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> La privatizzazione dell’acqua

18 novembre 2005, 18:52

Cara Viviana,
scusami se ti ho dato modo di pensare che la mia risposta sia stata una non risposta. Le perplessità però le hai avanzate tu, io ho voluto darti solo degli elementi in più affinché la tua posizione scaturisca da adeguata informazione. Non ho la presunzione di insegnare niente a nessuno (è troppo prendermi a riferimento Einstain…), anzi, è probabile che trovi la mia spiegazione faziosa e di parte, per questo ho lasciato a te l’approfondimento. Ma non voglio alimentare polemiche. Volevo solo sottolinearti che i pregiudizi iniziali inficiano qualsiasi tipo di dibattito, facendolo diventare solo scontro, senza incontro. Da esperienze passate, le discussioni con opposti gruppi fortemente radicali non mi hanno mai portato arricchimento. Ma raccolgo il tuo sollecito e mi contribuisco con un mio altropersonale commento.
Mi scuso con Titti per aver preso tempo nel rispondere, i motivi non sono legati alla mia premessa ma banalmente al lavoro. Giustappunto sono impiegato tecnico in una società (che voi definireste privata) di gestione del servizio idrico integrato questo succede in Campania, per l’ATO n. 3… forse fortunato per non essere stato aggredito dalle stesse polemiche dell’ATO n. 2 quando ha dovuto affidare il servizio (in Campania ai sensi della legge regionale n. 14 del 21 maggio 1997 gli ato sono 4). La mia è una straordinaria realtà lavorativa al mezzogiorno. E lo posso dimostrare in ogni momento con numeri alla mano. Realtà che ha permesso a me, giovane ingegnere senza santi in paradiso, di non andare al nord per mendicare lavoro, ma di contribuire con la mia professionalità allo sviluppo economico territoriale del mezzogiorno. La mia società (una spa) è diventa operativa nel 2002 e da quell’anno abbiamo fatto parecchia strada. Il nostro obiettivo principale, in ottemperanza alla L. 36/94 e di dare acqua potabile a tutti senza interruzioni di servizio, attraverso un servizio efficace, efficiente ed economico. Quindi un servizio industriale che naturalmente ha dei costi: per il personale addetto agli interventi, per gli investimenti di ammodernamento da effettuare, per la gestione ordinaria e straordinaria che nasce dall’avere a che fare con un sistema fisico costituito da condotte, pompe, serbatoi, pozzi, sorgenti.
Però la legge ci impone di pensare anche a quello che succede dopo che la gente ha usato l’acqua sporcandola. E mi riallaccio all’integrazione dei 3 servizi previsti dalla legge Galli.
Nessuno si è mai preoccupato di costruire dei sistemi che intercettino l’acqua sporca agli scarichi delle abitazioni, degli uffici, degli esercizi commerciali, ecc. ecc., (avrebbero dovuto farlo i comuni) la situazione è che, nella maggior parte dei casi, c’è bisogno di un sistema di fognatura.(Nel nostro territorio gran parte dei comuni non ha fognature, non si depura la maggior parte delle acque…..Vedi il Fiume Sarno e il mare che bagna i nostri comuni della provincia di Napoli).
Bene, mettiamo che abbiamo fogne complete e siamo in grado di raccogliere l’acqua sporca, …. che si fa? Non si può magicamente farla sparire. In natura nulla si crea e nulla si distrugge, quindi per l’equazione di continuità possiamo solo trasformarla. La cosa più semplice è depurarla e restituirla all’ambiente senza creare danno, affinché si perpetui il ciclo naturale dell’acqua (D. Lgs. 152/99). Questo lo si fa attraverso impianti dal funzionamento continuo e delicato come i depuratori. Chi fa e gestisce il depuratore? Prima della legge Galli l’onere era a carico dei comuni o consorzi di comuni (…..!?). Naturalmente non dico fesserie quando affermo che il collettamento delle acque reflue ha solo costi e nessun reddito. Quindi pochi interessi se non la tutela igienica e ambientale. Interessa ai privati? No di certo, è compito del pubblico! Gli enti locali hanno le capacità e la forza di accollarsi oneri sociali e ambientali?? Dalla mai esperienza posso dire con forza NO! Possiamo far finta di niente? NO.
La legge Galli procede così, enuncia dei principi fondanti (art. 1 e seguenti):

1) Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché‚ non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà.
2) Qualsiasi uso delle acque è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale.
3) Gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse per non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell’ambiente, l’agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici.
Per l’uso, si da priorità all’uso umano, perché tutti dimenticano che l’acqua viene utilizzata in tutti i settori economici, soprattutto in quantità abnormi in agricoltura, dell’acqua totale utilizzata in un anno solo il 10% rappresenta gli usi civili.
Bravo Galli, tutto condivisibile! Naturalmente la legge, da buona legge, dice pure come fare per raggiungere questi obiettivi.
Allora ci si guarda intorno e si analizza la realtà (metà anni ‘90), disparità di qualità del servizio tra nord e sud d’Italia (fino qui niente di nuovo). Il problema è nella penuria d’acqua? No, dal bilancio idrico (che è un calcolo numerico senza artifici) si evince che l’acqua in Italia è tantissima, abbiamo la disponibilità media procapite più alta d’europa (circa 400 mc abitante al giorno 1 mc = 1000 litri d’Acqua!!!). Allora perché non arriva a tutti? Perché in natura non è distribuita equamente su tutto il territorio (necessità della solidarietà) e perché quando la immettiamo in rete più del 50% (al sud) sparisce prima di arrivare ai rubinetti ! I motivi sono ….leciti ed illeciti. Pensiamo solo ai motivi leciti: nessuno fa interventi sulle reti esistenti, le reti si rompono per vetustà (perdite fisiche che per anni non si trovano….in realtà nessuno le cerca), poi nel tempo i fabbisogni sono aumentati, e i diametri delle condotte sono rimasti quelli di 20-30 anni, troppo piccoli e portano poca acqua. Qualche progetto c’è, pochi soldi per realizzarli e solo mutui della cassa depositi e prestiti. Che si fa? Dove si prendono i soldi!!!! Tangentopoli ha “distrutto” il sistema dei lavori pubblici! Non esiste un impresa pubblica capace di accollarsi tutte le attività tecniche economiche finanziarie di un acquedotto. Tra l’altro gli utenti non pagano la bolletta, anzi i comuni non emettono ruolo per l’acqua fino a quando sono costretti dalla corte dei conti. Niente torna! Le gestioni sono frammentate, circa 8.500 gestioni diverse in Italia, una per comune …ognuno per sé Dio con tutti. Allora bisogna sfruttare le economie di scala ( per esempio compriamo una macchina e la facciamo usare da più persone). Questo si può fare con un territorio più grande di quello comunale da gestire, ma per i motivi di cui sopra bisogna pensare insieme (integrare) all’acquedotto di fare anche fogne e depurazione. Con una gestione industriale si può.
Allora ci vuole gestore unico per un servizio integrato. Chi e come si fa tutto questo? Galli, che è un genio ma non un mago, ritiene che bisogna tenere conto di tutte delle realtà territoriali, per questo rimanda agli enti locali (regione, province, comuni). La regione, con apposita legge deve disegnare confini territoriali dove integrare il servizio (ATO = ambito territoriale ottimale), i comuni e le province si devono mettere d’accordo organizzando il servizio idrico integrato nell’Ato in cui ricadono.
Ed è qui la crisi…..perchè manca la politica quella vera, nella maggior parte dei casi il lavoro di amministratore è inventato al momento (mi scusino la virulenza, ma ho incontrato troppi pseudo addetti ai lavori che ancora adesso non hanno compreso cosa è la legge Galli figuratevi se mi scandalizzo perché la sinistra radicale e i movimenti insieme al mitico p. Zanotelli, montano un caso senza sapere di cosa stanno parlando)!
Questi enti locali costituiscono l’ente d’ambito e preparano un piano d’azione (piano d’ambito) costituito dalle cose da fare (piano pluriennale degli investimenti) e dal piano economico-finanziario (con quali soldi)). Poi l’ente d’ambito (quindi ripeto comuni e province) si pone la domanda: chi lo fa? E qui si aprono tutte le strade possibili di affidamento del servizio (art. 9): pubblico, privato, misto…..
Ma stiamo parlando dell’affidamento della gestione non di vendere l’acqua ad un privato!!
Nell’ATO n. 3 si è proceduti ad un affidamento, attraverso gara pubblica, della quota del 19% ad una società privata, mantenendo il 51% in mano all’Ente d’Ambito (quindi comuni, e province), la rimanente parte è assegnata a diverse società miste preesistenti. Diciamo che formalmente di privato c’è poco, però i tempi e la gestione è in modalità privata. Voglio dire che da noi (come in qualsiasi realtà aziendale) l’acqua non gira nei tubi secondo l’umore e i picci del fontaniere comunale di turno, ma secondo ordini di servizio che rispettano il percorso logico e tecnico per raggiungere l’efficacia e l’efficienza del servizio. Sembra l’ovvietà e invece è una conquista straordinaria!
Francamente l’acqua serve a tutto e a tutti, ma, nessuno, proprio NESSUNO ha la percezione che è una risorsa rinnovabile ma non all’infinito, allora si spreca, si ruba, si butta, si sporca senza ritengo né un minimo di decenza, lasciando così, un monumento di incuria ed indifferenza terribile. Allora ben venga la gestione ottimale di un servizio, se voi poi la volete chiamare privatizzazione fate pure, basta che non vi prestate a chi che con false ideologie vi imbroglia per non cambiare nulla. Il sistema dei servizi idrici è inefficiente e statico, la legge Galli è una riforma, le riforme vanno comprese, opportunamente corrette se necessario, ma sostenute, altrimenti non cambia mai nulla e abbiamo perso tutti.
Sperando di avervi dato qualche elemento in più, mi riservo una secondo personale commento per parlare specificatamente della tariffa (costo del servizio) e di poi un terzo per parlare dell’ATO n. 2 Campania e di quello che sta succedendo a Napoli.
Come vedete la gestione integrata è abbastanza articolata e scrivere lunghe memorie non è il mio forte.
Alla prossima
Buone cose
Marianna

marianna.panico@libero.it