Home > A proposito di violenza
A proposito di violenza
Ultimamente si è cianciato molto a sproposito di violenza, per cui ho elaborato una riflessione personale su un tema su cui vale sempre la pena di spendere qualche parola.
La violenza, intesa come comportamento individuale, ha senza dubbio un’origine più profonda e complessa, insita nella struttura sociale. Nelle realtà capitaliste, la violenza del singolo, la ribellione apparentemente senza causa, la follia, il vandalismo e il teppismo, la criminalità comune, la perversione di quei soggetti qualificati come “mostri”, sono sempre il frutto (marcio) di un’organizzazione sociale che ha bisogno di creare e alimentare odio e violenza, sono la manifestazione di un sistema che, per sua natura, genera divisioni e conflittualità, costringendo alla depravazione dell’animo umano che in tal modo viene intimamente condizionato dall’ambiente esterno.
Dunque, la violenza non è una questione di malvagità individuale, ma un problema di ordine sociale, è la facciata esteriore dietro cui si ripara la violenza organizzata delle istituzioni, è lo strato superficiale e fenomenico sotto cui giace e s’incancrenisce la corruzione dell’ordine costituito. La visione che assegna alla “perfidia umana” la causa dei mali del mondo, è solo un’ingenua e volgare mistificazione. Il tema della violenza è talmente vasto e complesso da rivestire un ruolo centrale nella storia del genere umano.
La crisi e la decadenza del sistema capitalistico guerrafondaio, ormai in fase di decomposizione avanzata, hanno creato un meccanismo perverso da cui discende la necessità di una produzione su scala industriale della violenza, del delitto, del "mostro", che serve come facile e comodo capro espiatorio per giustificare la richiesta, da parte dell’opinione pubblica, di nuovi interventi armati, repressivi e coercitivi.
In tal modo trovano una precisa ragion d’essere i vari Saddam Hussein, Bin Laden ecc., i cosiddetti "criminali" che diventano uno spauracchio funzionale a una logica di riproduzione della violenza legalizzata, volta a perpetuare i rapporti di comando e subordinazione esistenti all’interno e all’esterno della società capitalistica.
Una violenza che scaturisce e si alimenta soprattutto attraverso l’opera di disinformazione e terrorismo psicologico esercitata dai mezzi di comunicazione di massa per mantenere l’opinione pubblica in uno stato di permanente tensione e pressione.
La violenza fa parte di una società che la disprezza e la demonizza quando a praticarla sono gli altri (in passato i Cinesi, i Vietnamiti, i Cubani, oggi gli arabi, gli islamici, i negri, i proletari, gli oppressi in genere), ma viene autorizzata in termini di diritto e potere istituzionale quando essa è opera del sistema stesso, in quanto intervento armato volto a mantenere l’ordine all’interno (in termini di repressione poliziesca) e all’esterno (in termini di guerre, come gendarmeria internazionale).
In tal senso la violenza viene disapprovata quando è opera d’altri. Si pensi alla rivolta di massa che alcuni anni fa esplose con furore nella banlieue parigina, espandendosi rapidamente ad altre periferie urbane della Francia. Sempre in Francia, tempo addietro abbiamo assistito alla nascita di un movimento di protesta giovanile che ha assunto proporzioni di massa, simili, benché non paragonabili all’esperienza storica del maggio 1968, nella misura in cui le cause e il contesto erano senza dubbio differenti.
Per comprendere tali fenomeni sociali così complessi e difficili, occorre rendersi conto di ciò che sono effettivamente diventate le aree metropolitane suburbane in Francia (ma il discorso vale anche altrove), cioè luoghi di ghettizzazione e alienazione di massa.
Per capire bisognerebbe calarsi nella realtà quotidiana dove il disagio sociale, il degrado urbano, la violenza di classe, la precarietà economica, la disperazione e l’emarginazione dei giovani (soprattutto extracomunitari) costituiscono il background materiale e ambientale che genera inevitabilmente esplosioni di rabbia e guerriglia urbana.
Invece, tali vicende sono bollate come atti di “teppismo”, “delinquenza” o addirittura “terrorismo”, secondo parametri razzisti e classisti tipici di una mentalità ipocrita e benpensante che da sempre appartiene alla borghesia. Tali vicende sono strettamente associate da un denominatore comune: la violenza, nella fattispecie la violenza istituzionalizzata e il monopolio di legalità imposto nella società.
Su tale argomento varrebbe la pena di spendere qualche parola per avviare un ragionamento storico, critico e politico il più possibile serio e rigoroso.
