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ADDIO AL GIORNALISTA VALENTINO PARLATO
Publie le domenica 2 luglio 2006 par Open-Publishing2 commenti
di Carmelo R. Viola - Centro Studi Biologia Sociale
No, non è scomparso. Anzi, colgo l’occasione - in questa mia ultima comunicazione volontaria - di augurargli di campare quanto Noè e più... Si tratta di un addio - come si potrebbe dire oggi - mediatico, cioè limitatamente ai rapporti sociali, i qual, tuttavia, nel caso in questione, comprendono anche quelli umani.
Valentino Parlato, uno dei fondatori del “Manifesto”, e che recentemente ho ricordato in questa sede come “magna pars” di quel quotidiano, fu mio compagno (o collega) di scuola a Tripoli negli anni Quaranta.
Di compagni di scuola se ne possono avere tanti. Io, anche a causa della Seconda Guerra Mondiale, ne ho avuto diverse centinaia. Le prime tre classi elementari le frequentai presso due scuole private; la quarta e la quinta presso quella statale. Poi frequentai il primo ginnasio con una compagnia quasi totalmente diversa. Il secondo e terzo ginnasio lo frequentai a Tripoli (dove emigrerò nel 1941) tre anni dopo (a causa della guerra, appunto). Poi recuperai un anno - passando dal terzo al quinto e conoscendo un’altra squadra di quasi coetanei (il quasi indica la disparità dovuta sempre alla guerra). Poi passai al liceo scientifico e da qui ad un corso accelerato pubblico per il conseguimento dell’abilitazione magistrale.
Di tutte queste centinaia di compagni di scuola solo alcuni li ricordo con immagini mentali quasi nitide e con sentimenti di nostalgia. Uno mi è particolarmente caro per la signorilità, la generosità e il senso veramente fraterno dell’amicizia oltreché per un valore intellettuale acuto e profondo che, per eccesso di modestia, lo stesso non ha saputo far valere a dispetto anche delle mie esortazioni. Non ne faccio il nome ma l’interessato, leggendo questo messaggio, vi si ritroverà senz’altro.
Una radice diversa ha l’amicizia di Valentino Parlato, che ha qualche anno meno di me che, questo settembre di anni ne compirò 78. Cominciai ad occuparmi di problemi sociali in senso lato sin da prima dei quindici anni e qualche anno dopo ne parlavo diffusamente con Valentino. A differenza della maggior parte dei ragazzi che di solito parlano di ragazze e di circostanze attinenti, Valentino ed io facevamo frequenti e lunghe passeggiate discorrendo di “temi di adulti politicamente impegnati” essendo io in un certo senso il “proponente” e lui l’ascoltatore attento ma non convinto che di tanto in tanto mi faceva delle interlocuzioni critiche e intelligenti, segno che le mie parole non cadevano nel vuoto. Una vera attività “peripatetica”, come avrebbe detto Aristotile. Più giovane (come ho già detto) ed anche fisicamente più piccolo di me: queste due circostanze me lo facevano sentire più meritevole delle mie attenzioni intellettuali. Ci provavo piacere nello sforzo di convincerlo: lui apparteneva ad una famiglia che Marx avrebbe definito “piccolo-borghese”, mentre io, che ero un “antifascista in fieri” ma figlio di un contesto omogeneo, avevo fama di comunista (perché tale era l’antifascista nell’inconscio collettivo) tanto che un bel giorno la madre di Valentino mi pregò cortesemente di non “corrompere politicamente” il figlio. Preghiera che io ovviamente mi rifiutai di assecondare.
Nell’estate del 1948 (contavo già due anni di... carriera pubblicistica con plausi e lodi anche da parte del direttore, notoriamente fascista, del ”Corriere di Tripoli”, su cui scrivevo) agli esami del suddetto corso accelerato, il mio tema di pedagogia , pur privo di errori - come constaterò personalmente - sarà giudicato “sotto zero” (sic!), cioè con un volgare “voto politico” da parte di una commissione di fascisti presieduta da parte di un professore che era contemporaneamente anche presidente dell’Azione Cattolica. Io ero conosciuto anche come anticlericale e pertanto i membri giudicanti erano carichi di “bile repressa” nei miei riguardi. Reagì con una “lettera aperta” sul locale Corriere, il cui direttore paragonò il mio giovanile gesto a quello ben più coraggioso del famoso Emilio Zola, autore del “J’accuse” in difesa del perseguitato Dreyfus. Il che non poteva non inorgoglirmi. Ne seguirà una accesa polemica, che io narrerò ne “La Mia Guerra” (i miei primi otto anni di vita tripolina, intristiti anche dalla “guerra” dei miei genitori che non cesserà nemmeno con il divorzio).
