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A ROMA CHIUDE LA FESTA, HA VINTO IL CINEMA O IL BUSINESS ?

Publie le domenica 28 ottobre 2007 par Open-Publishing
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Col successo del film canadese ‘‘Juno’’ si chiude la seconda kermesse romana di cinema piaciuta naturalmente agli organizzatori, ai businessmen e women sempre più ingombrantemente ispiratori delle mostre, al popolo giovanile e pensionato che ha trascorso giorni davanti ai divi che scivolavano sul red carpet. Un po’ meno ai cinefili orfani d’un’idea forte e nuova di cinema che non fosse revival o deja vu. Le cifre offerte dagli organizzatori contano oltre mezzo milione di presenze intente a girulare, strusciare, brindare, fotografare o semplicemente guardare quel che accadeva fuori e non dentro le sale, dove hanno stazionato circa 100.000 persone – 40.000 i biglietti venduti, il resto sono stati accrediti e inviti -. Rapporto piuttosto squilibrato per una mostra cinematografica, che però nella sua impronta di Festa si relaziona, coltiva ed esalta comportamenti sempre più diffusi del moderno vivere. Come la partecipazione all’evento al di là di tutto, anche del motivo dell’evento stesso.

Atteggiamento già diffuso in altri momenti culturali quali la Notte Bianca, dove i numeri sono addirittura superiori per la gratuità degli spettacoli e tante presenze sono attratte appunto dalla Festa più che da ciò che essa offre. Sia chiaro, nessuna contestazione alle grandi affluenze e alla partecipazione di popolo, piuttosto un richiamo alla cura di quel che il cinema e lo spettacolo divulgano oltre i lustrini del divismo gonfiati a dismisura dalle Major. C’è stata comunque anche la partecipazione di tanti giovani che studiano il cinema, lo vivono nei vari ruoli e lo sognano nell’idea di strutturare e magari formalizzare un rapporto stabile che possa diventare occupazione in una società così precarizzata pure nel mondo dorato della celluloide. Ha richiesto attenzione verso quest’arte il documento presentato dai cosiddetti Centoautori (Piccioni, Virzì, Comencini, Morante e molti altri che vivono di cinema ormai da tempo) che reclamano un maggiore sostegno statale ”con le cifre elargite dallo Stato alla Fiat in questi decenni si sarebbero finanziati diecimila anni di cinema”. Notizia da brividi, chissà che ne penserà il loquace pluripresidente Montezemolo.

Si sono visti sprazzi di buon cinema, finalmente anche italiano. “Giorni e nuvole” innanzitutto, lo abbiamo immediatamente annunciato. Una storia che lancia gli strali contro le paure e l’ipocrisia oltreché contro un’economia che getta dall’altare alla polvere nello spazio d’un mattino. “Parole sante” lungometraggio sociale che punta l’obiettivo sui problemi della porta accanto, su quel che succede nel tuo quartiere a persone che ti abitano vicino e tu non te ne accorgi, immerso come sei nella droga della tivù commerciale. O dell’informazione disinformatrice. Fra i cantori d’una vita diversa fa piacere che sia stato premiato quell’inno alla libertà che è “Into the wild“ di Sean Penn, storia vera e drammatica senza lieto fine e con un messaggio controcorrente proprio nei confronti della vita omologata e calcolata. Accade solo agli idealisti? Forse. Ma finché ne vivrà qualcuno il messaggio nella bottiglia potrà giungere a destinazione e fare proseliti. Anche nelle kermesse del business.

Enrico Campofreda, 28 ottobre 2007

Messaggi

  • Lo stato del cinema italiano è ben rappresentato dalla carrellata di giovani attrici davati alle telecamere dei TG che si sentono tutte in dovere di rendere omaggio a Sofia Loren, e ad assicurare che guardano a lei come musa ispiratrice. Non è patetico?

    Il giorno in cui una giovane attrice (tanto più se di quelle belle) avrà il coraggio di dire "io gli piscio in testa a Sofia Loren, io voglio fare tutt’altro da quello che ha fatto lei", allora forse significa che è arrivata una nuova generazione, con nuove idee e la forza di realizzarle, e che è possibile un nuovo cinema italiano.

    Per adesso: Viva Quentin Tarantino!

    Gianluca