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GANDHI, LA NON VIOLENZA, LE CASTE

Publie le mercoledì 24 agosto 2005 par Open-Publishing
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Dazibao Movimenti Internazionale Religioni Storia Viviana Vivarelli

di Viviana Vivarelli

Ho sentito qualcuno che si crede di sinistra violentare la figura di Gandhi, affermando che grazie a lui l’India ha le caste e usando questa eresia per attaccare la non violenza che da un po’ fa parte del pensiero di Bertinotti.

E spesso sento insultare il metodo della non violenza come inefficace per una lotta politica e i no global che ne sono portatori come degli illusi incapaci.

La cosa mi sta disturbando, per cui sento oggi la necessita’ di riproporre la figura di Gandhi e i suoi valori.

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Gandhi è una figura leggendaria

Il suo lavoro fu gigantesco dal punto di vista politico e etico

Egli liberò l’India dal giogo britannico, ma la sua fama oltrepassa i limiti dell’India per iscriversi nella storia dell’umanità tra i grandi dello spirito ed e’ tutt’ora l’emblema di lotte politiche ed economiche.

Tra i suoi eredi: la lotta di Martin Luther King per la parita’ dei neri e quella di Mandela contro l’apartheid e per la liberazione del Sudafrica, l’italiano Capitini, Zanotelli e tutto il mondo no global. La tecnica del digiuno ha ispirato i radicali, la non violenza Bertinotti.

Gandhi apparteneva a una casta alta, di gran rigore morale e estremismo ascetico, che per la sua rigidità si era ridotta a un milione e mezzo di fedeli. La madre era molto religiosa ed egli si attenne per tutta la vita ai precetti fondamentali del suo credo:
 aimsha = rifiuto della violenza
 satya = fedeltà assoluta alla verità
 asteya = astensione dal furto
 brahmacarya = continenza dai piaceri dei sensi
 aparigraha = repressione dei desideri

Questa setta esaltava la bhakti, la devozione amorosa in cui il fedele dà la sua anima a Dio, e praticava la dottrina giainista della non-violenza. I Jaina credono in un divino immanente, che è nell’anima e rifiutano i Veda e l’autorità sacerdotale. Pensano di raggiungere la liberazione con la retta fede, il retto comportamento e la retta conoscenza, in particolare predicano la non-violenza (AHIMSA), che consiste nel non offendere nessun essere vivente. L’AHIMSA è anche una delle 5 virtù del primo livello del Raja Yoga.

Grazie alla fede e alla lotta di Gandhi, L’AHIMSA divenne, un concetto universale, e fu la bandiera della liberazione dell’India dal dominio coloniale britannico, la prima liberazione di popolo avvenuta grazie alla non violenza. Gandhi applico’ alla storia un concetto paradossale, guidando una grandiosa guerra di resistenza con il concetto della non violenza.

Gandhi amò intensamente la Bhagavad Gita, la imparò a memoria, la seguì in tutta la sua vita. Il campo di battaglia del poema sacro era il cuore dell’uomo, dove ogni giorno il bene e il male si scontrano e dove a ogni momento si deve scegliere tra l’interesse personale e il bene del mondo.

Era giainista e la sua religione gli vietava la lotta violenta, capiva che il giusto può mettersi contro l’ingiusto, purché la sua azione non gli rechi un vantaggio e purché nella lotta non usi violenza.

Gandhi si interesso’ sempre di religione, ma diffidava del Cristianesimo per l’esperienza fatta coi missionari cattolici, per il loro assolutismo e il loro disprezzo per le religioni degli altri. Diceva:
“Non predicate il Dio della storia, ma mostratelo come vive oggi... Non credo alla gente che parla agli altri della propria fede soprattutto con lo scopo di convertirla. La fede non ammette di essere esposta. Deve essere vissuta e allora si diffonde da sé”.

Secondo l’Induismo Dio ha molte incarnazioni salviche, gli avatara, per cui considerava Cristo un avatara, una delle tante incarnazioni di Dio, e non capiva la pretesa cattolica che fosse "l’unica" incarnazione divina. Gli risultava senza senso pensare che solo chi credeva a Gesù potesse salvarsi. Gandhi ammirava Cristo e amava i Vangeli, ma non poteva accettare una chiesa che si poneva in modo assolutistico e prevaricante come unica depositaria della verità.

In India ci sono molte grandi religioni, in genere molto tolleranti l’una verso l’altra, mentre l’Europa è stata schiantata dalle guerre religiose e dall’intolleranza. Gandhi non capiva come il Cristianesimo potesse pretendere di essere la religione superiore. Molte religioni avevano tesori di sapienza e grandi persone pie. Negare i loro valori e’ fanatismo e faziosita’, caratteri che si legano all’errore.

