Home > A Parigi conferenza sull’Afghanistan
Il 12 giugno si è aperta a Parigi la conferenza sull’Afghanistan per fare il punto sulla situazione.
L’invasione USA cominciò nell’ottobre 2001.
Sono passati 6 anni e 9 mesi, ben quasi 7 anni, con una montagna di soldi spesi perversamente in morte, migliaia di morti innocenti e distruzioni senza fine che hanno straziato un popolo infelice e miserrimo e hanno contaminato uno dei paesi più poveri del mondo che ha la disgrazia di essere sulla rotta degli oleodotti per l’Europa.
Il solo Prodi è arrivato a spendere in armi 29,9 miliardi di euro, quanto 3 finanziarie, e per fortuna che doveva essere un politico tanto cattolico! Nessuno ha mai capito in cosa sia consistita la famosa ricostruzione americana o cosa abbia fatto di utile la decantata missione italiana e quanta democrazia e civilta’ abbia portata questa occupazione tanto lunga quanto fallimentare oltre ogni ragionevole dubbio.
Prodi rifiutò di ritirare le truppe italiane da questo martoriato paese e ora Berlusconi, per compiacere il peggiore presidente USA, un presidente sfiduciato e oltretutto a termine, ha rapidamente trasformato in una operazione di aggressione bellica senza nemmeno consultare il Parlamento, violando il divieto costituzionale alla guerra aggressiva e, si immagina, col consenso del Vaticano anche su questa efferatezza, visto che sono pappa e ciccia su tutto.
Il paese più ricco del mondo ha aggredito, invaso e depredato uno dei paesi più poveri del mondo portandovi l’urto tremendo di armi micidiali e modernissime e senza avere la meglio. Lo scacco è simile a quello iracheno, un fallimento che non riesce a giustificare in alcun modo l’enorme spreco di risorse, armi, vite umane, distruzione del territorio.
Possiamo anche fingere di ignorare il costo immenso, inutile e perverso di questa guerra, ma, anche restando alle sole spese militari desta stupore il dato comunicato ai media dalla Caritas: le spese militari in Afghanistan sono 14 volte più alte dell’intero aiuto occidentale concesso per lo sviluppo del Paese. Se davvero si volesse aiutare questi poveretti, diminuendo al contempo la carica eversiva del terrorismo afgano, basterebbe anche solo ritirare i militari.
Gli studi citati da Caritas international indicano che solo l’intervento militare USA qui costa ogni giorno 100 milioni di dollari mentre alla ricostruzione civile arrivano solo 7 milioni di dollari al giorno. Dice il presidente della Caritas, Peter Neher: «La lotta al terrorismo ha evidentemente reso cieca la comunità internazionale alle esigenze sociali dell’Afghanistan». ”Il 56% dei fondi investiti nella ricostruzione civile attraverso la distribuzione degli appalti tornano ai Paesi donatori.”
L’unico sistema che ha ampiamente goduto in questo fiume di denaro è stato quello dei produttori e venditori di armi, non certo l’Afghanistan o la democrazia o la ricostruzione.
I dati di un anno fa di Terzomondo dicevano:
“L’Afghanistan è fermo al 173° posto (su 178) nella classifica dello Sviluppo umano, l’aspettativa di vita è di 44,5 anni, la mortalità infantile tra le più alte al mondo, il 60% dei bambini è malnutrito. Meno di un terzo della popolazione ha l’acqua potabile e gli analfabeti sono il 70%.
Il reddito pro-capite è di 232 dollari l’anno, meno di mezzo euro al giorno. Si muore di violenza, quotidiana, costante, infinita.
L’enormità delle spese militari non lascia risorse per la ricostruzione e l’assistenza. Se il livello di spesa pro-capite è uno degli indicatori più significativi dell’aiuto internazionale, negli ultimi anni l’Afghanistan ha ricevuto molto meno aiuto per abitante degli altri paesi in dopoguerra: Timor Est (US$ 256), Bosnia (249), West Bank e Gaza (219). Nel 2003 l’Afghanistan ha ricevuto soltanto 67 dollari a persona. Mancano tutti gli indici di una vera ricostruzione: sicurezza, benessere, miglioramento dei servizi, abitazioni, cibo, scuole, vita normale.
Il Fondo di ricostruzione ha ricevuto in totale solo 1,4 miliardi di dollari, nonostante impegni 8 volte maggiori. Si pensi solo che in 4 anni la Bosnia con un decimo di popolazione ebbe 4 miliardi.
La massiccia occupazione militare non garantisce nemmeno l’ordine. Il livello di violenza, insicurezza e abuso dei diritti umani è insostenibile. G
li occupanti sono mal sopportati e visti solo come invasori.
I Talebani restano indisturbati e controllano gran parte del paese, l’oppio sotto gli americani ha raggiunto i suoi massimi storici, è una vera e propria valuta e permette un sistema di potere esteso e forte ai signori della guerra, per cui ne risulta un paese controllato dal crimine organizzato.
I rapporti dei militari con gli operatori umanitari civili è confuso e spesso sono solo di ostacolo. Associazioni, sindacati, imprese e ONG hanno contro tanto il potere tradizionale, con i signori della guerra che mantengono un dominio feudale, quanto le politiche dei donatori che privilegiano i grandi appaltatori internazionali. In soli 2 anni gli operatori umanitari uccisi sono stati 80.
Gli occupanti non accettano che la ricostruzione sia fatta dagli stessi afgani anche se questo sarebbe l’unico modo per far riprendere la distrutta economia del paese.
Dati da:
http://www.terzomondo.org/writings/writings/Gianni_Rufini_2007_La_pace_possibile.pdf
da
Masada 726