizi, servizi spesso inefficienti e infestati di corruzione.

Le cellule delle sezioni comuniste iniziarono a riempirsi di ceti medi, l’operaio scomparve da simboli e manifesti del Partito, essere operaio oltreché sempre più difficile per via della recessione diventava “quasi vergognoso”. Le origini proletarie andavano rimosse e sotterrate. E chi rimaneva a svolgere lavori subalterni era spinto dal consumismo a comportarsi da borghese e pensare edonisticamente solo all’avere. La mutazione della cultura italiana comportava un allontanamento “tanto dal fascismo tradizionale che dal progressismo socialista”.

“L’Italia non è stata mai capace di esprimere una grande Destra. Essa ha potuto esprimere solo quella rozza, ridicola, feroce destra che è il fascismo. In tal senso il neofascismo parlamentare è la fedele continuazione del fascismo tradizionale. Senonché ogni forma di continuità storica si è spezzata. Tale salto ‹qualitativo› riguarda sia i fascisti che gli antifascisti: si tratta di una cultura fatta di analfabetismo (il popolo) e di umanesimo cencioso (i ceti medi) da un’organizzazione culturale arcaica all’organizzazione moderna della ‹cultura di massa›. La cosa è enorme: è un fenomeno di ‹mutazione› antropologica. Soprattutto perché ciò ha mutato i caratteri necessari del Potere, un Potere che non sa più che farsene di Chiesa, Patria, Famiglia e altre ubbìe affini...”

“...Non c’è più differenza apprezzabile fra un fascista e un antifascista. Dunque il fascismo non è più il fascismo tradizionale. Che cos’è, allora ? I giovani dei campi fascisti, i giovani delle SAM che mettono le bombe sui treni, si chiamano fascisti: ma si tratta di una definizione puramente nominalistica... Sono poche migliaia: e se il governo e la polizia l’avessero voluto, essi sarebbero scomparsi totalmente di scena già nel 1969. Il fascismo delle stragi è un fascismo nominale, senza un’ideologia propria, esso è voluto da quel Potere che dopo aver liquidato il fascismo tradizionale e la Chiesa ha deciso di tenere in vita forze da opporre all’eversione comunista”.

Che il Potere, democristiano-massonico-malavitoso, si sia servito del neosquadrismo fascista in funzione antiprogressista è un dato di fatto. Potremo definire Gladio e soprattutto la “strategia della tensione” la marcia su Roma del secondo dopoguerra, anche se la politica italiana più che a Palazzo Chigi e a Piazza del Gesù venne per un lungo tratto decisa alla Casa Bianca e al Pentagono. In tal senso Pasolini intuiva più della stessa sinistra extraparlamentare - che praticò l’antifascismo militante per difendere gli spazi democratici conquistati dalle lotte studentesche del Sessantotto e da quelle operaie dell’autunno caldo - l’essenza di questo nuovo fascismo.

Un regime anche repressivo (che dopo la celere di Scelba creava le squadre con “licenza di uccidere” di Cossiga e sparava a vista protetto dalla legge Reale) ma basato soprattutto sull’obnubilamento delle coscienze attraverso il lustrini del consumismo e la propaganda edonistica affidata a un insuperabile medium imbonitore: la televisione. Un sistema del quale gli stessi partiti della sinistra tradizionale hanno fatto parte. Prima i socialisti con quel centro-sinistra che nella gestione lottizzata d’ogni branca del potere anticipò il consociativismo degli anni Ottanta e Novanta. Poi parzialmente anche l’ultimo Pci divenuto Pds e Ds.

Certo anche i ‘miglioristi’ più sfegatati e i neoliberisti interni ai Democratici di Sinistra non hanno rappresentato quell’associazione a delinquere che fu il Psi orchestrato da Bettino Craxi. Ma al di là dei proclami sull’essere un partito dalle “Mani pulite”, che negli ultimi anni di vita Enrico Berlinguer lanciava sul proscenio nazionale, il Pci si rese responsabile d’un totale vuoto culturale nell’orientamento dei ceti popolari. In più col compromesso storico abortì un progetto inefficace e inattuato di fronte alla recrudescenza eversiva di neofascisti e Servizi Segreti e alla creazione d’un blocco di Potere trasversale (la loggia massonica P2) che, al di là delle sigle dei partiti, rinnovava col contributo della Mafia la struttura d’uno Stato parallelo.