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2 Giugno: LA REPUBBLICA NON E’ IN ARMI
Publie le giovedì 1 giugno 2006 par Open-Publishing4 commenti
La Repubblica non è in armi, è l’articolo di oggi su Liberazione dell’on. Elettra Deiana.
Potrebbe essere utile da quì, riassumere tutti gli appuntamenti e le iniziative di domani a Roma e nel resto d’Italia e gli eventuali commenti che dovessero emergere.
Grazie a tutt*
Doriana
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Il 2 giugno di questanno ricorre il 60° anniversario della proclamazione
delle Repubblica italiana. Sarebbe stata dunque unoccasione importante non
per generici festeggiamenti ma per iniziative che a tutti i livelli e in
tutti i luoghi pubblici si ponessero un duplice obiettivo: da una parte di
valorizzare le ragioni di fondo che resero possibile la nascita della
Repubblica, dallaltra di connettere quella nascita con lo straordinario
percorso sociale e politico-istituzionale che portò allelaborazione della
Costituzione del 48. Le due cose stanno strettamente insieme: da sempre ma
mai come in queste settimane, quando incombe la necessità di una forte
battaglia nel Paese per bloccare con il no referendario la pessima
controriforma costituzionale voluta dalla Casa delle Libertà. E quando è
necessario, come io penso sia necessario, mettere in luce e difendere il
grande tratto di modernità che segna la nostra Costituzione, contro i
ricorrenti tentativi messi in atto da più parti e non soltanto dal
centro-destra - per stravolgerne limpianto.
Il dibattito pubblico, invece, sembra avere dimenticato sia limportanza
dellanniversario i 60 anni della Repubblica, appunto - sia la posta in
gioco il referendum del 25 giugno, appunto - e si è sempre più
avviluppato intorno allunica questione della sfilata militare ai Fori
imperiali, in termini che rischiano di ridurre la questione soltanto a una
querelle tra i patriottici amici delle Forze armate e i settori più
radicali del popolo pacifista.
Bisogna ovviamente insistere affinché la sfilata del 2 giugno sia
cancellata dallagenda delle cerimonie pubbliche del Paese e bisognerà
continuare a insistere per il futuro, perché intanto, questanno, la
sfilata si svolgerà purtroppo come da calendario previsto.
Ma un punto dovrebbe essere intanto chiarito: le ragioni per chiedere la
cancellazione della sfilata, prima ancora che essere quelle sacrosante
dellantimilitarismo e del pacifismo, sono ragioni generali, di natura
strettamente repubblicana, iscritte nelle radici storiche della Repubblica
e confermate dal carattere complessivo della Carta costituzionale.
Riguardano o dovrebbero riguardare quindi tutti e tutte, toccare tutti gli
aspetti essenziali della vita pubblica.
Nellidea di festeggiare la Repubblica facendo sfilare le Forze armate e i
più sofisticati strumenti della moderna tecnologia militare, come è
avvenuto negli ultimi anni, cè invece una negativa riduzione delle cose a
un unico aspetto, che diventa non soltanto preponderante ma quanto mai
improprio e negativo oggi, di fronte alle trasformazioni quasi sempre
perniciose - che il concetto di difesa ha subito negli ultimi quindici anni
e alle continue violazioni condotte contro larticolo 11 della
Costituzione, che della Repubblica italiana dovrebbe invece rappresentare
un inaggirabile marchio di fabbrica.
LItalia non è una repubblica in armi, come quella scaturita dalla
Rivoluzione francese, quando il diritto di cittadinanza si incarnò
storicamente in quegli uomini in armi, bianchi, proprietari e per questo
liberi, che animarono il trapasso dallAncien régime alla modernità. Le
armi della Resistenza ne accompagnano il percorso, ma non ne fondano
lidentità. Bisogna lavorare a cancellare culturalmente ogni suggestione di
questo genere, partendo dalla consapevolezza che la Repubblica italiana è
davvero unaltra cosa rispetto a quella tradizione storica e che difenderla
significa oggi portarne innanzitutto alla luce la trama di fondo,
democratica, libertaria e pacifista, i valori e i principi di civiltà che
rendono la nostra Costituzione lo strumento più efficace per una convivenza
civile degna di questo nome in Italia e nel mondo.