In effetti, è alquanto difficile determinare e concepire la violenza come un comportamento etologico ed istintivo, naturale ed immutabile, dell’essere umano, poiché è la natura stessa della società il vero principio che genera i criminali, i violenti in quanto singoli individui, che sono spesso i soggetti più vulnerabili sul piano emotivo, che finiscono per essere il "capro espiatorio" su cui si scaricano tutte le tensioni, le frustrazioni e le conflittualità latenti, insite nell’ordinamento sociale vigente.
Sin dalle origini l’uomo ha dovuto attrezzarsi per fronteggiare la violenza esercitata dall’ambiente esterno: il pericolo di aggressione da parte degli animali, le avversità atmosferiche, i disastri naturali, i bisogni fisiologici, la necessità di procreare, ecc. In seguito l’uomo è riuscito a compiere notevoli progressi tecnologici e materiali che lo hanno affrancato dal suo primitivo asservimento alla natura, rovesciando il rapporto originario tra l’uomo e l’ambiente. Oggi è soprattutto l’uomo che arreca violenza alla natura, ma la relazione rischia di invertirsi nuovamente, a scapito dell’uomo.
Durante la sua evoluzione culturale e materiale l’umanità ha creato e conosciuto varie esperienze di violenza: la guerra, la tirannia, l’ingiustizia, lo sfruttamento, la fatica per la sopravvivenza, il carcere, la repressione, la rivoluzione, fino alle forme più rozze quali il teppismo, la prepotenza, la sopraffazione del singolo su un altro singolo.
Tuttavia, tali fenomeni così disparati si possono ricondurre a un’unica matrice causale, ossia la natura intrinsecamente violenta e disumana della struttura materiale su cui si erge l’organizzazione sociale dei rapporti umani nel loro divenire storico. La cui principale forza motrice risiede nella violenza della lotta di classe, nello scontro tra diverse forze economiche e sociali per il controllo e il dominio sulla società.
Tale lotta di classe si estrinseca sia sul terreno materiale, sia sul versante teorico e culturale, è una lotta per la conquista del potere politico ed economico, ma anche per l’affermazione di un’egemonia ideologica e intellettuale all’interno della società.
Il problema fondamentale della violenza nella storia (che è scisso dal tema della violenza nel mondo pre-istorico) è costituito dall’ingiustizia e dalla violenza insite nel cuore delle società classiste. Le quali si fondano sulla divisione dei ruoli sociali e sullo sfruttamento materiale esercitato da una classe dominante sul resto della società.
Solo quando lo sviluppo delle capacità produttive e tecnologiche della società avrà raggiunto un livello tale da permettere il superamento delle ragioni che finora hanno giustificato e determinato lo sfruttamento del lavoro, l’umanità potrà compiere il grande balzo rivoluzionario che consisterà in un processo di liberazione dalla violenza dell’ingiustizia e dello sfruttamento di classe. E’ un dato di fatto che tali condizioni, connesse al progresso tecnico scientifico e alla produzione delle ricchezze sociali, siano già presenti nella realtà oggettiva, ma sono mistificate e negate dal persistere di un quadro obsoleto di rapporti di supremazia e sottomissione tra le classi sociali.
In tal senso, il potere borghese non è mutato, i suoi rapporti all’interno e all’esterno sono sempre improntati e riconducibili alla violenza. Esso continua a reggersi sulla violenza, in particolare sulla forza legalizzata di istituzioni repressive quali il carcere, la polizia, l’esercito. Nel contempo il potere borghese ha imparato ad usare altre forme di controllo sociale, più morbide e addirittura più efficaci, come la televisione. Oggi, infatti, molti stati capitalistici, avanzati sul versante tecnologico, sono gestiti e controllati non solo attraverso i sistemi tradizionali della violenza legalizzata, cioè esercito e polizia, ma soprattutto ricorrendo agli effetti di omologazione e alla forza alienante e persuasiva della televisione e dei mezzi di comunicazione di massa.
Naturalmente il discorso sulla violenza non può esaurirsi in un breve esame come questo, giacché si tratta di un tema talmente ampio, difficile e controverso, da meritare molto più spazio, più tempo, più studio e più ingegno di quanto possa fare il sottoscritto. Per quanto mi riguarda, ho cercato semplicemente di sollecitare una riflessione iniziale.
Lucio Garofalo
Messaggi
1. A proposito di violenza, 27 dicembre 2009, 15:14
cioé queste caratteristiche di violenza individuale non erano presenti in società non (o pre) capitalistiche? Mah. Mi sembra una tesi un po’ semplificatoria.