Diceva: “Credo nella fondamentale verità di tutte le religioni del mondo. Credo che tutte sia state date da Dio e siano necessarie al popolo al quale furono rivelate. E credo che, se potessimo leggere i libri sacri delle diverse fedi dal punto di vista dei seguaci, scopriremmo che in fondo sono tutte uguali e si aiutano reciprocamente.“

Concluse che la Chiesa cattolica era un’istituzione sempre più secolare e mondana, che aveva sempre meno a che fare col Vangelo. La vera religione è quella che trascende la lettera confessionale cristallizzata in sistema e si manifesta in un autentico sforzo di ascesi morale.
“Per me Dio è verità e amore, Dio è etica e morale; Dio è coraggio”

Gandhi conosceva il Corano ed era stato anche colpito anche dalla lettura di Tolstoj, che si rifaceva ai principi del Vangelo e affermava la rinuncia alla violenza e l’amore universale.

A 22 anni, divenuto avvocato, Gandhi ritornò in patria, ma, a causa del suo soggiorno all’estero, si trovò espulso dalla casta. Ando’ poi in Sudafrica come legale e prese a cuore la sorte degli emigrati indiani, una massa di disperati analfabeti, angariati dalle autorità, e discriminati da leggi assurde. Per quanto fosse un oscuro e povero avvocatino di 24 anni, l’idea di un compito sociale gli folgorò l’anima. La resistenza era un diritto, la lotta un dovere, così aiutò i suoi compatrioti nella guerra dei passaporti e fondò il National Indian Congress, per difendere i loro interessi. A Johannesburg organizzò la sua prima sathiagraha(forza di verita’): campagna di resistenza non violenta, incitando gli indiani del Sudafrica a disobbedire alle leggi ingiuste. Il governo lo incarcerò con decine di migliaia di Indiani, ma alla fine le leggi razziali furono abrogate.

Cosi’, a soli 25 anni, era diventato il capo politico dei 25.000 indiani del Natal, incarico che duro’ 20 anni.

Tornato in India, assunse una posizione di rilievo nel Partito del Congresso, fino a diventare il leader del Movimento Nazionalista. Riuscì a diffondere il Partito del Congresso anche fra le donne, i commercianti, i contadini poveri e i giovani. Non amava la politica. “Se io mi occupo di politica- diceva- è perché oggi essa ci avvolge come le spire di un serpente di cui non riusciamo a liberarci.. per questo desidero lottare con il serpente”.

Egli visse la politica come un atto religioso. Ognuno porta se stesso in ciò che fa. Per un affarista la politica può essere un mezzo utile a fare affari. Per Socrate fu un atto educativo. Per Gandhi un campo di applicazione morale, diceva: “Per me la politica, spogliata dalla religione, è decisamente una porcheria”.

L’eterogeneo Partito del Congresso era dilaniato da lotte interne, in particolare tra Indu e musulmani, ma riconobbe il suo carisma. I suoi seguaci aumentavano ed erano pronti a perdere il loro benessere e la loro sicurezza per farsi incarcerare per lui.

C’era chi voleva che l’India restasse nel Commonwealth inglese e chi la voleva indipendente. Gandhi proponeva l’indipendenza e un autogoverno che partiva dal villaggio, formava comitati di villaggio, poi unioni di comitati, comitati distrettuali, provinciali, ecc.... una piramide organizzativa che partiva da una democrazia di base, e arriva a eleggere 350 delegati sotto un presidente.

I suoi scopi eranoro giganteschi: al primo punto l’unione tra Indu e musulmani, poi l’abolizione delle caste, e in particolare dei paria,i fuocri casta, infine il conseguimento dell’indipendenza dell’intera India, lottando contro il governo inglese principalmente in due modi: il boicottaggio delle merci inglesi, e la disubbidienza alle leggi ingiuste.

Gandhi viveva in un ashram nella boscaglia che arrivò a ospitare 40 persone, l’ashram del sathyagraha. Chi era ospitato si impegnava a rispettare 7 regole dure: spirito di povertà, lavoro manuale, controllo dei sensi, amore per tutti, accettazione dei paria, coraggio spirituale, fedeltà alla verità.

Tutti nell’ashram lo chiamavano Bapu = padre, e con questo nome lo avrebbe chiamato l’India intera. L’ashram riceveva doni ma un giorno una famiglia di tre intoccabili chiese di essere accolta e lui la accetto’, questo fece cessare gli aiuti economici esterni.

La battaglia per l’abolizione delle caste e l’accoglienza dei paria o fuori casta fu immane e gli mise contro tutta l’India induista. (Poiche’ l’estinzione delle caste fu il primo punto della battaglia di tutta la sua vita e poiche’ fu proprio per questo che egli fu ucciso, continuare a dire che egli al contrario favori’ le caste mi pare proprio una immane bestemmia).

Gandhi aveva uno scopo sovrumano: combattere contro il Commenwelth inglese e liberare dal suo giogo l’intera India. Usando lo stesso metodo non violento che aveva provato in Sudafrica, intendeva portare l’India all’autogoverno (swaraj).