La Repubblica fu conquistata dal popolo italiano attraverso lesercizio
democratico del voto per la prima volta il voto fu veramente universale
comprendendo anche le donne e dopo aver subito, sotto il regime
monarchico, venti anni di dittatura fascista, loccupazione nazista del
Paese, una serie di guerre coloniali la cui verità in termini di eccidi,
violenze, responsabilità aspetta ancora di essere interamente sviscerata
due guerre mondiali. E nacque da uno straordinario moto di popolo che seppe
tenere insieme resistenza militare e forte partecipazione civile, pratiche
di strenua opposizione sul campo alloccupazione e percorsi di intenso
lavoro intellettuale, per ideare e costruire ledificio della convivenza
sociale. Non a caso il voto popolare che portò alla proclamazione della
Repubblica fu contemporaneo allavvio dei lavori dellAssemblea
costituente, che nel 1948 approvò la Carta costituzionale, ispirata ai
principi delluguaglianza, della libertà, della democrazia e della pace.
Per questo la ricorrenza del 2 giugno non deve essere confusa con la festa
delle Forze armate, che ricorre il 4 novembre ed ha una sua legittima
specificità istituzionale. La Repubblica deve essere festeggiata in pace,
con solennità istituzionale e soprattutto festosità popolare; bisogna
parlare quel giorno il linguaggio della pace, della convivenza, della
solidarietà, della democrazia. E bisogna sottrarre la Repubblica a tutti i
nefasti ossimori della contemporaneità, a cominciare da quello della
guerra umanitaria che così malamente ha deturpato la nostra storia
repubblicana.
_Elettra Deiana
Messaggi
1. > 2 Giugno: LA REPUBBLICA NON E’ IN ARMI, 1 giugno 2006, 16:18
by fischiailventodellapace@hotmail.com Thursday, Jun. 01, 2006 at 11:59 AM mail:
Nuovo appuntamento: ore 10.30 in piazza Maggiore, lato archiginnasio.
L’audio della conferenza stampa di oggi è disponibile qui:
http://italy.indymedia.org/news/2006/05/1082872.php
In coda la lista aggiornata delle adesioni
FISCHIA IL VENTO DELLA PACE
Torniamo in piazza, ma non per farci arruolare.
Venerdì 2 giugno una nuova parata militare celebrerà una festa della repubblica nella quale non ci riconosciamo: la repubblica delle forze armate.
Una celebrazione inutile reintrodotta in Italia contro lo spirito della ostituzione che di questa Repubblica dovrebbe essere ispirazione. La Costituzione nata dalla Resistenza e del ripudio della guerra.
Un celebrazione che riteniamo ancor più grave mentre l’esercito italiano è impegnato su diversi fronti di guerra.
Da quelli più sanguinosi in Iraq e Afghanistan, ad altri conflitti "dimenticati" che ci vedono, però, pienamente responsabili come in Kossovo.
Il prossimo 30 giugno parlamento deciderà se rifinanziarle, mentre le popolazioni in questi paesi lottano e respingono le forze occupanti.
Per questo crediamo che questa celebrazione sia grave e illeggittima e saremo in piazza per contestarla.
La contesteremo per denunciare l’inaccettabile militarizzazione della vita sociale ed economica del paese che passa anche da queste costose manifestazioni.
Manifestazioni che nel 2000 videro sfilare le truppe NATO che aggredirono i Balcani e negli ultimi due anni quelle italiane occupanti l’Iraq e l’Afghanistan.
Manifestazioni che lo stesso giorno, anche per questo, verranno contestate in molte altre città del paese da reti e movimenti per ribadire ancora una volta le ragioni del no alla guerra e del ritiro immediato ed unilaterale.
La contesteremo perché i nostri territori hanno dato un contributo importante a questo movimento negli anni passati, in termini di partecipazione e mobilitazione, mentre anche da questi territori è partito uno dei contigenti dell’esercito di occupazione: La Brigata Aereomobile "Friuli"
La contesteremo per riaffermare l’autonomia di questi movimenti e la loro capacità di prendere parola per denunciare la logica istituzionale che non contesta il merito, ma il metodo. Che pensa che ci possano essere guerre giuste o sbagliate a seconda di chi le fa e di come le fa.
Le contesteremo perché crediamo che sia questo il sentimento prevalente del paese e che il movimento No War deve, oggi più che mai, far sentire la propria voce.
