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AFGHANISTAN, IL MOVIMENTO DEVE TORNARE CENTRALE
Publie le mercoledì 12 luglio 2006 par Open-Publishing2 commenti
di Alfio Nicotra
Quella che si è aperta è una settimana "calda" per il movimento per la pace italiano e per le forze dell’ Unione. Incomincerà infatti ad incardinarsi nelle commisioni parlamentari il decreto che rifinanzia le missioni militari e che - per la prima volta in dieci anni - ne finanzia il rientro in Italia di una di esse (l’Iraq).
Ci saranno sit-in come quello organizzato dai Cobas il 17 Luglio davanti al parlamento, per il 22 luglio è annunciata una assemblea a Genova, mentre già fioccano appelli e contrappelli di diverso taglio. Tutti chiedono una discontinuità palpabile nella politica estera dell’Italia e la fine dell’internità alla guerra infinita e indefinita.
Alcuni hanno preso per obiettivo la sinistra dell’Unione, quella che vive con maggiore travaglio questo passaggio, alzando il livello della polemica senza curarsi delle offese verso i compagni di viaggio di sempre, offese che insultano in verità l’ intelligenza di chi le avanza. D’altronde il teorema sarebbe provato : la sinistra radicale al governo abdica i propri principi e diventa prigioniera del partito della guerra. Prodi e Berlusconi pari sono, con l’unico inconveniente che contro il governo delle destre l’opposizione alla guerra era più forte.
Ma è davvero così?
No, ovviamente. Berlusconi non avrebbe mai ritirato le truppe dall’Iraq. Lo dimostra la decisione di Forza Italia ed AN di votare contro il decreto proprio per questo motivo.
Che fosse una cortina fumogena elettorale quella del ritiro berlusconiano entro il 2006 era chiaro a tutti : nei consessi internazionali, non ultimo l’intervento del cavaliere al congresso USA, l’Italia aveva chiesto pazienza a George Bush ma al contempo aveva assicurato che mai e poi mai avrebbe lasciato il proprio alleato da solo nel pantano iracheno.
Ci sono molti smemorati che dimenticano che cosa era il governo Berlusconi in politica estera: l’unico europeo ad applaudire il muro della vergogna in Palestina; un paese in cui tutti i suoi aereoporti civili e militari sono stati usati per i sequestri dei voli segreti Cia; un governo integralmente parte dei falchi più estremisti asserviti alla strategia di guerra neocon. Per non parlare di Calderoli e delle vignette sulla sua maglietta, della base di Camp Ederle che sarà quadruplicata o dell’agente del Sismi Calipari contro i cui assassini Berlusconi e soci non hanno mosso dito per non irritare l’amico George.
Il governo Prodi è meglio? Questo non si può dirlo per partito preso. Bisogna ovviamente che parlino i fatti. Il movimento pacifista vorrebbe, legittimamente, che questi fossero netti, chiari, inequivoci e possibilmente su tutta la linea. Rifondazione Comunista, come parte interna del movimento, non è da meno. Però stiamo assistendo ad un cortocircuito almeno potenziale.Le conquiste in politica - poco importa se in quella estera, sulla scuola o sulla precarietà- sono il prodotto di una lotta. Il movimento per la pace mondiale ha fatto del fermare la guerra all’Iraq il suo elemento principale d’indentità.Ottenere questo obiettivo con il finanziamento del ritiro non è una gentile concessione di Prodi e soci (anzi alcuni di loro alla lavorato per rinviarlo il più possibile ). E’ il prodotto di manifestazioni diffuse, di una consapevolezza radicata nella pubblica opinione, del fatto che sono state disvelate le bugie nel nome delle quali veniva scatenata la guerra (le armi di sterminio, il terrorismo etc.).
Entro ottobre le truppe stanziate a Nassirya a difesa del pozzi di petrolio dell’Eni torneranno a casa. Non abbiamo fatto come Zapatero. Ma questo non è necessariamente un male. Perchè se è vero che il premier spagnolo ha fatto rientrare il proprio contingente militare in poche settimane, è vero anche che ha scambiato questo suo ritiro con un maggior coinvolgimento nella guerra afghana.
L’Afghanistan :ecco il nodo dei nodi. Questo scambio è stato tentato anche sull’Italia. Per il momento è fallito. Niente dislocazione a sud dei nostri soldati, niente cambio delle regole d’ingaggio, niente Amx a sostegno delle iniziative belliche.
Ci dobbiamo accontentare? Neanche per sogno. In parlamento si dovrà provare fino all’ultimo a strappare elementi di controtendenza più forti e chiari. Ma, come tutte le lotte, è fuori dall’aula parlamentare che si conseguono gli obiettivi. Torna centrale il Movimento per la pace e parlo del Movimento con la M maiuscola, quello che costruisce nella società il senso comune in grado di muovere e far cambiare idea a chi ,ancora oggi, è prigioniero di ideologie scellerate come quella delle guerra umanitaria e democratica.