Gli industriali britannici avevano sfruttato in modo indegno i contadini, impoverendoli e distruggendo le povere attività artigianali indiane. Gli Indiani erano stati utilizzati come soldati nella prima guerra mondiale e ora, nel dopoguerra, l’India si aspettava di ricevere nuove istituzioni autonome. L’Inghilterra aveva promesso all’India uno statuto di dominion ma poi si rimangiò la promessa e, con i Rowlatt Acts, prorogò le leggi speciali fatte durante la guerra, che prevedevano processi senza appello, arresto immediato per semplici sospetti, sanzioni durissime.. insomma tratto’ l’India come fosse un paese ribelle, distruggendo gli elementari diritti dell’uomo.

Nella primavera del ‘19 (aveva 50 anni) Gandhi lanciò la sua prima campagna di disobbedienza contro le leggi speciali e indisse una giornata di sospensione generale da tutte le attività con digiuno e preghiera. Concepì la sua prima mossa politica come una battaglia sacra e lanciò il suo appello al paese. L’India rispose. Ma, durante una manifestazione pacifica, si ebbero scontri con la polizia, con morti e feriti.

Il punto massimo delle stragi fu il tragico massacro di Amristar, quando 20.000 persone si erano riunite in un grande spiazzo chiuso, bloccato attorno da un muro. Le truppe inglesi con 50 fucilieri senza preavviso si misero a sparare in modo sistematico sulla folla inerme intrappolata nella grande spianata cinta di mura, in dieci minuti spararono 1600 proiettili. Quando i caricatori furono esauriti, 379 morti e 700 feriti giacevano sul campo, e l’ufficiale ne avrebbe fatti uccidere anche di più se fosse riuscito a far entrare due carrarmati dalla porta. Dyer affermò che voleva dare una lezione agli Indiani e che era disposto a ucciderli tutti, senza curarsi dei feriti. Il mondo inorridi’, Dyer fu rimosso dall’incarico ma tutto il mondo parlò della strage e anche i più restii si convinsero a seguire le idee di Gandhi.

Intanto l’Inghilterra colpiva duro per stroncare la reazione popolare, proclamava la legge marziale, bombardava i villaggi, moltiplicava gli arresti, i tribunali speciali funzionavano a ritmo serrato.

Gandhi capì che una rivoluzione pacifica aveva bisogno di tempo e che il popolo doveva essere educato e sospese la campagna dimostrativa per un anno. L’anno seguente entrarono nel movimento anche i musulmani.

Il Movimento Nazionalista indiano era finalmente coeso contro gli Inglesi, i martiri di Amristar avevano sconvolto tutti, ora tutti volevano uno stato indiano libero e sovrano. La figura carismatica del movimento fu Gandhi che era riuscito a galvanizzare 300 milioni di Indiani. Egli era convinto che l’indipendenza politica avrebbe avuto effetti limitati se non fosse stata accompagnata da un programma di profonda ristrutturazione della società indiana, occorreva far rinascere la cultura, le idee, l’anima del popolo.
“Devo confessare che l’azione di riforma sociale, l’autopurificazione, mi sta cento volte più a cuore della cosiddetta attività politica”.

Quello che gli importava di più era la libertà interiore dell’uomo, la sua liberazione dall’odio, dalla paura, dall’avidita’, da tutte le passioni che riducono in servitù l’anima e portano a sanguinose esplosioni di violenza.

Gandhi capiva che il mondo contemporaneo è a un bivio: o l’amore o la distruzione. Era possibile educare l’umanità, ma un suo rinnovamento poteva partire solo dall’interiorità.

La salvezza si basava su poche verità, ma esse erano ‘antiche come le montagne’. “La storia del passato è stata quella delle guerre, la storia futura sarà quella dell’uomo”.

Il 1921 fu un grande anno per la lotta per l’indipendenza dell’India, come per l’Italia lo fu il 1848. 300 milioni di indiani erano tenuti in servitù da 70.000 agenti dell’Impero,erano stati schiavi ma con Gandhi riscoprivano la loro dignità, i loro diritti, la volontà di lottare sfidando le armi e il carcere, e vivevano la nuova arma, la non collaborazione, con eccitazione ed orgoglio.

Gandhi predicava la ’non collaborazione’ come forza attiva per la giustizia. La considerava la migliore unione di Buddha con Cristo, la forza con la dolcezza, la mistica dell’azione. Girava di città in città, piccolo e misero, con un lenzuolo attorno al corpo magro e una bisaccia, parlava alla gente, infiammava, educava. Le folle erano sempre più grandi. I volontari aumentavano e stramettevano la sua parola. Gandhi raccomandava continuamente l’ordine, la disciplina, l’attenzione ai particolari, tutto doveva essere fatto bene.

Gli Indiani cominciarono a bruciare in grandi falò le stoffe inglesi. Si boicottavano le scuole, i tribunali, i consigli di amministrazione, le cerimonie ufficiali. Una marea crescente di protesta flagellava le istituzioni e il bilancio, i due pilastri del potere britannico. Alla fine Gandhi incito’ ad abbandonare il servizio militare e a non pagare le tasse.