1. A proposito di violenza, 27 dicembre 2009, 16:33, di Lucio
Non c’è dubbio che il problema della violenza sia sempre esistito in tutte le civiltà storiche ad ogni latitudine, nonché nella vita delle specie animali e naturali. Tuttavia, occorre discernere il tema della violenza nel mondo preistorico dai fenomeni della violenza e dello sfruttamento (dell’uomo sulla natura e dell’uomo sull’uomo) insiti nelle società classiste, a maggior ragione il distinguo vale rispetto alle realtà capitalistiche contemporanee. Infatti, mentre nei lunghi millenni della preistoria non erano centrali i rapporti di violenza, sfruttamento e sopraffazione tra l’uomo e il suo ambiente, in quanto prevaleva un modo di vivere tutto sommato in armonia con il mondo circostante e gli altri esseri viventi, compresi i membri della comunità tribale del villaggio primitivo, invece nelle società classiste, soprattutto nei sistemi capitalistici, i rapporti di sfruttamento ed oppressione sono addirittura ingigantiti nella misura in cui intervengono processi di alienazione, repressione e omologazione di massa...
2. A proposito di violenza, 27 dicembre 2009, 16:44
già pero pare quasi che la storia del mondo ia divisibile in civiltà preistoriche a cui succedono quelle capitaliste... in effetti un pochetto semplificatorio pare. Inoltre, la storia del mondo non coincide con la storia dell’Occidente... il mondo è stato un po’ più variegato...
3. A proposito di violenza, 27 dicembre 2009, 16:57, di Lucio
Infatti, la storia umana non coincide con la storia dell’occidente, per cui occorre tener presenti una molteplicità e complessità di aspetti e di elementi (economici, politici, culturali...) che operano nella dialettica della storia, ma nemmeno si può negare o dimenticare che il modello di sviluppo dall’occidente sia stato imposto su scala globale, portando all’estinzione (violenta) di tutte le altre culture...
4. A proposito di violenza, 27 dicembre 2009, 17:15
appunto! tra la preisotria ed il capitalismo... ne è passata di acqua sotto i ponti...
5. A proposito di violenza, 27 dicembre 2009, 18:08, di Lucio
Ma chi ha mai detto il contrario?
6. A proposito di violenza, 27 dicembre 2009, 19:23, di Lucio
Mi permetto di aggiungere un’ulteriore puntualizzazione (spero non schematica o riduttiva) rispetto all’argomento trattato, che inevitabilmente rischia di scadere in una semplificazione sommaria, vista la necessità di una sintesi.
In generale esiste una differenza sostanziale tra la violenza nel mondo primitivo e la violenza nelle società moderne. Anzitutto dal punto di vista politico. Il monopolio della violenza, nelle società moderne è appannaggio esclusivo dell’autorità statale. Invece, nelle società primitive, comprese alcune società pre-capitalistiche, domina ancora lo stato di natura in cui l’esercizio della violenza non è monopolizzato da un "Leviatano" inteso come forza superiore, mostruosa e spaventosa, che esercita un’azione coercitiva e frenante nei confronti degli istinti individuali.
E’ lo stato moderno che si arroga il diritto di reprimere la violenza e il delitto commessi dall’individuo in nome di una legalità o autorità superiore (non più sacra o religiosa, derivante da dio, ma laica e civile, scaturita cioè da un principio terreno) al fine di imporre e stabilire, tramite la forza, l’ordine sociale. Altrimenti il caos regna sovrano, questa è almeno la giustificazione più banale e comune: "Homo homini lupus".
Ma questo sistema presenta i suoi "effetti collaterali", che in realtà non rappresentano semplicemente il risultato di un processo di degenerazione e corruzione, bensì costituiscono l’essenza stessa dello stato moderno. Mi riferisco all’origine e alla natura classista, ingiusta e violenta, dello stato. Il quale esercita arbitrariamente la propria forza repressiva con il pretesto di ridurre e contenere la delinquenza e il crimine, ma in realtà perseguita e punisce solo le violenze commesse dagli oppressi e dagli sfruttati, mentre non impedisce, anzi difende e sancisce i delitti perpetrati dagli sfruttatori...
7. A proposito di violenza, 27 dicembre 2009, 20:18
io voglio solo sengalare che tra "mondo primitivo" e "società moderne", limitandoci al solo occidente... in mezzo c’è la storiagreca, quella romana... quella medievale... Tutto qua. Non si passa dall’uomo con la clava al capitalismo. Non è per polemizzare a tutti i costi è solo per dire che mancano svariati secoli tra primitivi e nascita del capitalismo che possimao anche indicare in europa attorno al XV secolo d.C.
8. A proposito di violenza, 27 dicembre 2009, 21:26, di Lucio
Ed io ribadisco che non ho mai pensato di azzerare tutti i secoli di storia (antica e medievale) che intercorrono tra l’età preistorica e l’avvento del capitalismo moderno. Dal canto tuo fai bene a ricordare i passaggi intermedi. Per quanto mi riguarda non ho mai pensato a cancellarli. L’equivoco originario discende (probabilmente) dalla sintesi che necessariamente ho compiuto nell’articolo. Sintesi che ti è parsa una semplificazione eccessiva. Almeno credo...
