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18 luglio 2006, 06:28

Care amiche,

non sappiamo se nei prossimi giorni interverranno dei cambiamenti rispetto al dibattito che si è aperto in queste settimane intorno alla questione scottante del rifinanziamento delle missioni militari italiane all’estero. Abbiamo a lungo discusso fra noi e vi inviamo un breve testo che cerca di esprimere il senso del nostro difficile interrogarci su un passaggio politico così importante.

Con affetto

Donne in Nero di Udine

Il 17 luglio 2006 sarà discusso in Parlamento il decreto legge governativo sul rifinanziamento delle missioni militari italiane all’estero. Una circostanza che costituirà un momento cruciale di verifica delle linee di politica estera assunte dal governo di centro sinistra e si tradurrà in un inevitabile confronto tra le forze politiche che lo sostengono.

Lontane da ogni collateralismo e consapevoli dell’importanza della nostra autonomia, come Donne in Nero di Udine ribadiamo, in questo delicato frangente, una posizione di intransigente rifiuto della guerra, che si configura, oltre alla dichiarazione di principio, in una ricerca di azioni, percorsi, scelte capaci di intervenire sulla realtà, in una prospettiva di risoluzione nonviolenta dei conflitti.

Noi Donne in Nero non costituiamo un movimento monolitico, siamo al contrario caratterizzate da molteplici differenze che riguardano la storia, la formazione, le esperienze di ciascuna attivista. Questa diversità interna è sempre stata accolta come elemento di ricchezza, occasione di confronto, di dibattito, di crescita comune. Ma imprescindibili risultano per noi alcuni principi che ci vedono concordi nel richiedere al nuovo governo una politica estera capace di segnare una evidente discontinuità rispetto alle scelte operate dall’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi.

Una politica estera che accanto al ritiro del contingente italiano dall’Iraq preveda, in Afghanistan, lo sganciamento dai vincoli operativi e finanziari della missione Enduring Freedom guidata dagli USA e il conseguente allontanamento da quel territorio.

Una politica estera che in Medio Oriente riesca ad assumere, in concerto con le istituzioni europee e internazionali, interventi tempestivi per tutelare la popolazione palestinese dal brutale e spropositato uso della forza messo in campo dall’esercito di occupazione israeliano; che proponga azioni di pressione su Israele per la ripresa del dialogo con le autorità palestinesi e per il riconoscimento del diritto dei palestinesi ad avere un proprio Stato. Fondamentale e urgente risulterebbe, in questa prospettiva, la rottura dell’accordo di cooperazione militare tra Italia e Israele stipulato dall’amministrazione Berlusconi, unico esempio in Europa.

Mentre si profilano all’orizzonte nuovi tagli alla spesa sociale, sacrifici e rinunce per lavoratori/lavoratrici e pensionati, come Donne in Nero continueremo a premere sul governo italiano per una riduzione delle spese militari, convinte che la sicurezza e il benessere di un Paese stanno nella qualità e nella diffusione dei servizi di welfare, nel progressivo disarmo e nell’assunzione di una difesa civile nonviolenta.

Siamo consapevoli che il dibattito parlamentare del 17 luglio determinerà un voto differenziato fra quei deputati e senatori/senatrici che mantengono relazioni con il movimento per la pace, condividendone idealità e pratiche. Pur essendo in consonanza con quanti/e esprimeranno un rifiuto del rifinanziamento della missione in Afghanistan, assumiamo la lacerazione di chi, pur dicendo sì all’accordo, si impegna in un percorso di controllo e di mutamento per arrivare non solo a un ritiro da Kabul, ma anche a una ridefinizione della presenza militare italiana nelle diverse aree del mondo. Riteniamo indispensabile impegnarci affinché il movimento per la pace di cui facciamo parte riprenda l’iniziativa, acquisendo una più incisiva capacità di pressione e di proposta politica nei confronti delle istituzioni.

Donne in Nero di Udine