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Giù le mani dal nostro movimento!

15 dicembre 2006, 12:31

CHI HA PAURA DEI RAGAZZI DI LOCRI ?

di Riccardo Orioles, 14 dicembre 2006

Il notabilato di sinistra, al sud, è già in gran parte un notabilato d’affari; non lo castra il moderatismo, ma proprio il posizionamento sociale. La sinistra giovanile di molti paesini del Sud, che non è fatta di notabili ma di ragazzi, pur con la stessa linea politica formale, si batte contro la mafia con coraggio e determinazione. Il difetto, evidentemente, non sta nella politica ma in chi la incarna.

Tanti anni fa il Giornale di Sicilia - politicamente vicino ai cugini Salvo - ebbe la buona idea di pubblicare i nomi e i cognomi di tutti gli esponenti del Coordinamento Antimafia di Palermo, corredati dai rispettivi indirizzi di casa e da ogni altra utile indicazione.

Aggiungendo che in realtà questi quattro fanatici - di cui vedi elenco nominativo - non rappresentavano nessuno e che il movimento antimafia in realtà non esisteva.

Adesso, il presidente del consiglio regionale calabrese, che si chiama Giuseppe Bova e che purtroppo è diessino (torneremo su questo particolare) sostiene che il movimento dei ragazzi di Locri, "Ammazzateci tutti", in realtà non esiste ed è composto solo da quattro estremisti fanatici che non contano niente. E ne dà, ovviamente, i nomi: il primo è Aldo Pecora, che è un ragazzo di vent’anni e ha avuto il grave torto di fare alcune domande pubbliche sulla personale correttezza di alcuni politici calabresi.
Locri, come sapete, è un posto mite dove se qualcuno ti accusa di essere l’unico e decisivo esponente di un movimento antimafia puoi girare tranquillo per le strade, sicuro che nessuno ti farà niente. E’ come se Bova avesse detto, poniamo, a Stoccolma "Guardate che questo Pecora è il capo dei vegetariani e se togliete di mezzo lui nessuno contesterà più le bistecche". Perciò egli ha fatto benissimo a intimidire pubblicamente Aldo, a metterlo a bersaglio della ’ndrangheta e a dire "se vi stanno antipatici i ragazzi di Locri, prendetevela solo con lui".

Ma perché è così importante che Bova - uno che denuncia pubblicamente i capi del movimento antimafia - è diessino? Forse perché "ormai sono tutti uguali"? No. E’ un fenomeno tipico del Ds meridionale, ed è esattamente lo stesso fenomeno che si verificava nella vecchia Dc.

La Dc, partito interclassista, organizzativamente era una struttura dei notabili. Un territorio, un notabile: ognuno, statisticamente, con le caratteristiche sociologiche del ceto medio (poiché la Dc era un partito di ceti medi) del suo territorio. In Veneto, così, avevi un Rumor pacioso che rappresentava più o meno il professionista cattolico del trevigiano o di Rovigo. C’era una borghesia cattolica, in Lombardia, da sempre iperattiva e colta, ed eccoti i vari Bassetti. A Torino (operai, Acli, sindacato) Donat-Cattin. In Sicilia o in Campania, dove il notabilato locale era quel che era, spuntavano i Lima e i Gava.

Molti anni dopo, quando il partito socialista cambiò - come si disse allora - da una razza all’altra, il meccanismo fu più concentrato nel tempo, ma sostanzialmente eguale: nel vecchio partito di notabili i ceti notabilari "moderni" subentrarono a quelli tradizionali, il nuovo commercialista al vecchio medico condotto.

Quanti operai evoluti ci sono adesso nel ceto dirigente del Ds meridionale? Quanti professionisti "tecnici" - insegnanti, impiegati, ingegneri - e quanti legati invece alla gestione del denaro? Come si è trasformato sociologicamente il notabile meridionale, e quello "di sinistra" in particolare? Visto che ormai di interclassismo si tratta, e dunque di notabilato locale (già ora che ci sono ancora i partiti: figuriamoci quando ce ne sarà solo uno, il famoso "partito democratico") la questione non è di poco peso.

Il notabilato di sinistra, al sud, è già in gran parte un notabilato d’affari; non lo castra il moderatismo, ma proprio il posizionamento sociale. La sinistra giovanile di molti paesini del Sud, che non è fatta di notabili ma (finché non vengono eventualmente cooptati) di ragazzi, pur con la stessa linea politica formale, si batte contro la mafia con coraggio e determinazione. Il difetto, evidentemente, non sta nella politica ma in chi la incarna.

E quando un pezzo di società si ribella - sostanzialmente e non solo "politicamente", come da noi - e comincia a contestare il potere, è visto automaticamente come un nemico, da questo notabilato. E viene denunciato come tale. Bova, perciò, non ce l’ha coi ragazzi di Locri perché siano "estremisti" (Dio sa che non lo sono affatto) o perché siano di altri partiti (la maggior parte di loro, probabilmente, vota proprio Ds). Li teme proprio perché sono antimafiosi, e dell’antimafia riprendono istintivamente il contenuto più profondo, la lotta alla gestione incontrollata e padronale del potere. Abbastanza per combatterli senza starci a pensar troppo su.
Bova, che è "di sinistra", per fortuna si limita a combatterli con le parole, anche se la sua professionalità di politico evidentemente non gli ha insegnato la pericolosità dell’uso incontrollato delle parole.

Non volendo maramaldeggiare, ci asteniamo dall’elenco dei casi (spesso anche penalmente rilevanti) in cui sono stati coinvolti, negli ultimi dodici mesi, notabili di quel partito in quella zona. Ne attribuiamo l’origine, ripetiamo, non al partito ma all’imprinting sociale.
Osserviamo però che Bova avrebbe dovuto essere pubblicamente censurato dal suo partito già a agosto, quando nella regione Calabria - col suo contributo determinante - si ebbe il silenziamento d’autorità di tutte le informazioni via internet su tutte le attività della Regione.
Appalti, consulenze, pubblici esborsi, in Calabria divennero di punto in bianco - come nella Calabria vicereale, o come in Cina - "arcana imperii". Questo non si sarebbe dovuto tollerare; ed è stato tollerato.
Il Ds nazionale, in questo, è stato inadempiente.

Adesso un’ulteriore tolleranza è impossibile, visto che il comportamento di Bova si estrinseca non solo in un imbavagliamento delle notizie, ma anche in un pericolo fisico per i dirigenti del movimento antimafia, i vari ragazzi di Locri e i loro amici. Perciò tutte le critiche per Bova (nel senso e coi limiti che abbiamo detto) non possono più fermarsi in Calabria ma risalgono l’autostrada e - faticosamente e lentamente - approdano a Roma. Qui possono essere prese in esame dalla direzione Ds e dalla sua segreteria.

Onorevole Fassino, se le parole di Bova (il "giudice ragazzino" di Cossiga: Livatino fu ucciso poco dopo) dovessero produrre danno, la responsabilità morale, Lei comprende benissimo, sarebbe - per inadempienza - anche Sua.

fonte: http://www.aprileonline.info/