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ulteriori riflessioni sul libro di Pansa

20 novembre 2006, 20:38

A fronte degli altri lavori, risulta particolarmente notevole lo scarto operato da Giampaolo Pansa nel suo ultimo libro.“La grande bugia” è un mirabile esempio di qualunquismo storiografico o, se si preferisce, di “storiografia da grande centro”. Questa volta Pansa, novello Zolà, oltre a snocciolare fatti triti e ritriti, risaputi dagli inizi 50’ (volante rossa, triangolo della morte e altri crimini..), gioca a fare il maitre a’ penser: “La Resistenza è una grande balla […], l’insurrezione nelle città del nord nel 1945 è una messinscena”. Ci limitiamo a queste asserzioni; altrimenti sarebbe difficoltoso, in poche righe, affrontare altre discutibili prese di posizione del giornalista piemontese.

Abbiamo letto il libro di Pansa perché i libri si leggono tutti. Quelli che piacciono e quelli che non piacciono. E riteniamo che sia un bene poterne discutere. Pur non volendo, Pansa reca un ottimo servizio alla causa resistenziale: fa ritornare centrale, nella lotta delle idee, l’antifascismo esistenziale, quell’antifascismo, declinato alla maniera di Alessandro Galante Garrone, quale battaglia permanente contro qualsiasi forma di mistificazione e sublimazione. Dopo aver letto il prodotto di Pansa, ci viene naturale rileggere le pagine di storici come De Luna, Luzzato e Pavone. Sono questi gli autori, sono queste le interpretazioni storiografiche che bisogna contrapporre all’operazione di falsa rivisitazione della nostra storia spacciata per revisionismo.
La presunta e ostentata apoliticità della storia fatta alla Pansa è, in realtà, il risvolto di una interpretazione ad uso del consumatore: è operazione tesa a cogliere il trend imposto dal mercato imperante. Altro che storia dei vinti, è la “storia da nuovo miracolo italiano”, che gongola a sentirsi dire che i comunisti – perché sempre comunisti sono!! – sono i veri colpevoli di tutto.

D’altra parte, però, chi zittisce Pansa, può autodefinirsi anche virile rivoluzionario nudo e puro; in realtà, oltre che esser nemico della democrazia. è il principale alleato delle pansate. Abbiamo visto come Pansa se la rideva a Reggio Emilia quando quattro stupidi pagliacci hanno impedito la presentazione del suo libro: sono quei quattro scalmanati che permettono a Pansa di sbandierare le sue tesi (false) sull’ intolleranza della sinistra.
I quattro delinquenti di Reggio Emilia, cui si è dato strumentale risalto, non sono affatto gli eredi morali della Resistenza. Ci domandiamo: come mai i nostri mezzi di informazione non hanno parlato degli ex partigiani presenti che, pur non concordando nemmeno su una virgola delle tesi di Pansa, lo hanno difeso a spada tratta da quegli aggressori?
Forse perché sono quei signori i veri eredi della Resistenza, forse perché sono quei signori gli epigoni di Aldo Aniasi, il comandante “Iso” che l’impavido Pansa - chissà come mai- attacca solo dopo la sua morte?
Così come gli untorelli di Reggio Emilia sono black-block della democrazia, Pansa è un black-block della storia. “La grande Bugia” è opera di rimozionismo e negazionismo: radendo al suolo la Resistenza, distrugge quello che è il fatto ( e non mito...) etico-culturale fondativo della nostra Repubblica.
Pansa dice di aver a cuore la necessità di riscrivere la storia dei “vinti” di questo Paese. Bene, inizi allora da Portella della Ginestra sino a risalire ai fatti di Genova del 2001; si impegni Pansa, se davvero ama i diseredati ed gli oppressi, a battersi per l’istituzione di una commissione di inchiesta parlamentare che faccia luce su quella che Amnesty International ha definito “la più grave sospensione dei diritti umani avvenuta in un Paese democratico dopo il 1945”. Si adoperi Pansa, così come tutti gli altri intellettuali engagé dell’ultima ora, a chiedere ad alta voce l’abrogazione del segreto di stato su fatti che hanno insanguinato sessant’anni di storia repubblicana.

“Se la memoria della Resistenza fosse cancellata, avremmo una nuova barbarie, forse non sanguinaria, ma capace, forse, con più forte radicalità del fascismo, di offendere e calpestare la dignità umana”. Le parole del Professore Gaetano Arfè siano da monito. La Resistenza sarà, ora e sempre, la nostra patria morale. E’ grazie a quel sacrificio se oggi, in Europa, siamo tutti - davvero tutti - liberi.