Eppure anche la seconda campagna di disobbedienza e di boicottaggio non fini’ bene, l’ordine era di non comprare tessuti inglesi, di fare da sé gli abiti (il khadi divenne una divisa nazionale) e di bruciare le stoffe straniere che erano nelle case. Ma ci furono di nuovo sommosse violente, decine di morti, centinaia di feriti, 30.000 persone arrestate, perquisizioni, processi. Gandhi si assunse la responsabilità dell’accaduto e di nuovo riuscì a sospendere le manifestazioni. Ma fu arrestato e condannato a sei anni di carcere. Quando fu liberato, due anni dopo, dopo che tutto il paese e anche parte del mondo avevano chiesto la sua scarcerazione, l’India lo acclamava come il Mahatma= la grande anima.

Gandhi affermò sempre che il suo impegno era morale e civile e non politico. Aveva scritto “Nessun compromesso con l’impero, finché il leone britannico agiterà dinanzi ai nostro occhi i suoi artigli insanguinati... L’impero inglese, sorto sullo sfruttamento sistematico delle razze più deboli della terra e su uno spiegamento di forza bruta, non può durare, se esiste un dio giusto che regge l’universo. E’ ora che il popolo britannico si convinca che la lotta iniziata nel 1920 è destinata ad andare fino in fondo, debba essa durare un mese o degli anni”

“L’India è stata ridotta al punto da essere a malapena in grado di resistere alle carestie,eppure, prima dell’arrivo degli inglesi, essa filava e tesseva.. così da avere un supplemento per le sue magre risorse agricole. Questa industria domestica è stata rovesciata da procedimenti inumani e crudeli.. il governo britannico si propone solo lo sfruttamento delle masse.. nessun sofisma può distruggere la prova tangibile degli scheletri umani che si vedono in tanti villaggi... gli inglesi dovranno rispondere di questo crimine contro l’umanità che non ha l’uguale nella storia...”

La grande fame dell’India lo tormentava, non si poteva parlare di Dio o di non violenza a gente così abbrutita dalla miseria. “La sola forma accettabile nella quale Dio può osare presentarsi a un popolo affamato è il lavoro e la promessa di cibo come salario”.

Come fu scarcerato, si acutizzarono le lotte tra indù e musulmani, allora Gandhi intraprese uno dei suoi digiuni terribili, 21 giorni, che lo portò vicino alla morte “Prima di aspirare alla libertà, indù e musulmani devono amarsi tra loro, tollerare l’uno la religione dell’altro, e avere fiducia reciproca”.

La lotta intestina finì, ma questo odio tra le due etnie doveva essere uno dei suoi fallimenti.
Gandhi era convinto che non si raggiunge nessuna liberazione politica se non si persegue una liberazione morale, occorreva una trasformazione radicale del modo di pensare, occorreva sviluppare l’amore.

Ma non c’era solo l’odio contro gli Inglesi, l’India era divisa in guerre fratricide per l’odio atavico tra le etnie. E all’interno dell’Induismo un’altra divisione, antichissima, terribile, quella delle caste.
Gandhi voleva eliminare la gerarchia di valore tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, voleva che un contadino non fosse considerato inferiore a un intellettuale di città, voleva distruggere l’uso di far sposare dei bambini, voleva soprattutto eliminare le caste, cosa che suonava come una bestemmia religiosa, e sopra ogni cosa combatteva per l’isolamento dei paria, gli intoccabili.

Negli anni successivi lasciò la guida del partito a Nehru e girò in treno e a piedi per conoscere il suo sterminato continente, portando di villaggio in villaggio il suo messaggio di amore e non violenza. Si parlava di lui come di un grande santo, viveva in modo ascetico come un predicatore, praticava il digiuno e la meditazione, rifiutava possessi materiali e vestiva come un paria. Con lui l’Induismo fu radicalmente trasformato.

Il suo lavoro era sterminato e lo affrontava con un fisico gracile e una cattiva salute. Era sempre più debole e stanco, soffriva di vertigini, aveva dei collassi.
Veniva chiamato l’apostolo della non violenza. In base all’ahimsa, l’uomo poteva rifiutare una legge ingiusta e poteva disubbidirla, accettando serenamente le pene relative. Doveva far cambiare l’avversario con un atteggiamento mite. Il suo messaggio fu totalmente paradossale rispetto al suo tempo e al suo paese. Ed egli realizzava nei fatti ciò che predicava. Anche Cristo ha predicato l’amore ma la Chiesa cristiana ha poi esercitato l’odio e la prevaricazione, separando gli uomini piu’ che unirli. Ma Gandhi diceva: “La non violenza dei forti è la forza più potente del mondo”.
”La violenza non conduce né alla pace né alla felicità. Il culto della violenza non ha reso felici né migliori né le nazioni, né coloro con cui esse sono venute a contatto”.

La sua convinzione era così assoluta e la sua condotta così pura che le sue parole divennero vento e il vento tempesta, una tempesta che sollevò tutta l’India, riuscendo a operare un miracolo, una disubbidienza pacifica diffusa tra milioni di Indiani che li portò ad accettare le randellate degli Inglesi senza muovere un muscolo, a subire carcere e violenze, a non ribellarsi alle stragi e alle angherie, a perseverare in una lotta che sembrava impossibile.

