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4 agosto 2006, 12:39

Mettere insieme con urgenza tutte le risorse umane disponibili

Stefano Bentivogli - Redazione di Ristretti Orizzonti

L’indulto, l’atto di clemenza che da oltre 15 anni non riusciva a superare neanche le prime schermaglie parlamentari, è legge. A questo punto il vero rischio della strumentalizzazione di tutto quello che succederà, che abbia a che fare con questa legge, è reale, concreto, si vede già ogni giorno. Chi ai primi reati eclatanti comincerà a dire che sono gli effetti dell’indulto? C’è un Paese intero che rischia di essere trascinato nel facile e superficiale giudizio che consiste nel far corrispondere l’effetto di un atto di clemenza con l’aumento della criminalità.

Se si analizzano i dati statistici sui passati indulti e sulla recidiva, anche se proprio sulla recidiva la chiarezza e l’esattezza sono delle teorie belle e buone - come tutte quelle scienze che tentano di fare delle previsioni sui comportamenti umani - si arriva facilmente a cadere nel cinico gioco del "noi l’avevamo previsto", "ridurre le condanne alla gente in prigione è come incentivare la criminalità", insomma, invece di porsi qualche domanda più precisa e magari fare concretamente qualcosa in più, si aspetta che l’inevitabile diventi normale e scontato.

Penso anch’io che moltissime delle persone che si troveranno ad usufruire dell’indulto, superata la gioia iniziale di ritrovarsi liberi, si troveranno anche di fronte, nella gran parte dei casi, ad una società non pronta a riaccoglierle, spesso proprio la stessa che in passato li aveva già espulsi ed emarginati.

Mi riferisco alle tantissime persone finite dentro, per essere state abbandonate a se stesse ed ai problemi che dalla psichiatria alle tossicodipendenze rappresentavano le loro principali sofferenze. Queste persone in particolare saranno la gioia di quelli che la clemenza l’hanno sempre osteggiata, quelli della chiave da buttare via, tanto tutti ritornano a delinquere.

Il mio invito invece, dietro il quale c’è una preoccupazione grande, è quello di provare questa volta a fare uno sforzo in più, sperimentare un "pensare coinvolgente", ossia, oltre a limitarsi ad aspettare che per qualcuno i problemi diventino insormontabili, fare qualcosa.

Era quasi scontato che un provvedimento del genere passasse proprio in estate inoltrata, sono sempre questi i periodi migliori per le leggi impopolari. In questi periodi c’è l’intero Paese in ferie, e ci sono già, oltre ai possibili beneficiati dall’indulto, gli anziani soli non autosufficienti, i portatori di handicap, gli stranieri irregolari a caccia di assistenza, e quella miriade di umanità che combatte le ferie del mondo produttivo per sopravvivere.

Sarebbe veramente da incoscienti, e molti politici di quelli con le statistiche alla mano sono già pronti a soffiare nelle trombe, non attivarsi invece considerando l’indulto, questo evento eccezionale la cui portata continua ad essere troppo grande rispetto alle bassezze della nostra politica, uno stato di emergenza vero e proprio.

È inutile stare ad attendere che le persone soccombano alla disperazione nella quale si può trasformare, ed è assurdo, il rientro in libertà, perché non c’è niente e nessuno a riaccoglierle, è altrettanto assurdo iniziare adesso a dire "…vedi, era meglio aspettare…", pur sapendo che sono oltre 15 anni che i detenuti in sovraffollamento aspettano.

Credo che l’unica cosa seria e responsabile sia veramente chiamare all’emergenza tutte quelle persone, associazioni, enti pubblici, cooperative, perché il rischio non è quello di perdere l’ennesima occasione per risolvere il sovraffollamento del sistema penitenziario italiano, per il quale servirà ben più che un indulto, ma quello di non essere capaci di dimostrare che questa società, malinformata, spesso vittima di paure e odi creati dai media e dagli stereotipi con i quali affronta di solito la questione carcere, può invece cambiare rotta, cominciare a pensare ai percorsi di vita delle persone in maniera positiva e non fatalista, può soprattutto non dare per perse le speranze, che io credo restino la base della nostra cultura. Perché la vita delle persone è talmente importante da non permetterci in alcun modo e mai di dire "tanto non c’è più niente da fare…".

Invece c’è da fare, c’è da attivare i servizi per le tossicodipendenze, le comunità terapeutiche e la psichiatria pubblica perché si prendano in carico immediatamente delle persone, e sono tante, che ne avranno bisogno. E per le persone straniere irregolari? Quali aiuti credibili si possono attuare immediatamente per evitare di trovarle appena uscite a cercare qualche attività illegale per guadagnare soldi?

Insomma, l’invito è a non perdersi in chiacchiere, facendo i soliti discorsi di politica da bar, ma forse a rinunciare ad un po’ di queste ferie di afa boccheggiante, di mettere insieme con urgenza tutte le risorse umane disponibili e di fare pressione in tutti i modi affinché questa gente, reduce spesso da anni di detenzione ai limiti dell’umanità, trovi spazi, persone, disponibilità e non i soliti cori pronti al "tanto è così e non cambierà mai…", magari detto da quegli stessi, che mai hanno mosso un dito perché le cose possano cambiare realmente.

Il primo passo può essere, come sta facendo il Comune di Roma, predisporre un Piano straordinario per l’accoglienza, l’assistenza, il sostegno al reinserimento sociale delle persone che usciranno dal carcere prive di risorse.