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Scalzone può rientrare in Italia

20 gennaio 2007, 20:02

Presto saro’ anche in Calabria

Calabriaora - Intervista di Michele Giacomantonio - Venerdì 19 gennaio 2007

’’In Calabria ci verro’ sicuramente’’. Magari il suo tour da compagnia di giro, come gli piace chiamarlo, Oreste Scalzone lo comincia davvero da qui.

All’ora di pranzo non ha nemmeno il tempo di levarsi il cappotto (chissà se ce l’ha ancora quello in cui entrava due volte dopo essere spaventosamente dimagrito e che aveva addosso durante la fuga) che la moglie gli elenca i tantissimi che l’hanno cercato. «Verrò perché sono tante le ragioni che mi chiamano da voi, non solo Franco, che per me è un fratello, anzi direi un maestro». Scalzone è un fiume di parole, controllarlo e condurre l’intervista risulta pure difficile, ma chi lo conosce sa che è sempre stato così, capace di passare senza soluzione di continuità da un tema all’altro. «Un maestro - ci tiene a spiegare il leader di Autonomia - con cui mai c’è stata competizione, né atteggiamento gregario, ma a lui sono legato come a un Virgilio, fin da quando mi passò il libro di Mario Tronti». Quel libro sull’operaismo e poi molti altri, tra cui i famosi Grundrisse, stanno all’origine di molte delle cose pensate in quegli anni destinati a restare non narrati.

Ma a Cosenza ci sono pure «i compagni di Ciroma», continua fluviale Scalzone parlando della radio comunitaria che ha già ospitato la sua voce roca e tempestosa di esule sui tanti temi della globalizzazione e dell’amnistia. E poi c’è la volontà di Eva Catizone di fare una festa e invitarlo in città. «Già avevo in mente di presentare in città il libro Goodbye mister Socialism, che segna il ritorno di Negri con Feltrinelli – spiega l’ex sindaco – voglio cogliere il senso e il legame della casa editrice con una parte della storia di questo Paese. Vuol dire che faremo due feste, quando verrà Oreste». Da parte sua Scalzone ridendo e citando Marx, non quello dei Grundrisse ma Groucho, sapendo del desiderio della Catizone si lascia scappare ridendo «volesse tra i membri un tipo come me» ma aggiungendo che «verrei lo stesso anche senza invito». E l’entusiasmo è tale che l’ex sindaco se la ride delle certe polemiche che la festa susciterà, perchè in fondo «Cosenza è sempre stata una città sovversiva e oggi ce n’è cosi poca». Ma a Scalzone piace cercare il filo che lega il meridione a una condizione universale, che va dalle banlieu parigine fino all’angolo estremo di questo mondo globalizzato.

E così a valanga comincia a parlare ancora dei Grundrisse, il libro che una volta Colletti definì esoterico, spiegando di come il lavoro cambi, da «produttivo a immateriale nella modernità». Giusto il tempo per ricordargli che qui la modernità delle fabbriche non l’abbiamo mai avuta e lui subito spiega che «avete avuto le cattedrali nel deserto che, invece del salario garantito, serviva a estendere forme di lavoro obsoleto e il dominio». Torna nelle parole dell’ex esule il tema marxiano mai spiegato sufficientemente del rifiuto del lavoro per poi giungere all’amnistia. «Mi piace l’idea di Franco Piperno di una via sudafricana – dice Scalzone – io stesso ho spesso parlato di un tavolo al quale devono essere presenti tutti i protagonisti e raccontare la verità». E’ un’operazione difficile, che non ha bisogno di certe «sfacciataggini come quelle di Morucci e compagni che presentano libri e fanno eventi. Perché alla fine non è possibile che abbiano avuto tutti ragione, tranne quelle persone che hanno creduto, brechtianamente, di poter interpretare e cambiare le cose».