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> Il discorso di Paolo Bolognesi nell’occasione del 25° anniversario della Strage di Bologna

4 agosto 2005, 18:46

«La pista palestinese? E’ frutto solo di invenzioni e bugie»: intervista a Pifano e Saleh
by ANDREA COLOMBO Thursday, Aug. 04, 2005 at 5:20 PM mail:
da "il manifesto" 4.8.05

«La pista palestinese? E’ frutto solo di invenzioni e bugie» «I palestinesi e la sinistra sono distanti anni luce dalla strage di Bologna e dalla cultura che la ha prodotta». Parlano Abu Saleh, che secondo la destra sarebbe coinvolto nella vicenda, e Daniele Pifano, che fu arrestato con lui

Abu Saleh, palestinese, aderente al Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp), fu arrestato il 7 novembre 1979 insieme a tre militanti romani dell’Autonomia, Daniele Pifano, Giorgio Baumgartner e Luciano Neri, mentre trasportava un lanciamissili destinato alle forze palestinesi. Il suo nome è stato tirato in ballo a proposito della cosiddetta «pista mediorientale» per la strage di Bologna. L’attentato, secondo questa tesi, sarebbe opera del gruppo di Carlos, come rappresaglia per l’arresto di Abu Saleh. L’accusa ha creato forti malumori nella sinistra e ha provocato anche numerose critiche rivolte al nostro giornale per averla registrata. Saleh è uscito dal carcere, con i tre autonomi italiani, nell’83. Oggi vive a Damasco e interviene, con lo stesso Pifano, sulle accuse che gli sono state rivolte.

Saleh, hai mai conosciuto Carlos o hai mai avuto contatti con la sua organizzazione?

Saleh: Mai. Era una figura molto lontana da noi. Sosteneva di agire a favore del popolo palestinese, ma lo faceva in totale autonomia, senza alcun tipo di interlocuzione con noi.

E con militanti delle formazioni armate tedesche in Italia?

Saleh: No, mai.

All’origine del tentativo di coinvolgerti nella vicenda di Bologna c’è un’informativa Ucigos del luglio 80, secondo cui l'Fplp minacciava ritorsioni contro l'Italia per il tuo arresto. Ci furono davvero queste minacce? Saleh: Non c'è nulla di vero. Non ci fu alcuna pressione da parte dell'Fplp. Comunque il Fronte non avrebbe in nessun caso organizzato attentati contro un popolo amico della Palestina come quello italiano. Che tu sappia esistevano accordi segreti tra il governo italiano e l'Olp? Saleh: Ne ho sentito parlare ma non so quanto ci sia di vero. Era però risaputo che l'Italia, in quanto paese amico, ci lasciava campo libero per i trasporti e altre attività del genere, escludendo naturalmente ogni tipo di attentato sul territorio italiano. Dunque non si parlò mai dell'eventualità di una tua liberazione prima di quella dei tre autonomi italiani? Saleh: Se ne parlò. I servizi segreti mi offrirono la liberazione anticipata in cambio dell'abbandono dei compagni italiani. Rifiutai e dissi che sarei uscito dal carcere solo insieme a loro. Comunque tra l'Fplp e il governo italiano la situazione era chiarissima. Cosa intendi dire? Saleh: Il governo italiano sapeva perfettamente che il lanciamissili che stavamo trasportando non era destinato all'uso sul territorio italiano. Come fu deciso quel trasporto? Pifano: Saleh ci disse che si era rotta una macchina e che serviva un aiuto per trasportare alcune casse. Noi accettammo. Sapevamo che mai un'organizzazione palestinese avrebbe organizzato attentati indiscriminati contro la popolazione italiana. Se lo avesse fatto, non solo avremmo interrotto ogni rapporto, ma avremmo anche denunciato pubblicamente l'assoluta incompatibiità di gesti simili con noi e con tutta la solidarietà internazionale. Dopo la strage all'aereoporto di Lod, nel72, criticammo molto severamente i palestinesi, sostenendo che non si potevano uccidere persone inermi e innocenti solo perché israeliane.

Saleh: E’ vero, gli italiani sono sempre stati contrari a questo tipo di azioni. Il loro sostegno è sempre stato solo politico e umanitario.

Secondo il parlamentare di An Fragalà, Saleh era protetto dal Pci, che intervenne direttamente a suo favore. Cosa ne sapete?

Saleh: Posso rispondere solo con una risata. Noi avevamo rapporti politici con tutta la sinistra, ma non ci fu nessunissima protezione da parte del Pci.

Pifano: Ma quale protezione! Allora noi dovevamo difenderci più dal Pci che dai fascisti. Avevamo un rapporto di grande collaborazione politica con l’Fplp, perché era un’organizzazione laica e marxista. Il Pci invece lo teneva a distanza, perché lo considerava troppo vicino al movimento e non voleva alcun rapporto istituzionale col Fronte. Chiesero anche all’ambasciatore palestinese in Italia, Hammad, di intervenire per ricondurlo all’ordine.

Questa vicenda nasce dai dubbi, sollevati non solo dalla destra, sulla colpevolezza dei Nar per la strage di Bologna. Voi cosa ne pensate?

Saleh: Io sono convinto che la matrice della strage sia fascista, come sempre da piazza Fontana in poi. Credo che questa favola del nostro coinvolgimento sia stata tirata fuori su pressione dei sionisti israeliani.

Pifano: Non so se Fioravanti e Mambro sono colpevoli. Il problema è che, nella maggior parte dei casi, la campagna innocentista non mira a cercare la verità, ma a confondere il giudizio storico complessivo, sul modello di quello che è avvenuto con i «ragazzi di Salò». Inoltre, ho l’impressione che ci sia una sorta di patto di solidarietà per cui gli ex camerati dei Nar, oggi al governo, li vogliono non solo liberi, ma anche scagionati dalle accuse più gravi.

Ma tu pensi che siano colpevoli?

Pifano: Forse no. Ma l’ambiente in cui è maturata la strage è quello. Del resto la strage si è verificata in contemporanea con il rinvio a giudizio di Mario Tuti per la strage dell’Italicus, e secondo me questa è quasi una firma. Inoltre c’è un retroterra culturale molto preciso. Un compagno che accettasse l’idea di azioni indiscriminate contro vittime innocenti, di qualsiasi schieramento, sarebbe incompatibile con quella stessa idea di società diversa che vuol costruire. La cultura fascista è opposta. Si basa sul concetto di superiorità, individuale o addirittura razziale. Si basa sulla capacità di staccarsi dai propri sentimenti: di torturare, come al Circeo, o di sparare a delle donne, come nell’attacco contro Radio Città Futura guidato da Fioravanti, senza provare compassione. Non dico che Izzo, Fioravanti e Storace siano la stessa cosa. Ma il substrato culturale è identico.