Tripoli, che poteva leggere il solo già citato quotidiano, si divise in due: dalla mia parte stava tutta l’intellighenzia di sinistra, che comprendeva anche un tale notorio Eusebio Eusebione, mio estimatore (che mi aveva perfino elogiato sullo stesso quotidiano) vecchio ex docente di matematica in pensione, e che in quell’occasione invia una lettera di solidarietà. Un gruppo di trentasei studenti interviene con una nota di contestazione contro il detto Eusebione e di conseguente contrapposizione allo scrivente. I nomi di quel gruppo avversario non li conoscerò mai per l’ingenuità di non essere mai andato a leggerli, come era mio diritto, presso la redazione del quotidiano. Uno di quei nomi era proprio quello del compagno-amico-interlocutore Valentino Parlato, che me ne parlerà solo molti anni dopo. Intanto, quel tema di pedagogia - svolto con la imperdonabile sincerità di un giovane ribelle - segnerà tutta la mia vita.
Nella primavera dell’anno successivo (1949), quando già, per motivi esistenziali, avevo persi i contatti con Valentino, rientro per la prima volta in patria, dove permango per un certo tempo. Apprenderò che nel ’50 (se non ricordo male) Valentino Parlato con altri è stato rimpatriato dall’amministrazione britannica (Tripoli era stata occupata dagli Alleati il 23 gennaio del ’43) per avere organizzato un sindacato ritenuto “sovversivo” dagli occupanti. Pensai che le mie molte parole, spesso non condivise, erano lievitate dentro l’animo del mio caro Valentino, facendone risvegliare - e come! - la coscienza sociale. E ne fui contento.
Solo nel 1961 (ben tredici anni dopo la polemica scolastica), a Bari, lo stesso, in atto funzionario-attivista della sezione giovanile del PCI, sicuro che io sapessi del suo tradimento e constatando la mia felicità di averlo ritrovato, se ne scuserà ed io lo tratto come se il fatto non fosse avvenuto.
Lo rivedo anni dopo in via Tomacelli, direttore del “Manifesto”, durante la mia ventennale militanza anarchica, che non mi consentiva di chiedere ospitalità ad un quotidiano comunista per incompatibilità politica. Ma già ai primi anni Settanta sono perfettamente guarito dell’utopia-anarchia (l’anarchismo è un’altra cosa) e mi ritrovo nel vasto e variegato movimento comunista come agli esordi tripolini. Nel 1979, dal Pincio di Civitavecchia, annuncio la nascita della biologia sociale (una nuova filosofia della vita - una versione naturalistico-biologica della scienza sociale) e qualche anno dopo fondo il Centro Studi omonimo, (per la ricerca sociologica e la denuncia sociale), a nome del quale vado pubblicando dei Quaderni (per non dire libri) fuori commercio. Non mi iscrivo ad alcun partito politico - ovvero resto un “cane sciolto” - volendo essere anzitutto un “uomo di scienza” (nello specifico, sociale) e guardo al “Manifesto” con crescente simpatia. Valentino aveva il mio recapito postale e mi aspettavo che, non foss’altro per farsi perdonare il gesto di slealtà del ‘48, mi offrisse la possibilità di una qualche ospitalità. Ma questa è una battuta perché da tempo io sapevo il fatto mio e non per mia gratuita sufficienza. L’attesa offerta non arrivò mai. Valentino s’era già dimenticato di me, tenendo anche conto del fatto che un mio biglietto manoscritto, lasciatogli in sua assenza in occasione di una mia visita a Roma per motivi di salute (come detto nel biglietto stesso) non aveva avuto alcun riscontro.
Il Quaderno n.ro 19 del settembre del 2000, dedicato all’aggressione della Nato-Usa alla Serbia e al Kosovo, con la complicità del governo italiano, riproduce una testimonianza preziosa proprio dal Manifesto a cui spedìsco il Quaderno stesso (pagg. 184), chiedendone, ed aspettandomi, un’adeguata recensione. Finalmente un buon aggancio per fare breccia nel quotidiano di Parlato ed un’occasione legittima per questo per “onorare” il vecchio amico di gioventù. Niente di tutto questo. Un anonimo (?) mi fornì per email (siamo già al computer-internet) il nome di un addetto alla ricezione e catalogazione dei libri in arrivo e alla destinazione di alcuni di essi alla recensione. Feci un secondo invio ed attesi facendo frequenti telefonate per sapere... Dovevo avere la pazienza di attendere...Il doppio Quaderno non si trovava: chissà come e perché, appena entrato nell’area del Manifesto, si volatizzava... Feci una terza spedizione (inviavo almeno due copie per volta) e poi una quarta con pacco raccomandato avendo stavolta per interlocutrice una gentile compagna, di cui pure taccio il nome per ovvie ragioni. L’attesa per una recensione durò parecchi mesi con una sequela di telefonate per poi scoprire (grazie ad una visita di mio figlio) che non era stato fatto assolutamente nulla. Dunque, avevano menato il can per l’aia come se la mia aspettativa non fosse quella di una reciproca collaborazione per una causa comune!