Fu un’epopea lunga e difficile, e più e più volte Gandhi sembrò sconfitto, piu’ volte fu processato e incarcerato, vide i suoi seguaci cedere e tornare alla violenza, ma sempre disse: “Io sono sconfitto, ma non l’idea che porto”.

La non violenza era una verità difficile e, per farla trionfare, bisognava avere il coraggio di viverla fino in fondo a prezzo della vita, perché “Ogni verità astratta è priva di valore se non si incarna in uomini che la rappresentano dimostrando di essere pronti a morire per essa”.

La lotta, il carcere, le malattie, i digiuni, i continui spostamenti lo stremarono lentamente, corrodendo il suo fisico già gracile, ma non desistette. C’era in questo piccolo uomo una fiamma perenne che nessuna sconfitta riusciva a piegare. Era lo strumento di una lotta più grande di lui.

Nel ‘30 (a 61 anni) Gandhi guidò la marcia del sale. Gli Inglesi avevano il monopolio del sale su cui mettevano una tassa particolarmente odiosa. Gandhi decise che gli Indiani si sarebebro presi da soli il proprio sale. Prese dunque a marciare verso il mare seguito da migliaia di Indiani, per centinaia di km, fino alla riva del mare, per raccogliere qualche manciata di sale senza pagare le esose leggi del monopolio. Fu messo di nuovo in carcere per un anno, e cominciò lo sciopero della fame. Fu liberato quando tutti i partiti indiani parteciparono a Londra alla formazione della nuova Costituzione, ma le separazioni interne portarono l’assemblea al disastro..

L’India era divisa in caste, distinte in modo feroce, con costrizioni e divieti minuziosi che paralizzavano la vita e la libertà. Al di sotto di tutte le caste c’erano i paria, i fuori casta, costretti a vivere in condizioni terribili. Il riscatto degli intoccabili era il primo punto del ‘programma costruttivo’ di Gandhi.
Il paria non era nessuno, non aveva rilevanza sociale, era considerato peggio di un animale. I parìa erano costretti a occuparsi di attività considerate impure: cremazione dei morti, pulizia degli escrementi, delle latrine e delle fogne, trattamento del bestiame morto, concia della pelle... Le caste più elevate non tolleravano il contatto dei paria e anche la loro vista era considerata contaminante. La catalogazione degli intoccabili era molto complessa, essi erano divisi in sottoclassi, con nomi e ruoli, una fittissima rete di regole con molti gradi di impurità spirituale. Si tenga conto che gli intoccabili costituivano ben il 14% della popolazione, cioè più di cento milioni di persone. Nelle regioni indiane più integraliste dovevano portare campanelli ai piedi come i lebbrosi. Nelle città vivevano in catapecchie periferiche con i tetti più bassi della persona, simili a covili. Non potevano nemmeno leggere i testi sacri. Se un parìa trasgrediva le regole, gli mettevano del piombo fuso nelle orecchie.

Dopo 4000 anni che l’India praticava questa terribile condizione sociale, Gandhi si scagliò su quella che chiamava "la più grande vergogna dell’Induismo". La sua lotta per la reintegrazione dei Paria fu durissima, e alla fine, teoricamente, essi vennero reintegrati, almeno sulla carta, nel 1950 dall’art. 17 della Costituzione indiana, come il Mahatma voleva, ma nei fatti, specie nelle campagne presso i gruppi piu’ integralisti, le cose andarono diversamente.
Gandhi lottò strenuamente per la loro riabilitazione, ritenendo che essi fossero creature di Dio come tutti. Il suo fu uno sforzo immane contro un costume radicato nei millenni.

Quando, dopo la grande marcia del sale, tutte le forze politiche indiane si riunirono a Londra per elaborare la nuova Costituzione, ogni trattativa si arenò di fronte al problema insormontabile di dare ai parìa gli stessi diritti degli altri. Allora Gandhi annunciò che avrebbe smesso di mangiare finché fosse morto. Si scatenò un’onda emotiva senza precedenti. L’India intera si fermò.

Il digiuno di un uomo così venerato produsse miracoli: si aprirono i tempi agli intoccabili, si dettero pranzi con loro, barriere antichissime caddero, per milioni di reietti brillò la speranza di un mondo nuovo. Finalmente i politici indiani concessero ai paria 148 seggi in Parlamento. Dopo 4000 anni di esilio umano, i paria entravano di diritto nella vita politica dell’India, erano di nuovo persone.
La nuova India nasceva da un violento sforzo della sua interiorità, lo sforzo voluto da un uomo solo.

Nel ‘50 i principi di uguaglianza, che Gandhi aveva difeso, trionfarono e le caste furono abolite e fu abolita condizione di Parìa.
Il grande movimento morale e sociale che egli aveva promosso aveva svegliato le coscienze e suscitato la pietà.

Prima era venuta la lotta per la liberazione morale, poi la lotta per la liberazione politica. Il processo fu estenuante.

