Home > ... > Forum 8336

> PIOGGIA D’ESTATE -DILUVIO AUTUNNALE

31 luglio 2006, 12:29

Riporto questo significativo intervento di Floriana Lipparini
Doriana

Carissime,
riprendo il dialogo dopo qualche tempo, non riuscendo a pensare a
nient’altro se non a quello che sta accadendo in Libano e che è ovviamente
collegato a tutto quanto accade in Iraq, in Afghanistan, in Palestina.
La guerra per sua natura non rispetta regole e codici, non conosce limiti,
non arretra di fronte a nulla. La guerra è un crimine per sua natura, e in
questi giorni lo si vede con estrema chiarezza.
Cosa ci possiamo fare se gli hezbollah usano i civili come scudi umani?,
dicono i governanti e i militari israeliani. Già, cosa ci possono fare?
Rinunciare a bombardare, ecco ad esempio cosa potrebbero fare.
Come fa il governo di un popolo che ha subito quello che hanno subito gli
ebrei, proprio perché hanno conosciuto l’orrore del male assoluto, l’orrore
della violenza e dei massacri, la tremenda condizione di vittime innocenti,
come fa ad infliggere violenza e morte ad altri civili innocenti?
Come fa il governo di un popolo che è stato per millenni ingiustamente
accusato, perseguitato e infamato, costretto a fuggire per scampare dai
pogrom, a non rendersi conto che ora sta infliggendo ad altri un simile
destino, confinandoli nei campi profughi, sterminandoli anche nei campi,
massacrando i bambini nelle case?
Come fa il governo di un popolo additato per millenni come l’Altro,
l’estraneo, un popolo costretto a portare su di sé gli orrendi segni della
discriminazione, come fa, ora che possiede uno stato potente, ricco,
superarmato, a guardare i palestinesi come se fossero nemici per il solo
fatto di esistere, come se fossero non persone, come se fossero Altri da
odiare?
Come fa il governo di un popolo che ha subito la Shoah a non aver orrore di
ogni forma di violenza? Come fa a credere di potersi conquistare sicurezza
con il terrore? Come fa a pensare di poter vivere in pace seminando morte ai
propri confini? Come fa a non capire che uno stato costruito
sull¹arroccamento etnico e sull’esclusione degli Altri produce solo odio?
Quale sicurezza può nascere dall’odio?
I governanti israeliani dicono che la loro violenza è lecita autodifesa
poiché proviene da un legittimo stato, mentre quella degli altri, che uno
stato non ce l’hanno, è terrorismo. Strano modo di pensare e di dimenticare.
Dimenticare che uno stato democratico, tanto più perché ufficialmente
costituito, dovrebbe bandire la violenza e cercare strade pacifiche di
risoluzione dei conflitti. Dimenticare che i palestinesi non hanno uno stato
perché i successivi governi di Israele gliel’hanno impedito, ignorando da
decenni le risoluzioni Onu che dicono: due popoli, due stati.
Quello che va estirpato, in ogni campo, è la radice di una cultura, se così
si può chiamare, fondata sul diritto della forza. Una primitiva,
sanguinaria, tribale concezione di sé e degli altri, fatta di bandiere, di
confini, di armi. Assurdo senso di superiorità, timore di contaminazioni
(anche il femminile, in questo tipo di cultura, è qualcosa da cui star
lontani per paura di contaminarsi!), discriminazione religiosa ed etnica:
noi, i prediletti da dio, da una parte, il resto del mondo (gli altri, gli
inferiori) dall¹altra. E guai a mescolarsi. Qui sta il seme delle guerre.
Mai come in questi giorni ci si sente inadeguati e incapaci di fermare la
guerra. Noi, povere/i e poche/i pacifiste/i, non riusciamo a dividerci in
centomila parti, l’Iraq, l’Afghanistan, la Palestina, il Libano e le mille
altre guerre del pianeta. Abbiamo l’enorme compito di fare una rivoluzione
culturale per bandire l’idea stessa della guerra dalla storia, per farla
diventare una vergogna, un tabù. Non c’è tempo se non per questo, e allora
dovremmo trovare la forza di interrogarci tutti insieme sulle strade
migliori per arrivarci.
Soprattutto noi donne pacifiste dovremmo riportare al centro un’altra
concezione del mondo e della politica, in cui la mente non sia separata dal
corpo, il logos non sia privato dai sentimenti, la realtà delle vite
individuali non sia schiacciata dalla realpolitik dei potenti (e quanti si
sentono potenti non appena varcano le porte del Palazzo!).
Mi fa paura quello strano Noi che qualcuno rivendica quando entra a far
parte del ceto politico, un Noi altero, separato dai comuni mortali. Che
significa? Noi e voi, siamo sempre da capo. La strada di chi lotta contro
le ingiustizie, le guerre, le violenze, le menzogne, è naturalmente diversa
da quella del potere, ma uno degli obiettivi più importanti è proprio quello
di lavorare perché un giorno il potere sia diverso e sia diversa l’aria che
si respira nel Palazzo.
Fin quando la politica proseguirà sulla strada del cinismo un mondo diverso
NON sarà possibile. Allora i movimenti proprio questo devono fare: in piena
autonomia lavorare perché la politica cambi, perché sia possibile un mondo
in cui donne e uomini abbiano voce in capitolo anche quando non stanno su
quelle poltrone, perché su quelle poltrone stiano donne e uomini coerenti
con gli impegni presi e sensibili alla voce di chi sta fuori. Una grande
sfida, è vero.

Abbracci.

Floriana