Ricevo, con intimo piacere, una letterina dall’ineffabile Valentino, che mi chiede cosa possa fare per me per ovviare a una qualche omissione da parte del suo giornale. Rispedisco il libro, credo per la quinta volta, dentro un pacco che contiene un bel po’ di miei editi (libri ed articoli). Mi telefona e mi ringrazia appena riceve quanto detto ma dell’attesa recensione non saprò mai niente...
Durante la mia ormai sessantennale “carriera” ho scritto, occasionalmente o per un certo tempo (talora per molti anni) su oltre 130 testate, anche estere: avevo pensato di potere ritrovarmi, sia pure con una piccola rubrica dedicata alla “biologia sociale”, nel “Manifesto” per il piacere di legare il passato al presente, l’antico piccolo amico “ascoltatore, attento e critico” di gioventù con il giornalista professionale dell’età matura. Oltre tutto, tale rubrica, ma, oso dire, anche la mia sola firma, avrebbe certamente arricchito, sia pure di poco, il quotidiano di Valentino Parlato.
Qualcuno si chiederà del perché del mio accanimento, perché non abbia lasciato andare un amico certamente poco rispondente ai “canoni” dell’amicizia, e, insieme, il giornale (visto che ce ne sono tanti). Sì, è vero. Riconosco il mio “accanimento” ma io ho voluto provare fino in fondo il “valore affettivo” del mio interlocutore della lontana gioventù.
Così, finalmente, qualche anno fa, l’amico-traditore mi fornisce le condizioni di una possibile collaborazione: la lunghezza dei pezzi soprattutto, alla quale mi attengo senza nulla eccepire. Ma - guarda la jella! - il mio primo intervento va “smarrito” (sic) e tanto basta per non riparlare più nemmeno della ventilata spedizione del giornale online. In un suo ultimo msg il fatidico Valentino si dichiara manchevole di non poche cose ma non fa nulla per rimediarvi.
Ultimamente ho inserito il suo nome nella lista dei "desinatari preferiti" del centro Studi Biologia Sociale sperando in una qualche reazione: di critica, di consenso, di dissenso, di proposta e, perché no, nell’utilizzo, sia pure parziale di un qualche mio scritto sul Manifesto. Nessuno avrebbe potuto opporre un veto secco e irrevocabile a un fondatore del quotidiano. Tutti i pezzi, distribuiti in anteprima con questa lista, sono puntualmente ospitati, anche su più testate e quasi sempre ripresi da una miriade di siti (ne ho contati 23) che si occupano di loro iniziativa della mia produzione fino ad oggi da qualcuno definita “vulcanica”, ma in rapporto al “Manifesto” non è successo assolutamente nulla.
Per ultimo, a proposito della mia lettera-denuncia del comportamento paramafioso della cricca postale, ho richiamato l’attenzione di tutti i miei destinatari con particolare riferimento ad un soggetto, non nominato ma da me definito “magna pars del Manifesto”, certo che stavolta ci sarebbe stato un riscontro, data l’importanza della questione che interessa tutti al di là di ogni colore politico. Ma anche a questo proposito, il giornalista Valentino Parlato, mio (creduto) amico di gioventù, ha taciuto tenacemente.
Quest’”addio” è stato preceduto da due messaggi rimasti senza riscontro. Io perdonai subito alla persona in questione il tradimento “giovanile”: probabilmente costui non mi ha mai perdonato l’averlo io iniziato agli interessi sociali di sinistra mentre sarebbe rimasto (non saprei dirlo) con la voglia di dire ancora “viva il duce”, come gli era stato insegnato di fare sin dalle prime elementari. Forse per colpa mia venne rimpatriato d’autorità dall’oggi al domani come sovversivo e forse nemmeno questo mi ha perdonato. Io tuttavia non mi pento di averlo “convertito al socialismo”, il che in fondo gli è servito non a mettere a repentaglio la vita dietro una barricata ma a fare il funzionario (penso ben pagato) dietro un comodo tavolo e in un ambiente con l’aria condizionata. Io, al contrario di lui, sono rimasto proletario a tutti gli effetti, in un appartamento dozzinale acquistato con il mutuo regionale e senza altra fonte che la mia modesta pensione.