2. A proposito di violenza, 27 dicembre 2009, 22:00, di Nando
OTTIMA SINTESI DI LUCIO, INFATTI LA SOCIETA’ BORGHESE SI E SEMPRE SERVITA DELLO STATO E DELLE SUE LEGGI PER DIFENDERSI DAGLI SFRUTTATI E GLI OPPRESSI PER ARRICCHIRSI... E ADESSO PER COMPLETARE ’’L’OPERA’’ C’E’ LA TELEVISIONE PER ALIENARE E OMOLOGARE LE MASSE!!!
1. A proposito di violenza, 28 dicembre 2009, 10:09
ed anche internet serve per alienare le masse? ci stiamo alienando s questo sito?
2. A proposito di violenza, 28 dicembre 2009, 10:30, di Lucio
Mai scritto, né pensato, una cosa del genere. Non mi pare affatto che sia in corso di svolgimento una discussione alienante, anzi. Nè mi pare che un sito web quale Bellaciao si possa indicare tra i canali di alienazione, repressione e omologazione, al contrario...
Come tutti i mezzi di comunicazione, anche Internet, considerato in sé per sé, costituisce un semplice strumento tecnico e, in quanto tale, è per definizione neutro. Ma l’uso che se ne fa, assegna un valore politico e sociale, che può essere positivo o negativo, al mezzo stesso...
3. A proposito di violenza, 28 dicembre 2009, 10:52, di Buster Brown
temo che l’impostazione data alla tesi sia troppo consolatoria : eliminata la causa , si elimina la violenza .
ritengo invece che il problema sia più che complesso quasi irrisolvibile : la violenza di una persona è legata al suo essere , essere che si forma sia da cause esterne , che possono essere anche socioeconomiche , ma che si forma in modo inconoscibile all’interno di una personalità
La violenza del potere è legata al solo fatto che esiste il potere , qualunque esso sia ; ed allora l’analisi sulla vilenza diventa assolutamente complessa e sfumata , ricca di variabili : esiste la violenza proletaria? Esiste la violenza giusta ? O il concetto di violenza è storico: ciò che non era considerato come violenza cattiva un secolo fa ( le frustate allo studente negligente ) adesso appare insopportabile? La tortura ritenuta un esercizio corretto di indagine fino a tre secoli fa ed ora intollerabile?
4. A proposito di violenza, 28 dicembre 2009, 12:36, di Lucio
Le considerazioni e i rilievi introdotti da Buster Brown sono senza dubbio validi, ma mi permetto di obiettare rispetto all’argomentazione circa il carattere "consolatorio" della tesi sostenuta nell’articolo.
Nessuno può illudersi tanto ingenuamente di cancellare definitivamente e radicalmente ogni forma di violenza dalla realtà del mondo, che sin dai suoi primordi più remoti affonda le sue radici profonde nel caos e nella violenza.
Probabilmente ciò che sarebbe possbile (ma soprattutto necessario) eliminare, è la ragion d’essere della violenza insita nello sfruttamento del lavoro umano, inteso come ingiusta appropriazione privata delle ricchezze prodotte dal lavoro sociale. Una violenza storica che è all’origine delle società classiste.
In quale modo? A questo punto il discorso si rende più complesso e articolato, né mi pare questa la sede più adatta e opportuna per affrontare una simile discussione, che richiede spazio e strumenti adeguati.
Mi limito ad osservare che se in passato la schiavitù (che è stata abolita almeno sulla carta e sul piano del diritto internazionale) è stata accettata per molti secoli di storia come una istituzione sociale derivante da una situazione "normale" e "naturale", "inevitabile" ed "immutabile", oggi non è più recepita culturalmente come tale, credo che sia altrettanto lecito immaginare ed ipotizzare una società futura in cui non esistano rapporti sociali e materiali di forza e di violenza basati sullo sfruttamento del lavoro umano...
5. A proposito di violenza, 28 dicembre 2009, 14:00
certamente il capitalismo genera vioenza (è violenza)... ma a generare il capitalismo è stata la vioelnza che preesisteva ad esso. O è caduto dal cielo?
6. A proposito di violenza, 28 dicembre 2009, 14:08, di Lucio
Su questo punto concordo con te. La violenza dell’assolutismo monarchico e delle franchigie aristocratiche sono senza dubbio all’origine della violenza delle rivoluzioni borghesi che hanno abbattuto i vecchi regimi feudali...