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9 ottobre2005.Si torna in piazza finalmente

Publie le martedì 4 ottobre 2005 par Open-Publishing

9 ottobre 2005. Si torna in piazza finalmente

Almeno questo ci è rimasto grazie al cielo, domenica 9 ottobre si torna tutti in piazza. Il popolo bue sarà pure in grado di digerire prezzi più alti e incontrollati, tasse che crescono e servizi che scendono, tutele sul lavoro, sulla salute e sulla informazione vaporizzate dal regime furbesco e incompetente.
Accettiamo tutto, perfino che il premier ci parli di sacrifici dopo aver accontentato Previti, seminato condoni per furbi in giro per il paese, diminuito le tasse ai ricchi, mandato soldati in guerra in Irak malgrado la Costituzione lo proibisse, infine garantito se stesso e i suoi sodali con leggi e leggine su misura.
Da quasi cinque anni ci stanno raccontando di non preoccuparci che tutto va bene, e che quel che va male dipende di volta in volta dall’11 settembre, dal buco finanziario lasciato dal precedente governo comunista, dalla jella lanciata sempre dai rossi facinorosi, infine dal pessimismo ingiustificato pompato nel paese dai media di sinistra (???).

Caro Governo noi digeriamo tutto, anche quando dici di tornare al proporzionale faidatè per salvare la democrazia ma lasciaci protestare in piazza. E soprattutto, un po’ di decenza: lasciateci protestare in pace senza gridare subito allo scandalo, sarebbe come il bue che dice cornuto all’asino.
Siamo cittadini democratici e dunque consapevoli che è comunque in parlamento che si decidono le sorti del paese, ma ciò non toglie che il paese ha voglia e diritto di protestare quando vede deluse le sue attese.
In politica, checché ne dica Berlusconi con il suo “contratto con gli italiani” (il cui inventore Luigi Crespi guarda caso è finito in galera per bancarotta fraudolenta), in genere non si stipulano contratti né si accendono fidi fra eletti ed elettori, e chi vi ricorre sperando di farla franca è inesorabilmente destinato a scomparire dalla scena se disattende le promesse fatte ai cittadini.

E poi non siamo noi a dirlo che tutto va male, ma i numeri. Quelle cifre tanto care al premier, che fino a un paio di anni fa amava snocciolarle in tv per il volgo disegnando il paese del mulino bianco, oggi parlano di un’Italia appesantita dal debito, gravemente compromessa nel suo apparato produttivo, profondamente inquinata dalla corruzione, distrutta nella sua immagine internazionale.
Non siamo noi a collocarla agli ultimi posti delle graduatorie mondiali, bensì centri di studio stranieri, seri e al di sopra di qualsiasi ideologia.

Ebbene, se oggi stiamo a pezzi ci sarà lecito o no farlo presente per strada e in piazza, o si deve restare zitti e muti per non disturbare il manovratore fino alla fine della legislatura?
Non stiamo parlando di fare barricate, di preparare molotov, spranghe e passamontagna per l’assalto di palazzo Chigi.
Parliamo di protesta legittima, quella fatta con le bandiere e con la voce, con i cartelli e i canti.
E se non basterà quella di domenica prossima altre ce ne saranno, anche i sindacati cominciano a parlare di un nuovo sciopero generale, e non per fare un dispetto al premier, ma per consentire al paese di ritrovarsi fra cittadini delusi, emarginati e diseredati, esclusi dalle scelte.
L’Europa e il resto del mondo viaggiano nel terzo millennio, noi siamo tornati al medioevo delle leggi ad personam, manca solo lo ius primae noctis ed è fatta. Altro che nuovo miracolo italiano, altro che meno tasse e più lavoro per tutti, qui siamo alla canna del gas mentre il premier sorridente misura il benessere degli italiani attraverso il numero dei telefonini posseduti dai compagnucci di scuola del figlio.
Roba davvero da perizia psichiatrica, da persona mentalmente disturbata come si usa dire ultimamente dalle parti di palazzo Chigi.

La richiesta di tornare in piazza non è una sorpresa, era nell’aria da settimane, mesi. Tutti i forum online ne erano pieni, c’era una grande attesa che non poteva restare a lungo delusa. Per fortuna Prodi e l’Unione hanno capito, hanno percepito l’emergenza e si sono mossi in tempo. Così scenderemo in piazza anche prima delle elezioni primarie (e a proposito: per sapere come e dove votare cliccate qui ) e se le cose non cambieranno - e dubito che cambino senza cambiare governo - continueremo a farlo legittimamente e nel rispetto della legge fino alla fine di questa sciagurata legislatura.

Stiamo fomentando la rivoluzione?
No, stiamo esercitando il sacrosanto diritto al dissenso, e non vogliamo fornire a questo governo neppure il minimo alibi di una rappresentatività che non esiste più. Sarà l’intero paese a scendere in piazza domenica prossima, compresi i tantissimi elettori di Berlusconi traditi, turlupinati e derisi per cinque anni di seguito.
Padri e madri di famiglia scivolati nel disagio e nell’esclusione sociale mentre i pochi ma buoni d’accordo con il palazzo saccheggiavano l’Italia; giovani senza illusioni e senza avvenire, disoccupati e licenziati abbandonati a se stessi . Ci saremo tutti, e a testa alta malgrado i nostri problemi. Si torna il piazza finalmente, l’Italia s’è desta.
E stavolta sarà un’onda che neanche la tv riuscirà a spegnere

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