Sento delle difficoltà economiche del Manifesto e sinceramente mi chiedo che cosa possa meritare un giornale “comunista” che tratta così un combattente veterano : preso in giro per parecchi mesi per una recensione, di proprio interesse, che non arrivò mai.
Il giornalista Valentino Parlato, che con questo ultimo msg esce dalla mia lista, lo rivedrò... nella “casa del Signore”, dove tutti, sopravvissuti morituri, siamo destinati. Mentre “ruit hora”, ricordi e sentimenti fanno ressa e producono quella grande confusione che precede il silenzio del nulla. Quest’”addio” (che è un commiato ad un pezzo della mia storia affettiva) è forse l’ultimo atto di... vera amicizia verso Valentino Parlato, ma io voglio pensare all’archiviazione di una pratica burocratica in che in realtà si risolve ogni esistenza. Al giornalista Valentino Parlato auguro buona salute e lunga vita.
Messaggi
1. ADDIO AL GIORNALISTA VALENTINO PARLATO, 26 settembre 2009, 17:54, di tato
Caro Viola Valentino nasconde delle conoscenza proprie delle scienze sociali e psicologiche credo che non si interessi solo di storia ed economia.Anche io lo conobbi ma non a fondo.E uomo serissimo e tragico che nasconde da pensatore apollineo il narciosismo del teorico.I suoi scritti credo siano geniali caro Viola la invidio un pò.Valentino è uomo asciutto che chiede agli specialisti in economia ed altro, per modestie quando lui la sà più lunga di altri.In politica si sono preferiti gli uomini con il carisma e pare che solo in tarda età ci si sia accorti del fascino di Valentino.Dire che sia il più grande coerente intelligente comunista è dire il vero.Io non amo Valentino ma è tra le persone che stimo di più in assoluto, uomo che vale moltissimo.Non è un indifferente è uno scettico non è un ambizioso e sacrifica il suo genio immenso e multiforme, per un rango ben inferiore alle sue capacità.Non capisce i geni proteiformi e creativi non mi capì e non mi apprezzo.Uomo serisimo Valentino tiene con dignità infinita per noi delle posizioni più a sinistra del PCI ma non avventuristiche.Non posso negare la mia simpatia per lei Viola, ma Valentino rispetto e noi mi creda ha dei nemici terribili che da anni aspettano di farlo cadere.Quella nave di folli che è il Manifesto è fatta da persone colte e borghesi troppo borghesi Valentino li è l’unico comunista con un idea della scienza severa che non dice.I suoi scritti saranno stati letti gli uomini di potere e lo è anche Valentino, per il bene e per la razionalità morale, accusano fastidio per il suo genio, tuttavia assimilano ed al momento opportuno riconosceranno il suo contributo.La invidio per la sua giovinezza, l’intelligenza di Valentino è pari alla sua prudenza eccessiva, ma in compenso odia la violenza in ogni forma.Le confesso che io non darei degli stronzi a quelli delle brigate rosse, fin troppo colpevolizzati e non sempre colpevoli.Dell’area della rivoluzione dei padri nobili del sessantotto non citano Valentino non ne soffre certo ma in compenso è più intelligente e nobile di loro.Viola io gradirei leggere i suoi scritti ma sono un disoccupato con un piccolo titoli di studio.Anche io vorrei vedere i miei compagni di scuola, la capisco.Quello che non voglio è vedere Valentino perchè è una prepotenza vive assediato, falò delle vanità.In questi anni compro ancora il Manifesto ma è un giornale troppo moderato, troppo scritto da salotti culturali, confesso lo compro per leggere il mio eroe Valentino.L’intelligenza scettica il pessimismo illuministico di Valentino guarda a processi molto lunghi la storia non sai a chi da ragione tra scienza e fede da vero marxista Valentino aderisce alla scienza e sà di avere ragione.Non si da arie non gli danno fastidio i giudizi delle persone ma chiede di rendere conto razionalmente.Per me Valentino è il mio leader poi leggo e si dice che è un giornalista.Categoria che odio e di cui non ambisco a far parte.Viola io sono un pazzo come lei amo le teorie di ogni tipo.Valentino le archivia e verifica scientificamente credo che abbia letto i suoi scritti forse era presto per pronunciarsi.Morto Valentino il Manifesto è molto poco, tutto andrà in rete.Lei avrà sempre avuto il privilegio di conoscere un uomo unico Valentino un comunista.