RITIRO IMMEDIATO DELLE TRUPPE
NO AL RIFINANZIAMENTO DELLE MISSIONI DI GUERRA
*** ATTENZIONE NUOVO APPUNTAMENTO ***
VENERDI 2 GIUGNO
ALLE ORE 10.30
PIAZZA MAGGIORE - LATO ARCHIGINNASIO
BOLOGNA
*** ATTENZIONE NUOVO APPUNTAMENTO ***
INVITIAMO TUTTI A PORTARE LE PROPRIE ARMI DI CONTESTAZIONE DI MASSA
(PENTOLE, COPERCHI, FISCHETTI ECC)
Adesioni aggiornate: Circolo Anarchico Berneri, Circolo Iqbal Masih, Cobas Bologna, CUB Bologna, Crash, FGCI (federazione giovanile comunistiitaliani), PRC- Giovani Comuniste/i, TPO, Rete Universitaria, Un ponte
per..., Vag61, XM24
Per aderire: fischiailventodellapace@hotmail.com
2. > 2 Giugno: LA REPUBBLICA NON E’ IN ARMI, 1 giugno 2006, 16:22
ROMA - In apertura le missioni internazionali, i reparti impegnati in Iraq e in Afghanistan a cui, soprattutto, è dedicato il titolo scelto per la parata: "W l’Italia". In chiusura le Frecce Tricolori, il carosello aereo sopra l’Altare della pace, lo spettacolo più bello.
Ridimensionata - ma non dimezzata come era stato detto - un po’ più breve - un taglio di circa mezz’ora - la parata militare deve fare i conti nella vigilia con le polemiche e gli imbarazzi nella sinistra radicale e pacifista che è al governo. E che domani sarà divisa.
Una parte, a cominciare dal presidente della Camera Fausto Bertinotti, sarà in prima fila nella tribuna autorità a rendere gli onori ai reparti in armi e anche civili. Un’altra parte sarà sul Lungotevere per la contro-parata, quella pacifista appunto, a cui parteciperanno anche pezzetti di governo come il sottosegretario all’Economia e alle Finanze il verde Paolo Cento che promette "l’abolizione della parata nel 2007". Imbarazzato di andare alla contro-parata? "Lo sarei se dopo tanti anni di militanza pacifista non andassi alla marcia no-war che chiede il ritiro subito delle truppe dai teatri di guerra" ha spiegato qualche giorno fa. Alla marcia organizzata dal cartello "Sbilanciamoci" ci saranno le sigle pacifiste, dall’Arci ai Social forum, da Emergency alla Tavola della pace, Fiom e Cobas. I partiti come Rifondazione con il capogruppo al Senato Giovanni Russo Spena seguito da un plotoncino di parlamentari, i Comunisti italiani con l’onorevole Marco Rizzo, i Verdi e il correntone ds.
Volti della maggioranza che non condividono le scelte dei colleghi di partito al governo. Prima di tutto il modo "sbagliato" di celebrare il 2 giugno: "Con tutto il rispetto per le forze armate - si chiede Elettra Deiana (Rc) - perché dobbiamo festeggiare la festa della Repubblica con una marcia militare?". Rizzo denuncia "la mancanza di coerenza in chi, come Bertinotti, si è sempre battuto contro la guerra e contro la presenza dei militari italiani in Iraq e domani festeggia la Repubblica in una sfilata che cancella l’articolo 11 della Costituzione". Ma Bertinotti domani avrà un dovere e ruolo istituzionale. "Sarò il presidente di tutti gli italiani" disse nel suo discorso di insediamento. E lunedì ha ricevuto a Montecitorio Gino Strada, don Ciotti e don Tano dall’Olio di Pax Christi, firmatari di un appello per il ritiro delle truppe.
C’è anche la sinistra della "terza via", quella che, sempre in prima fila tra il popolo arcobaleno, questa volta è assente da tutto in nome di "precedenti impegni": i ministri Giovanna Melandri e Alfonso Pecoraro Scanio, il segretario del Pdci Oliviero Diliberto impegnato a Cagliari nella campagna elettorale. Anche un pacifista duro e puro del correntone ds come Famiano Crucianelli, ora sottosegretario agli Esteri, ha altri impegni. Idem per Alfonso Gianni (Rc), sottosegretario allo Sviluppo Economico. Rifondazione chiede alla provincia di Roma di boicottare la parata e "non inviare gli uomini della polizia provinciale".
Quirinale e il ministro della Difesa Arturo Parisi hanno fatto un visibile sforzo per rendere meno "marziale" e più civile. Lo dimostra anche la scelta del titolo: "W l’Italia". Per sottolineare, si spiega a palazzo Baracchini "il legame indiscutibile tra la Repubblica, le sue forze armate e gli italiani".
(1 giugno 2006)
3. Da Grandenud, 1 giugno 2006, 22:07
APPELLO A TUTTA LA CITTADINANZA BARESE
Disertiamo la parata militare !
Difendiamo la Costituzione !
