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Parliamone...

3 luglio 2006, 22:08

Di seguito metto a disposizione alcune delle mail circolate oggi, in liste diventate di discussione oltre che di informazione.

Doriana


insomma la lidia menapace sbaglia a votare il rifinanziamento alla missione
in Afghanistan e con lei sbagiano molte e molti altri deputati e senatori
sono cinque anni di guerra, il controllo del territorio è ancora in mano ai
signori della guerra e in alcune enclave in quelle dei talebani, la vita e
l’economia delle afgane/i continua a precipitare verso il basso, è aumentata
l’economia criminale della produzione e vendita della coca, guantanamo è
ancora lì, torture e violazioni di ogni tipo. L’infezione criminale si è
allargata all’Iraq.
Palestina-Israele stanno affondando senza più possibilità di ritorno. In
Somalia si contendono il potere altri signori della guerra filoamericani e
le Corti islamiche.
La strategia bellicista dei guerrieri non risolve nulla, concretamente,
aumenta semplicemente il caos e l’impossibilità di trovare soluzioni
adeguate.
bisogna decidere se finanziare una strategia di disordine criminale, per
imporre il proprio dominio, capeggiata dagli Stati Uniti, dalla Nato e da
Israele o trovare delle soluzioni appropriate. Anche il kossovo parla a
sfavore della guerra fatta nei Balkani.
bisogna ridurre il danno impedendo la continuazione di una strategia
criminale che va contro la sopravvivenza materiale di intere popolazioni, di
persone in carne ed ossa.
non si tratta di ideologia, esiste un piano di realtà che stride, è in
conflitto, con le scelte di guerra. è sotto gli occhi di tutte e tutti. non
capisco...
annamaria medri


Ho letto l’intervento di Floriana e continuo a ritenere che
qualunque sia l’iniziativa politica da portare avanti bisogna
comunque fare qualcosa al di la’ di questa lotta - per citare la
Codrignani - di Puri e Impuri.
Tuttavia leggo tra le righe scritte da Stefania qualcosa che mi
suona come una inversione semantica, un modo per
allontanarci/allontarsi dal nostro sentire che è l’unica
motivazione reale del nostro fare politica.
Non convenienze strampalate e neppure antipatie personalizzate
per le quali è indispensabile sprecare troppa energia nella vita
e non ne vale davvero la pena.
La cultura si cambia a partire dalle nostre teste e - perchè no -
anche da qui e dalla modalità attraverso la quale riusciamo ad
affrontare questa discussione complessa che ci vede in conflitto
per una contraddizione. Comunque la si vuole definire solo di
questo si tratta: una contraddizione. E le contraddizioni non
stanno nelle tasche dei giusti o degli ingiusti, così come i
conflitti e la maniera di affrontarli in politica non hanno
ricette preconfezionate che non siano la vicinanza a se stessi e
alle nostre storie, al nostro partire da noi. Non dal partito,
non dalla ingenuità politica cui Stefania continua a far
riferimento, perchè qui di interventi ingenui ne ho letti fino ad
ora diciamo nessuno. ci sono interventi pieni di vitalità,
insofferenti, calmieranti e qualche volta intravedo la necessità
di fare quadrato, truppa, fazione attorno ad una idea che è un
compromesso che qualcuna si fa piacere e che altre ritengono una
necessità.
non capisco poi come si possa associare il metodo del consenso
applicato ad una situazione in cui qualcuno dice all’altro che
vive di sogni. il metodo del consenso viene applicato in assenza
di gerarchie e non è questo il caso perchè si sta parlando di
persone elette in parlamento per rappresentare anche noi che
siamo iscritte in questa lista. il metodo del consenso è poi una
roba dove non dovrebbero esserci ragioni di parte identitarie,
corporativismi di nessun genere ma solo e soltanto proposte
(prima di arrivare alle decisioni e non dopo) che sommano il
contributo, le testimonianze, le ragioni di tutti. quello che
succede qui fuori non è metodo del consenso e non lo è certamente
neppure quello che succede in parlamento.
la prassi di pace e la non violenza dovrebbe comprendere anche la
maniera di dare importanza alle idee, alle persone e non ai
numeri. da quando in qua pace e violenza fanno rima con
prevaricazione? perchè è questo che sta accadendo. chi decide
cosa, poi, dichiara pure di sentirsi offeso perchè le persone
che criticano scelte politiche non condivise non hanno capito,
non meritano attenzione, neppure una risposta, niente.
senza voler personalizzare, lidia menapace l’ho conosciuta,
letta, ascoltata e sinceramente anch’io immaginavo che potesse
dirci qualcosa di diverso. capisco quindi l’ostinazione di nadia
nel voler combattere innanzitutto qui e poi anche altrove una
battaglia che non è uno sfogo e neppure l’argomento sciocco di
chi non ha capito niente.
capisco certamente (perchè l’ingenuità politica è di chi conosce
i metodi della politica e li tollera e non di chi pur
conoscendoli agisce per cambiarli in meglio) che la realtà
parlamentare non dia grande spazio d’azione a persone che persino
all’interno del proprio gruppo parlamentare probabilmente non
trovano alleati.
perciò bisogna operare anche fuori. "Anche" vuol dire "anche" e
non soltanto. se i parlamentari eletti e nostri riferimenti
politici istituzionali abdicano e si fanno risucchiare da quel
becero buco nero c’e’ ben poco da fare gli offesi con chi rileva
le contraddizioni.
personalmente ho votato rifondazione e chiedo a chi mi
rappresenta di fare quello per cui ha chiesto il voto. la gente
che fa parte dei movimenti fuori continua ad esserci e a voler
dire quello che ritiene giusto. la censura - richiamata in
qualunque modo - non è consentita. se la sinistra è al governo e
il ricatto è che casini sostituisce rifondazione se non fa la
brava, io, elettrice di rifondazione, abbastanza impura per darmi
licenza di fare anche qualche numero da oracola rivoluzionaria,
personalmente suggerisco di non soggiacere al ricatto e di tenere
i piedi fermi dentro le proprie idee e non dentro le scarpe delle
funzioni che sono state assegnate.
detto ciò la domanda è: che facciamo?
corteo? manifestazione? presidio fuori dal parlamento?
raccontiamo in parodia una favola dal titolo: c’erano una volta i
pacifisti della guerra senza se e senza ma?
parliamone...