2. ADDIO AL GIORNALISTA VALENTINO PARLATO, 29 ottobre 2009, 12:24, di tato ora sà
Ai giovani leggete il manifesto di Marx ed Engels è un libro attuale, importante.Il comunismo non è il socialismo dei fratelli Strasse, un nazional socialismo(nazismo).Che comunque avrebbe portato allo sterminio del popolo ebraico, allo sterminio degli zingari degli omosessuali, dei cosiddetti malati di mente ed avversari politici, quindi soprattutto di comunisti. Marx ed il suo compagno amico di lotta Engels scrivono alla fine del breve testo dei diversi tipi di socialismo da cui si distingue il comunismo.Il proletariato non ha dio non ha patria e non ha famiglia perché non può nemmeno formarsela la famiglia, costretto a vendersi nudo sul mercato in cambio di denaro.Proletari di tutto il mondo unitevi, non compatrioti. I fratelli Strasse vennero dopo, il 1948 è la bomba del comunismo contro la borghesia a creare la carogna nazista ottanta anni dopo.Hitler si alleo con il grande capitale ed è facile a dirsi il nazional socialismo ed i lugubri fatti che ne seguirono dalla sua nascita dalla data dell’uscita del Manifesto del 1948, sono la negazione del comunismo.La cosa di trucidare i barboni i poveri ed i derelitti tramite l’impiccagione ripugna a qualsiasi socialista autentico ed avveniva già prima della notte dei lunghi coltelli, non c’è un nazismo rosso.A coloro che si dicono socialisti nazionali e che dicono di essersi evoluti dalla destra, perché si definiscono sociali come dice Signorelli e parlano di globalizzazione e mondializzazione ricordiamo i nostri caduti uccisi da mani fasciste.Abbiamo letto Marx, Lenin, Gramsci, e non ci interessa il gioco degli eclettici che vogliono il filosofo fascista Gentile tra i padri del comunismo italiano, costoro sono nemici del comunismo sono sacche dell’impegno borghese atto a fornire un ideologia che impedisca l’organizzazione comunista, la sua strategia essi non sono ne revisionisti ne socialdemocraditi sono persone al soldo di qualcuno, nemmeno revisionisti, peggio.Il gruppo di Fanciullacci ha fatto giustizia, con eroismo, il comunismo non ha questi rapporti in Italia con il fascismo, teorico che invece ha sempre fatto il predone per infiltrarsi nei gruppi comunisti, Merlino, Delle Chiaie, per mandare avanti le sue idee irrazionali di odio razziale come prosegue il professor Viola che dietro studi che chiama sociobiologia si accosta in molti siti internet ad altri che inveiscono contro il popolo ebraico.Senza il coraggio di proseguire le proprie idee Viola parla di predonismo e si riferisce tristemente e criminalmente agli ebrei, scrive dove scrivono veri antisemiti, facenti capo al sedicente gruppo socialisti nazionali, la storia delirante di una precedente, formazione uscita dall’ordine nuovo di Rauti, tutta la storia di Signorelli è un esempio dei tentativi di strumentalizzazione fascista, non esiste un unione tra autonomia rossa ed autonomia nera, paradossalmente lo sostengono i sionisti oggi, lo sostiene chi accampa l’ideologia della morte delle ideologie, è vero invece che Signorelli è un Enzo Tortora minore perché lo stato ha usato metodi sommari per eliminare i suoi oppositori usando pentiti e leggi speciali per cui il sedicente ideologo Signorelli ha dovuto rispondere come diversamente il torturatore e globe trotter del colpo di stato Delle Chiaie, sono usciti dai processi indenni solo Concutelli ha pagato passando come Giusva Fioravanti per il delitto verso suoi ex camerati traditori e delatori, Sparti, ma non dimentichiamo tra questi i ladri come Fiore scappati a Londra con i soldi delle rapine fatte assieme e li agente dei servizi segreti.Non ci interessa cosa dicano tra di loro e come si accusino tra paganesimo e cattolicesimo. Non ci può essere unione tra comunisti e fascisti, il bolscevismo nazionale è una stortura che si ispira non a Lenin o a la russizzazione di Stalin ma all’odio per il cosmopolitismo la libertà delle idee cioè il vero internazionalismo dei popoli che vuole il comunismo.La grande Russia di Putin e l’idea dell’Eurasia sono un’altra cosa partorita da fascisti negli anni sessanta.In Italia hanno messo le bombe e fatto le stragi è attuale un libro inchiesta-la strage di stato-lo trovate in rete.