Uniamoci alla
PASSEGGIATA DELLA PACE
domani 2 giugno ore 10 foto ricordo davanti l’ex Albergo delle Nazioni
invitiamo i cittadini baresi a passeggiare sul Lungomare di Bari mostrando i
colori dell’Arcobaleno quale simbolo di PACE.
Non mancare e Passa Parola.
Comitato Cittadino
Contro Tutte le Guerre
Comune di Bari
Infotel: Walter 340/0028857, Nicola 347/0506989, Donato 335/1275607
4. > 2 Giugno: LA REPUBBLICA NON E’ IN ARMI, 1 giugno 2006, 23:06
2 giugno: festa della Repubblica, festa delle forze armate
by da www.anarcotico.net Thursday, Jun. 01, 2006 at 6:52 PM mail:
2 giugno: festa della Repubblica, festa delle forze armate
Antimilitarismo
Nelle principali città di Italia sfila l’esercito e tutto il suo arredo di divise, gradi, gerarchia e autoritarismo. Sfilano mitragliatori e carri armati, camionette e carabinieri, capelli ben rasati, stellette e bersaglieri, tutto condito da tricolori e inno nazionale. La retorica patria che da sempre fa quotidianamente il suo lavoro di imbarbarimento del pensiero è oggi ancora più subdola. La guerra non è più solo guerra, ma si vorrebbe che assumesse qualche aggettivo: umanitaria, preventiva o che cambiasse proprio nome. La guerra così diventa missione di pace, di peacekeeping o addirittura di ricostruzione. Le truppe occupanti diventano cooperanti e così via. Il potere maschera, nasconde, manipola la realtà e usa le parole a proprio piacimento: terrorista chi resiste, democratico chi occupa. La guerre in Irak e in Afghanistan rappresentano e simboleggiano le guerre nel mondo. Vengono tenute nascoste, ma le poche notizie che passano sono segno evidente di una violenza degli occupanti senza precedenti a cui la resistenza non può che opporre a sua volta violenza.
29 maggio, Kabul, scene trasmesse dalla BBC: automezzi militari USA provocano un incidente stradale uccidendo alcuni civili; la gente scende in strada comincia ad insultare le truppe, vola qualche sasso: i militari sparano sulla folla disarmata e fanno decine di morti. Questa è la guerra, ogni tanto non riescono proprio a nasconderlo. L’esercito italiano è dentro a tutto ciò, in Irak come in Afghanistan; l’esercito italiano, al pari di tutti gli occupanti, spara, uccide, terrorizza. Questa è la realtà: a meno che non si voglia credere ancora agli “italiani brava gente”…
La guerra è la storia di tre ragazzi pakistani che vivono a Londra. Nell’ottobre 2001 decidono di tornare in Pakistan, uno di questi si deve sposare: arrivati a Kandahar in anticipo, decidono di visitare l’Afganistan: il paese è sotto i bombardamenti, ci sarà bisogno di aiuto si dicono. Dopo pochi giorni che sono a Kabul vengono arrestati, ammassati su un camion e deportati in Pakistan: i pochi sopravvissuti al viaggio vengono consegnati dalle autorità pakistane agli americani, salgono su un aereo e finiscono a Guantanamo. Vengono liberati nel 2005 dopo più di tre anni di prigionia incatenati dentro una gabbia metallica, dopo essere stati sottoposti alle torture più inumane: ma non avevano niente da rivelare, né su Al Queda, né su Bin Laden. A 20 anni avevano deciso di fare un viaggio, ma hanno avuto la sfortuna di incontrare i “democratici” (Questa storia vera è documentata nel film The road to Guantanamo di M. Winterbottom, UK, 2006).
La guerra, è anche Guantanamo (dove si sta svolgendo uno sciopero della fame in questi giorni) e le tante Guantanamo sparse per il mondo. L’Italia partecipa a tutto ciò: al pari degli USA è occupante nei teatri di guerra; come gli USA rinchiudono persone colpevoli di essere pakistani a Guantanamo, così L’Italia rinchiude i migranti nei CPT. Nella guerra mondiale oggi in campo l’Italia vuole essere in prima linea, i morti che provoca, i prigionieri che fa ne sono i segni più evidenti.
Noi non vogliano vivere nella realtà della guerra permanente, non vogliamo nessun finanziamento alle spese militari, non vogliamo parate militari, carri armati, generali, caserme, prigioni né CPT. Vogliamo il ritiro delle truppe da tutti i luoghi di occupazione, lo smantellamento dell’esercito e di tutti gli eserciti. Non siamo pacifisti: sappiamo che fino a che ci sarà un esercito ci sarà una guerra. Siamo antimilitaristi perché di divise non ne vorremmo più vedere.