Nel 39 l’Inghilterra avvertì l’India che doveva combattere nella seconda guerra mondiale, Churchill prometteva la concessione dello stato di dominion a guerra finita. Ma la risposta fu: “QUIT INDIA” “Lasciate l’India”. Gandhi disse che ogni Indiano doveva appuntarsi sul petto un pezzetto di stoffa con su scritto “Agire o morire!” O vedremo l’India libera o moriremo. L’India esplose come una polveriera. Le stragi furono enormi, scioperi, violenze. Città intere proclamavano la loro indipendenza. Il governo inglese non si era mai trovato davanti una insurrezione simile. La rivolta d’agosto durò 20 giorni. Tutto il mondo ne parlo’. Il sessantacinquenne Gandhi iniziò un altro sciopero della fame che durò venti giorni e lo portò alle soglie della morte.

Aveva fatto 2.338 giorni di carcere. La moglie era morta, aveva avuto la malaria e un’infezione amebica. L’India era squassata da una carestia. La fame continuava a infierire.

In Inghilterra Churchill se ne andava, salivano al potere i laburisti, nemici da sempre del vecchio imperialismo.

In India l’odio tra indù e musulmani porto’ alla guerra civile, il 16 agosto del ‘46 indù e musulmani si scagliarono gli uni contro gli altri con efferate violenze, in un’orgia di sangue, di stupri, di incendi che travolse il paese, con migliaia di morti.
Gandhi aveva 77 anni, furono i giorni più terribili della sua vita, un insensato massacro, ed egli imputo’ a se stesso perche’ non era riuscito a fermarli.

Il 2° febbraio del ’47 la Gran Bretagna annunziò la sua intenzione di ritirarsi dall’India.
L’India poteva darsi una Costituzione.

L’India era libera dal dominio inglese. Un miracolo a cui nessuno avrebbe creduto, un miracolo dovuto a un solo uomo, alla sua ferrea costanza, alla sua ferma determinazione, alla luce del suo spirito, al suo coraggio e alla sua purezza.
Restavano grossi problemi irrisolti, in primo luogo l’odio tra Indù e Musulmani, che nessuno, nemmeno Gandhi, era riuscito a placare.

La nuova India nacque con una lacerazione dolorosissima: il Pakistan musulmano si staccava costituendo uno stato a sé, abitato solo da Musulmani e cominciava un esodo spaventoso di Indù cacciati dalle loro case in Pakistan e di Musulmani cacciati dalle loro case in India.

E’ impossibile raccontare le vendette, gli stupri, gli incendi, le stragi ...che questa divisione comportò. Gandhi lottò fino all’ultimo per evitare questo orrore, ma i Musulmani furono senza appello.

A Nuova Delhi il 14 agosto 47 una folla in delirio applaudiva l’indipendenza, ma parte dell’India era separata, con milioni di indù da parte musulmana e milioni di musulmani da parte indù, una scia lunghissima di profughi, 15 milioni di disperati, che lasciavano il loro paese e il poco che avevano, pieni di odio e di vendetta. Gandhi non prese parte a nessuna felicitazione. Il suo cuore era in lutto. Egli era accorso ovunque scoppiassero tumulti e orrori, ma un uomo solo non può tenere a freno la furia popolare. Si uccideva dappertutto, anche nei templi e nelle moschee.

Gandhi pensava che il mondo fosse dominato da intolleranza e fanatismo, razzismo e violenza, per cui solo il ritorno a una vita più semplice, l’amore fra gli uomini, la fratellanza e la sincerità potevano salvarlo. La liberazione umana consisteva nel considerare l’uomo non più un mezzo ma un fine. Egli riusci’, sulla carta, a eliminare legalmente il sistema delle caste, riuscì a liberare politicamente il suo paese, riuscì a farsi seguire da milioni di uomini ma non poteva convincere totalmente un paese così immenso.

Egli fu una personalità estrema, che mescolava politica, religione, ascetismo, filosofia. Aveva un pensiero molto semplice:
tutto l’universo è regolato da una intelligenza suprema, la Verità. Essa si incarna in tutti gli esseri viventi, specie negli uomini, dove assume la forma dell’autocoscienza. Tutti gli uomini partecipano di questa Verita’ e per questo formano una unità, gli uomini sono identici nella luce della Verita’, per questo tra loro ci dovrebbe essere amore. Amore vuol dire occuparsi degli altri e prendersene cura, ma anche opporsi al male senza fare danno, cioè attraverso una partecipazione sociale non violenta. L’amore può e deve essere applicato a tutti i settori della vita, anche e soprattutto la politica.

Lo stato è “la rappresentazione di una forma concentrata di violenza, tuttavia esso è necessario finché gli uomini non saranno evoluti e responsabili.” In uno stato le decisioni sono prese dalla maggioranza ma uno stato è giusto se promuove lo sviluppo di tutti i cittadini; se la legge è ingiusta ci si deve opporre, dunque e’ necessaria la disubbidienza civile, ma questo non vuol dire trasgredire la legge, bensì opporsi a viso aperto, denunciandola come ingiusta e affrontando le punizioni relative alla disubbidienza.

Gandhi pensava che la proprietà privata fosse immorale, e che fosse peccato che alcuni fossero ricchissimi e che altri non riuscissero nemmeno a sopravvivere. Se qualcuno è eccessivamente ricco, quello sara’ un corrotto.

