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La disobbedienza civile

Publie le mercredi 23 avril 2003 par Open-Publishing

Sara Nocentini

Sara Nocentini, del Forum sociale di Firenze, ha scritto queste considerazioni per la lista del Comitato Fermiamo la guerra. Ci sono sembrate particolarmente utili, in questo momento, anche perché giovedì e venerdì sarà in edicola un Almanacco monografico di Carta, in cui, in occasione del 25 aprile, abbiamo chiamato moltissimi a discutere il tema delle forme di lotta e della nonviolenza.

Credo che la discussione che si è aperta sulle forme di azione del movimento sia fondamentale per affrontare il pesante periodo di lotta che ci troveremo davanti. Non ero alla manifestazione del 12 perché ero malata ma penso che la presenza a Roma, come in molte altre città del mondo, sia stata importantissima non solo per ribadire la nostra opposizione alla strategia di guerra infinita, ma anche per segnare e mettere in evidenza la crescita di un movimento mondiale che sulla costruzione del NO alla guerra ha rafforzato la propria consapevolezza del concetto di pace e, per questo, è in grado di chiedere pace e giustizia anche al di là delle scadenze e delle contingenze create da Bush, Blair e compagnia.
Credo però che, davanti all’arroganza e alla prepotenza con cui la superpotenza avanza e distrugge, siamo obbligati a domandarci come riuscire a contrastare questa avanzata. Tra parentesi, l’immagine proposta due mesi fa dal New York Times, il movimento per la pace come l’altra "superpotenza", è certamente suggestiva e forse era accettabile quando venne pubblicata, ma credo che ormai sia improponibile : mi sembra evidente che, ad oggi, al movimento manca per l’appunto una caratteristica essenziale per una superpotenza : la capacità e gli strumenti per imporsi.

Anche per questo credo che sia veramente il momento di affrontare una discussione sulla disobbedienza civile come pratica diffusa per bloccare gli ingranaggi del potere e per la costruzione di un altro mondo possibile. D’altra parte, dobbiamo anche renderci conto dei passi in avanti che sono stati fatti su questo versante. Le azioni di disobbedienza realizzate contro la guerra in Iraq, prima fra tutte il "trainstopping", il blocco dei treni militari, hanno contribuito enormemente a far maturare il livello di consapevolezza sui concetti di legalità / illegalità, preparando il terreno per una discussione che, per toni e diffusione, sarebbe stata impensabile solo pochi mesi fa. Quindi, nonostante il fallimento dell’obiettivo più alto (fermare la guerra), il "trainstopping" ha costituito un’esperienza che ha prodotto risultati importantissimi. Ma questo, secondo me, è avvenuto perché presentava delle caratteristiche ben precise : un obiettivo politico chiaro (fermare la guerra e non accettare un ruolo di
semplice testimonianza) ; un obiettivo strategico chiaro (i treni che trasportavano armamenti), che ha permesso il crearsi di una rete estesa di raccolta e diffusione di
informazioni, di partecipazione e di azione ; la ripetibilità e la praticabilità diffusa dell’azione.

Proprio perché credo che questi siano stati i punti di forza del "trainstopping", non penso che bruciare qualche bancomat possa portare a risultati politici paragonabili a quelli ottenuti bloccando i treni. La chiarezza dell’obiettivo politico si perde in una strategia debole e inefficace. Se l’obiettivo strategico è una protesta simbolica contro le banche che possa evidenziare il loro ruolo nel finanziamento bellico, capisco le uova, le scritte, ma trovo solo escludente l’incendio di alcuni bancomat. Se l’obiettivo è bloccare uno strumento che alimenta la guerra infinita, certo le uova sono poca cosa, ma dar fuoco a una decina di bancomat è altrettanto inutile.

Cosa fare quindi ? Certo non è facile dirlo in poche righe, ma credo che si debba ovviamente continuare la campagna di informazione, estendendola il più possibile e pensare, per quanto riguarda le forme di azione diretta, a riproporre in forme e modi diversi la "formula" del "trainstopping" : un sanzionamento che mandi un messaggio chiaro e che possa utilizzare forme e modi riproponibili in momenti e luoghi diversi e che soprattutto non si limiti all’azione dimostrativa di pochi, ma possa essere assunta come un’azione collettiva e condivisa.

Un abbraccio a tutti/e

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