Non è vero - e questo è un limite che non possiamo non registrare con rammarico - che nell’opinione pubblica esista la stessa avversione della guerra all’Afghanistan come per la guerra all’Iraq. Noi sappiamo che l’Afghanistan è la prima tappa della guerra infinita, che è prova provata di quel nuovo concetto strategico della Nato che, con il prestesto della lotta al terrorismo, trasforma questo patto militare in una sorta di gendarmeria globale a difesa degli interessi strategici occidentali. Una missione che ferisce le stesse Nazioni Unite (altro che mandato Onu!) perchè i poteri della carta istitutiva vietano di appaltare ad altri (la Nato in questo caso) prerogative che gli appartengono in modo esclusivo. Per non parlare dei fiumi di oppio, dei criminali che siedono nel governo e nel parlamento di Karzai, del massacro di civili, delle torture nelle decine di Guantanamo di cui brulica quel paese. Noi lo sappiamo appunto, ma non è ancora senso comune.Lo deve diventare. Questa è una priorità.
Il voto a favore o contro il decreto del governo non aiuterà a portare fuori l’Italia dalla guerra afghana. Questa è la cruda realtà dei rapporti di forza in parlamento.
Ma allora dobbiamo solo cedere alla testimonianza, pregiudicare il ritiro dall’Iraq e facilitare una alleanza tra i fautori della guerra democratica e quelli della guerra infinita?
Io penso che dobbiamo lasciare aperti gli spazi per la lotta, i soli dentro il quale il movimento può riprendere forza e conseguire i suoi obiettivi. Non mi piace la frase "riduzione del danno", mi convince di più l’idea di tenere aperta una prospettiva e giocarsela nella società. Perchè il movimento è centrale come non mai e sbaglia chi lo vuole ridurre ad una contesa interna gruppettara stile anni ’70. Non attardiamoci a fare tra noi gli esami del sangue di chi ha più globuli pacifisti dell’altro. Ci aspetta in compito di muovere la montagna rappresentata dal sostegno silente tra la gente alla guerra in Afghanistan. Ci siamo riusciti con l’Iraq, possiamo riuscirci ancora su Kabul e non solo.
da Liberazione del 12/06/2006
Messaggi
1. > AFGHANISTAN, IL MOVIMENTO DEVE TORNARE CENTRALE, 12 luglio 2006, 20:09
Non so chi abbia messo questo titolo.
La campagna pubblicitaria per le primarie di Rifondazione iniziò con i post "Voglio". Siamo passati al "deve". Due imperativi consequenziali? Il movimento deve tornare centrale.
Leggo che il sit-in del 17 luglio è organizzato dai Cobas, vogliamo scherzare? Grande rispetto per Piero Bernocchi ma per fortuna non se l’è fatta nè se la farà da solo questa iniziativa...
"compagno anonimus par Alfio Nicotra", ridimensionaci e forse sarebbe il caso che la direzione nazionale motivasse meglio certe scelte, a prescindere dalle reazioni del Movimento.
Tranquilli!!! Ancora tutto molto controllato e controllabile.
Doriana, sinceramente non vostra.
2. > AFGHANISTAN, IL MOVIMENTO DEVE TORNARE CENTRALE, 12 luglio 2006, 22:53
Domande da Nella Ginatempo
Perché il ministro di Rifondazione Comunista ha votato Si alla guerra
e No ai tagli del Welfare ?
Sono più importanti i redditi dei lavoratori italiani piuttosto che le
vite dei poveri afgani ?
Il ricatto della caduta del governo non vale sull’economia ma vale
solo sulla guerra ?
Come mai Rifondazione non ha paura di un cambio di maggioranza sulla
questione dei redditi, mentre lo teme solo sulla questione della NATO ?
Forse questi ricatti sono finti: paraventi di accordi già presi, di
cedimenti già programmati.
Come mai l’intera sinistra radicale (Verdi Pdci e Rifondazione) non ha
imposto al Consiglio dei ministri, prima ancora della approvazione del
decreto, il rispetto dell’art.11 della Costituzione, previsto dal
programma dell’Unione, pretendendo il ritiro strategico dall’
Afghanistan oltre che dall’Iraq ? Eppure mi risulta che avessero
firmato l’appello di Gino Strada e degli altri pacifisti proprio sul no
al rifinanziamento delle missioni ( Afghanistan e Iraq) . E mi risulta
che questa pressante richiesta era venuta dal movimento
altermondialista, dal forum mondiale di Caracas e da quello europeo di
Atene.
Come mai le promesse non vengono mantenute ? I tre partiti hanno i
numeri in Parlamento per scongiurare ogni ventilato cambio di
maggioranza e per costringere il ministro degli Esteri a dire No alla
NATO, proprio con la minaccia di una crisi di governo.
Perché hanno rinunciato a usare la loro forza parlamentare ? Forse la
guerra al popolo Afgano non è un buon motivo per minacciare una crisi
di governo ? E il cambio della politica estera non è un buon motivo per
rischiare anche un eventuale cambio di maggioranza ?
Che cosa è più grave ( per la pace e per la sinistra ): fare la
stampella di una maggioranza serva della NATO che continua la guerra o
lasciare che la guerra la voti il centrodestra ( con un voto bipartisan
come è sempre stato)??
E infine la domanda più grave: che ce ne facciamo di una sinistra che
va al governo per votare la guerra ? ?