Voleva introdurre nella politica una dimensione etica, pensava che il mondo non puo’ essere dominato dalla violenza, dal fanatismo ideologico e confessionale e dal razzismo.

I suoi valori erano l’autenticita’, la sincerità e trasparenza, l’amore per il prossimo, il rispetto dell’uomo come valore, il ritorno a una vita sobria.

Diffidava per l’India del progresso tecnologico, amava una vita semplice, minimale,, pensava all’economia del villaggio, di cui era simbolo il filatoio a mano, e diceva che ogni famiglia doveva filare e cucire da sé i suoi vestiti. Temeva una società tecnologica e scientifica dove si cercano mezzi sempre più perfezionati per dominare la natura e mercificare gli uomini, pensava che essa avrebbe trasformato l’uomo da fine in mezzo violando la sua libertà e i suoi diritti.

Il 29 gennaio del 1948 Gandhi usci’ di casa per un incontro di preghiera. Era estenuato dal digiuno. Si fece portare allo spiazzo della preghiera su una lettiga. Aveva sempre rifiutato la protezione della polizia, pru parlando spesso della possibilità di una morte violenta. 500 persone lo aspettavano. Un giovane fanatico indù gli si parò davanti e sparò due volte .
“He, Rama!” disse Gandhi. L’altro sparò di nuovo. Gandhi si afflosciò sul terreno intriso di pioggia.

Così fu ucciso. Fu ucciso per le sue idee, perché chi viene a portare la pace è il più pericoloso degli uomini. Fu ucciso perché gli uomini vivono nel buio e odiano chi porta la luce.
.......

Einstein disse: “Credo che le idee di Gandhi siano state, tra quelle di tutti gli uomini politici di tutti i tempi, le più illuminate. Noi dovremmo sforzarci di agire secondo il suo insegnamento, rifiutando la violenza e lo scontro per promuovere le nostra causa, e non partecipando a ciò che la nostra coscienza ritiene ingiusto”.
.....

Il seguito della storia dell’India non fu felice.

Nehru divenne primo ministro. Sua figlia si fece chiamare Indira Gandhi per onore al maestro ma non fu degna di questo nome. Nel 66 Indira divenne primo ministro, ma nel 75 perse il potere, fece pesanti brogli elettorali per conservarlo e fece arrestare numerosi oppositori politici, nell’80 fu rieletta ma nell’84 venne uccisa da estremisti sikh. Allora fu fatto primo ministro suo figlio, Rajiv Gandhi, che era stato il principale consigliere della madre, egli lottò contro la corruzione, si impegnò in un programma di sviluppo industriale e di riforme interne per il controllo delle nascite, il sistema scolastico e le tensioni etniche. Fu però accusato di corruzione e infine anche lui restò vittima di un attentato nel 91.

Il sistema delle caste e’ vietato dalla Costituzione indiana ma continua a essere seguito da tradizionalisti.

Messaggi

  • Non le sembra che affermare che i no global sono i portatori del metodo della non violenzasia un tantino fantasioso?

    • non le sembra che equiparare i no global agli sfasciatori di vetrine sia un tantino da rimbambiti?
      viviana

    • Io sarò anche rimbambito (a proposito non doveva cestinare le risposte ingiuriose?), ma non credo che il vostro Idolo, Carlo Giuliani, stesse mangiando un gelato a Piazza Alimonda.