ciao
enza panebianco


Care amiche, sto seguendo il dibattito sulla guerra, la delusione sulle
iniziative del nuovo governo, nuovi e vecchi eletti di sinistra.
Ho già scritto a questa lista la mia opinione sulla guerra, non avendo
ricevuto risposta, ci riprovo. La guerra non è prerogativa di questo o
quell’altro governo, né il nemone dei governi di destra di cui la sinistra
ne dovrebbe essere l’acqua santa. Non è stata inventata dall’Italia ne
dall’America. La guerra è annidata nel DNA dell’uomo inteso come maschio, e
la cultura, la sua cultura, non poteva che convalidare questo germe.
Ne è la dimostrazione la guerra sempre vinta col genere fisicamente più
debole della sua specie, vinta soprattutto quando e se non combattuta,
quando genera acquiescenza alla perdita di dignità; quando genera tolleranza
all’offesa e alla mercificazione della donna, alla prostituzione anche se
esercitata da persona "consensiente" per comodità e successo; quando non ci
fa percepire che il misero vantaggio di poche va a scapito dell’immagine di
tutte.
La guerra comincia quando si regalano armi ai maschietti e bambolotti alle
femminucce inculcandole già un ruolo (sono necessare entrambe le condizioni
perché è appurato che la concentrazione di individui sviluppa la competività
e l’aggressività) ma in quano a questo tutti/e zitti/e mentre è qui che si
dobrebbe riflettere e operare, ovviamente tutti e in tutto il mondo, non
prendersela con i nostri governi, che non hanno scelta: o vinti o vincitori.
Sono passati 2200 anni da quando un Console romano (non ricordo il nome)
rispondeva ai senatori che non volevano votare una spedizione di guerra,
perché il popolo era stanco delle continue guerre: che la scelta non era se
fare la guerra e non farla, ma se farla ora alle porte del nemico, o fra un
anno alle nostre porte, o andiamo noi da loro o loro da noi. Il Console
faceva il suo mestiere ma la sua ipotesi non era poi così peregrina visto
che quando i romani non sono più stati in grado di "andare", i barbari non
avuto neanche avuto bisogno di combattere, alle nostre porte.
Ora, dobbiamo inventarci qualcosa di nuovo, oltre che predicare la pace,
studiare le radici della guerra, quelle molto profonde, quelle nel cuore
dell’uomo.
Tamara Di Davide


Cari amici,
vi sottopongo qualche breve riflessione sul dibattito di questi
giorni. Con una proposta conclusiva.

Ho l’impressione che stiamo parlando troppo di cosa dovrebbero o non
dovrebbero fare partiti e parlamentari (che non dipendono da noi) e
troppo poco di cosa devono fare i movimento nonviolenti (che dipendono
esclusivamente da noi).

