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> Francia ferma per lo sciopero generale. Parola d’ordine: no al precariato

5 ottobre 2005, 18:36

L’ombra di un nuovo ’68 si intravede, nonostante il buio del precariato attuale.
Hanno creato una nuova non-classe sociale, paragonabile a quella dei minatori inglesi della metà dell’800.

Sudditanza psicologica verso l’occasionale datore di lavoro.
Esposizione al ricatto, esplicito o velato.
Assenza totale di prospettiva lavorativa, di avanzamento di carriera, di valorizzazione professionale.
Esclusione pressoché totale dai circuiti del credito.
Sensazione insopportabile di inadeguatezza/insufficenza sociale.
Riluttanza a procreare, per l’impossibilità di assicurare alla prole una esistenza dignitosa almeno per i primi 18 anni.

Sono solo le cime più alte degli alberi che compongono una sterminata foresta di problemi sociali, che impattano tutta la comunità generando un sottobosco di guasti morali alla collettività, e di problemi psicologici, che impattano l’autostima e quindi l’equilibrio psichico del singolo.


"Bene": fotografata frettolosamente e sommariamente la malattia, quale la cura?
Senz’altro politica, non può essere altrimenti.
E non può certo venire dall’attuale maggioranza, che con il tattico diversivo del tentativo di abolizione dell’articolo 18, ne ha ottenuto "solo" una erosione debilitante (il vero obiettivo finale) facendola sembrare una concessione magnanima.
Quindi? La nuova ventata arriverà dalla prossima maggioranza, se diversa dalla attuale?
Si, forse: se sapremo fornire noi popolo dei precari da sempre poveri, insieme al popolo dei non-precari impoveriti segnali forti, inequivocabili, ineludibili.

Se il centrosinistra vincerà le prossime elezioni quasi nessuno scenderà in piazza in maniera compatta, decisa, intransigente, come succedeva nel ’68 e come forse sta per risuccedere in Francia: sembrerà di star tradendo dei compagni, sembrerà di andar contro un governo fratello.
Il momento valido è uno qualsiasi da oggi fino a poco prima delle elezioni del 2006, perché una massiccia partecipazione, magari ripetuta più volte a distanza di alcune settimane, di questi due popoli (uno precario, l’altro no, ma entrambi poveri e strettamente imparentati) italiani lancerà un messaggio bivalente: oltre ad essere una ulteriore condanna della politica del lavoro di questo governo, sarà un monito importante, una richiesta forte, un punto fermo dal quale partire per il prossimo governo, quale esso sia.

Il sistema Italia potrà invertire la tendenza e passare dalla malattia ad una sofferta ma promettente convalescenza (fino ad arrivare, lo speriamo tutti, ad una spensierata guarigione) solo se i suoi ingranaggi più deboli, i singoli lavoratori, saranno tutelati quel minimo da permetter loro di tirare su famiglia (consumando e quindi spendendo) e procreare: la capacità di sognare (progettare) il futuro del più debole degli ingranaggi è la condizione necessaria e forse sufficente perché tutto il meccanismo funzioni.

Saluti

Leo
vivereleggero@hotmail.com