    • Ma si’, ti chiedo scusa, la reazione mi ha travolta e sono stata maleducata.
      Vediamo il significato di rimbambito, viene dalla parola bambino, che non e’ nessariamente insultante, e’ uno che abbocca, che crede che gli asini volano, che si fa raccontare di tutto senza capacita’ critiche usando la testa in modo infantile, un ingenuo, bocca aperta, che non ha capacita’ realistiche per credulita’ o logica o realismo, viene da bambo=sciocco, che non vuol dire necessariamente cattivo. A Milano ti direbbero: "Ue’, bamba, te fe’ la figura del
      pirla, ecco cusa te se’".
      Ci sarebbe di peggio a dire. Guarda che a chiamarti bambino ti faccio anche onore. Pero’, se continui a scrivere cavolate finiro col pensare di peggio.
      Dunque io sarei ingiuriosa perche’ ti dico, con una parola poco educata (e me ne scuso), che non sai pensare da uomo ma dici cose da bambino, tu invece saresti educato quando te ne vieni a bellaciao a dire che la violenza fa parte dei no global e che violento era Carlo Giuliani!
      Io non ti permetto proprio di dire queste cose.
      Tu senti la violenza che io faccio a te, ma non ti rendi nemmeno conto dell’insulto che tu fai alla verita’.
      Posso anche pensare che la tua formazione ideologica te la sia fatta in poltrona, guardando Porta a Porta di Vespa e Punto a capo di Masotti.
      Non sono io l’ingiuriosa, mi spiace. E non sono i no gobal i violenti.
      Violento e’ il sistema che ha inquadrato la tua mente nel pregiudizio che ha mandato la polizia a Genova col diritto di pestare e magari uccidere, violento e’ il tuo modo di pensare per cui non critichi chi ha massacrato e ucciso e torturato, o il governo che ha derubato i poveri per arricchire i ricchi, che ha distrutto la costituzione e la democrazia, che ha mandato 3000 italiani in una guerra di aggressione a distruggere un popolo che non gli aveva fatto niente, che tiene nella stessa cella otto persone senza processo e per futili motivi ma da’ liberta’ e onori a chi truffa e ruba miliardi o partecipa a assassini e stragi, che copre sette segrete gravide di sangue, che aiuta la mafia, e che addirittura legalizza la tortura della polizia, o massacra il diritto con leggi ad personam... no violenti sono i no global e violento e’ Carlo Giuliani. Violenti non sono i cari alleati che uccidono ogni giorno civili inermi ma violenti sono i no global, magari violente sono le due Simone o chi si batte contro i sistemi schiavisti della Coca Cola o gli squadroni della morte dell’Honduras o mantiene in vita lager come Guantanamo o Abu Graib.No, violenti sono i pacifisti, i no global che predicano la pace e un mondo piu’ giusto, perche’ e’ troppo comodo identificarli con un centinaio di delinquentelli aiutati dalla polizia e con poliziotti vestiti come loro e tra loro, che hanno spaccate delle vetrine. O violento e’ Carlo Giuliani che era uscito di casa col costume da bagno sotto i jeans per andare al mare e si e’ trovato nel caos di una piazza e gli hanno buttato addosso un idrante e l’ha restituito ed e’ stato ammazzato da un poliziotto in piena paranoia!
      Ma ti senti quando parli?
      Io non credo tu sia un semplice bamba, credo peggio e a credere peggio ci si indovina quasi sempre.
      Ma immaginiamo per un istante che tu non volessi essere provocatorio (bada bene che non lo penso) ma fossi solo disinformato. Il principio fondamentale dei no global e’ il pacifismo. Se non hai capito questo vuol dire che non sai niente. Che un no global non l’hai mai conosciuto, che in una riunione no global non ci sei mai stato, che un libro no global non l’hai mai letto. Va meglio se dico disinformato? O preferisci che dica ’omologato’?
      Del resto coloro che formano i loro pregiudizi attraverso la televisione di stato o giornali come La Padania, il Giornale, il Foglio, o gli scritti della Fallaci ecc., difficilmente potranno capire qualcosa della realta’. Questi giornali li rimbambiscono con un martellamento tenace nell’errore, mi spiace di aver usato questa parola ma la uso con compassione. Ma piu’ ancora mi dispiace che tu viva ancora col salame berlusconiano sugli occhi. Perche’ non sono io che ti offendo ma e’ questo sistema che ha svilito le capacita’ di capire della tua mente che tis ta offendendo.
      Il mondo no global e’ immenso e copre tutto il mondo e i problemi di tutto il mondo. Tu non sai nemmeno di cosa parli.
      Una percentuale di devianti in un ambito cosi’ grande e’ fisiologica, ci puo’ essere anche Casarini che fa casino e dipinge di rosso i carrarmati, a me il suo stile non piace, ma la vera violenza non la vedo nella sua vernice ma nei carriarmati. Ricordati la frase del Vangelo di chi vede il fuscello nell’occhio del vicino ma ignora la trave che sta sul suo.
      E non ti permetto di offendere un ragazzo buono come Carlo!
      Mi sembra che tu cammini sulle stampelle del potere e parli come la marionetta che il potere vuole che tu sia. Sei come Pinocchio prima che diventasse una persona vera.
      Per questo ti mando una bella poesia di Bertolt Brecht . Credi che anche lui fosse un violento?
      Io credo invece che sia stato un liberatore e che abbia parlato contro la violenza, che comprende anche la coercizione della mente, l’asservimento del pensare, del sapere, perche’ l’uomo che non sa e che non pensa e parla per rpegiudizi che altri hanno infilato nella sua testa, e’ funzionale al potere, ma il potere che offusca la liberta’ della sua mente non e’ funzionale a lui e fa violenza alla verita’.

      La poesia delle grucce

      Per sette anni non potei muovere un passo.
      Quando mi visitò il gran medico
      mi chiese: "Perchè porti le grucce?’,
      Io gli risposi: "Perchè sono paralitico’,
      "Non e strano - mi disse -. Prova a camminare.
      Sono questi oggetti
      che ti impediscono di andare.
      Vai, arrischiati, trascinati a quattro zampe"
      Ridendo come un pazzo
      mi tolse le mie belle grucce,
      le ruppe sulle mie spalle
      e senza smettere di ridere
      le scagliò nel fuoco.
      Adesso sono guarito. Vado.
      Mi guarì una risata.
      Solamente, a volte, quando vedo stampelle,
      cammino ancora peggio per alcune ore.

      B. Brecht

      Pensa. Era la poesia preferita di Carlo.
      Ho letto le tue sciocche frasi e mi sono sentita zoppa, non perche’ non sappia camminare, ma per l’empatia dolorosa che ho provato per te
      viviana