Forse abbiamo impostato male il dibattito sull’Afganistan.

Stiamo discutendo di cosa devono fare altri (votare sì o votare no),
mentre dovremmo decidere cosa dobbiamo fare noi (che non siamo
chiamati a votare nè alla Camera nè al Senato).

Tutti i parlamentari eletti (tutti!) rappresentano i partiti che li
hanno messi in lista e rispondono agli elettori e alle loro coscienze,
per il semplice fatto che nessuno dei partiti dell’Unione (nessuno!),
al momento di formare le liste ha pensato di chiedere ai nostri
movimenti un parere o di esprimere qualche candidatura.

Per di più, quando in campagna elettorale ci siamo rivolti ai partiti
dell’Unione, nessuno di loro ci ha risposto.
Le nostre proposte erano chiarissime, e ad esse dobbiamo attenerci:

"ridurre le spese militari, finora sempre crescenti, almeno del 5%
annuo progressivo, per finanziare forme di difesa nonviolenta quali ad
esempio i Corpi Civili di Pace, unico mezzo degno per dare aiuto e
solidarietà democratica ai popoli vittime della guerra.
 spostare su un apposito capitolo di spesa il denaro sottratto al
bilancio del Ministero della Difesa, per istituire il Ministero per la
Pace, dotato di portafoglio, per adottare una rigorosa politica
costituzionale di Pace che obblighi a ripudiare la guerra come metodo
di risoluzione delle controversie".

Dunque la responsabilità di ciò che faranno gli eletti, come il futuro
del governo, è nelle loro mani, e non mi permetto di giudicare le
scelte dei singoli parlamentari. A loro spetta di rispettare in primis
la Costituzione, e poi di onorare l’impegno preso con gli elettori
sulla base del programma. La politica istituzionale, che è l’arte del
possibile attraverso i compromessi, spetta a loro.

Non accetto la divisione tra parlamentari "realisti" e
parlamentari "anime belle", nè quella tra chi pensa che la politica
estera di questo governo è "una riduzione del danno" e chi invece
vuole esprimere "un voto di coscienza".
Penso che il governo debba governare, che i partiti devono fare i
partiti e che ai movimenti spetta il ruolo di movimenti.

A me interessa ciò che devono dire e fare oggi i movimenti nonviolenti.
Noi dobbiamo ispirarci ai principi della nonviolenza, ed esprimerci
attraverso campagne di opinione ed iniziative concrete che prefigurino
ciò che vogliamo.
Nel 2000 abbiamo iniziato un percorso di confonto con la politica, a
partire dall Marcia specifica nonviolenta "Perugia-Assisi" che abbiamo
intitolato "Mai più eserciti e guerre". Ora è un fatto incontestabile
che in Afganistan abbiamo un esercito che fa la guerra. La
conclusione, dal nostro punto di vista, è ovvia.

Ma purtroppo noto che siamo attraversati da un certo sbandamento, come
se dovessimo interrogarci su cosa faremmo noi al posto di chi governa.
Ma noi non siamo al governo, e questo non è il nostro governo (anche
se l’abbiamo votato).

Non è una questione di coerenza (anche se ci sarebbe qualcosa da dire
su chi ha votato in un certo modo fino a ieri, all’opposizione, e oggi
vota diversamente perchè in maggioranza), ma di strategia: strategia
della nonviolenza rispetto ai nostri obiettivi, che sono a lunga
scadenza, indipendentemente dal governo del momento.

Ci sono tre questioni importanti che a mio avviso richiedono una
discussione seria, che non può essere fatta via email:

1) Partecipazione italiana alle missioni militari all’estero
(Afganistan, Iraq, Intervento internazionale in Israele/palestina,
Corpi Civili di Pace)

2) Servizio civile volontario, gestione e prospettive (progetti,
formazione alla nonviolenza, difesa nonviolenta - servizio civile
obbligatorio?)

3) Campagna per il disarmo atomico (obiettivi, modalità, strumenti,
conduzione della campagna)

Su questi tre punti propongo un seminario che riunisca amiche ad amici
della nonviolenza, per elaborare una nostra "politica della
nonviolenza". Un seminario da preparare bene, ma da realizzare con una
certa urgenza entro settembre/ottobre. Se c’è consenso, sono disposto
a fare la mia parte.

Il futuro del governo è certamente importante, ma non dipende da me,
mentre il futuro dei movimenti nonviolenti dipende anche da me, e
sicuramente mi sta molto più a cuore.

mao valpiana