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ABRUZZO, Un altro “piccolo” scandalo targato PD

Publie le martedì 9 settembre 2008 par Open-Publishing

ABRUZZO, Un altro “piccolo” scandalo targato PD

Maurizio Acerbo, Comitato politico nazionale Rifondazione Comunista

Non c’è solo l’enorme scandalo delle tangenti della sanità a screditare l’immagine del partito Democratico abruzzese. Da due anni a questa parte si moltiplicano le inchieste che toccano esponenti di punta del partito Democratico. Quasi sempre riguardano questioni sulle quali Rifondazione Comunista ha dato battaglia. Troppo spesso l’impegno per l’ambiente, la trasparenza amministrativa, la qualità dei servizi pubblici finisce con l’impattare con l’intreccio affari - politica o con il malcostume clientelare. Uno dei terreni di scontro più acceso da anni è quello della gestione del servizio idrico integrato. Rifondazione Comunista, insieme al Wwf e all’Abruzzo Social Forum, da anni si batte per una gestione pubblica, trasparente e partecipata di un bene comune essenziale come l’acqua.

Non ci siamo mai limitati alla battaglia contro i ricorrenti tentativi di privatizzazione. Insieme ai movimenti ci siamo costantemente scontrati con quello che in Abruzzo è ormai noto come “partito dell’acqua”, cioè il gruppo di potere targato partito Democratico che da anni occupa l’Ente d’Ambito di Pescara - Chieti e l’Aca spa (gestore unico). In questi giorni l’allegra e ben pagata comitiva ha collezionato l’ennesima medaglia con la relazione che il comandante del Corpo Forestale di Pescara Guido Conti ha inviato alla Procura della Corte dei Conti individuando 14 responsabili ai quali si addebita un danno erariale di circa 25 milioni di euro relativi alla costruzione di un impianto di potabilizzazione che non è mai entrato in funzione.

La nota dolente è che si è proceduto all’aggiudicazione dell’appalto e alla costruzione dell’impianto senza premurarsi precedentemente di verificare se le acque del fiume Pescara potevano essere potabilizzate. L’impianto non è stato mai attivato perché le acque del fiume Pescara sono inquinatissime, circostanza nota a qualsiasi cittadino di buonsenso tanto che dal 2005 è stato nominato dal governo un Commissario straordinario proprio per fronteggiare l’emergenza ambientale. Incuranti dell’assenza della classificazione delle acque da parte del dipartimento sanità della Regione, l’Aca spa e l’Ato proseguirono con l’appalto e il collaudo dell’opera fu realizzato senza l’uso dell’acqua del fiume Pescara. Nel 2004, finiti i lavori, gli esami chimico-fisici richiesti dalla Asl alla Agenzia Regionale per l’ambiente saqncirono l’impossibilità di attivare l’impianto per la quantità di sostanze pericolose presenti ben oltre il limite massimo.

In una Regione ricchissima d’acqua per l’ennesima volta si è scelta una strada costosa invece di puntare su soluzioni di rapida realizzazione e molto più economiche. La vicenda risale agli anni in cui l’Acaera guidata dall’attuale assessore regionale del partito Democratico, Donato Di Matteo, non a caso risultato nelle elezioni regionali di quell’anno il più votato esponente dei Democratici di Sinistra, coinvolto insieme all’attuale presidente Catena e all’ex - presidente dell’Ato l’onorevole Giorgio D’Ambrosio anche nell’inchiesta sull’erogazione a centinaia di migliaia di cittadini di acqua inquinata da sostanze cancerogene scaturita dalle denunce di Rifondazione comunista e Wwf. D’Ambrosio e Catena sono inoltre anche indagati per la Fangopoli relativa all’appalto per la gestione del depuratore di Pescara. Emerge per l’ennesima volta la mancanza di trasparenza di Aca e Ato e le responsabilità dei sindaci Pd che avrebbero dovuto svolgere funzioni di vigilanza e controllo nonchè informare i consigli comunali.

Appare incredibile che il partito Democratico continui a mantenere in sella all’Aca vertici sempre più screditati per i quali circa un anno fa i consigli comunali di Pescara, Chieti e Montesilvano avevano richiesto a furor di popolo le dimissioni votando ordini del giorno proposti da Rifondazione Comunista. Il partito Democratico non intende rinunciare a quella che è un’autentica macchina di consenso clientelare, oltrechè un ufficio di collocamento per esponenti politici, familiari e galoppini. E’ per difendere “competenti” amministratori come questi che il partito Democratico per ora non risponde alla nostra richiesta di escludere dalle liste per le prossime elezioni regionali tutti gli indagati?