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AL REFERENDUM SULLA COSTITUZIONE, VOTARE "NO" È UN DOVERE MORALE
Publie le sabato 17 giugno 2006 par Open-Publishingdi Enrico Chiavacci
In Italia siamo chiamati ad accogliere o respingere in
blocco importanti modifiche alla Costituzione della
Repubblica. È una scelta grave, che richiede
conoscenza della Costituzione e delle molte modifiche
da valutare. Purtroppo la grande maggioranza degli
italiani non conosce la Costituzione, e non sa neppure
che cosa sia una Costituzione: e questo vale anche per
buon numero dei parlamentari.
Una Costituzione è l’atto con cui uno Stato si
costituisce autonomamente di fronte alla comunità
internazionale, ed è la Carta fondamentale che
definisce l’identità di un popolo. Con la Costituzione
vengono stabiliti:
– le finalità essenziali e irrinunciabili della
convivenza (della Repubblica Italiana);
– gli strumenti per perseguire tali finalità, e cioè i
così detti ‘poteri dello Stato’.
Le modifiche oggi sottoposte al referendum riguardano
la seconda parte: i poteri dello Stato, che sono
sostanzialmente tre.
Il potere legislativo: fare leggi che attuino al
meglio le finalità costituzionali. Esse potranno
variare al variare delle diverse situazioni storiche
in cui la Costituzione deve essere attuata: la
Costituzione è la legge per il legislatore, a cui
impone direzioni e limiti. Il legislatore è solo il
parlamento.
Il potere esecutivo: fare osservare le leggi,
stabilirne i regolamenti attuativi e costituire le
strutture punitive per i violatori, governare la
finanza pubblica con le finalità e i limiti stabiliti
dalle leggi. Tale potere spetta al governo.
Il potere giudiziario: giudicare se le leggi siano
state violate, e punire i trasgressori nei modi
stabiliti dalla legge.
Vi è poi, in ogni Stato democratico moderno, una Corte
suprema da noi la Corte Costituzionale che deve
giudicare inappellabilmente il rispetto delle
direttive e dei limiti imposti dalla Costituzione ai
singoli poteri, ed eventualmente dirimerne le
controversie. Nei Paesi, come l’Italia, in cui alcuni
poteri siano esercitati dalle regioni, dovrà dirimere
le controversie fra poteri locali e poteri dello
Stato.
Una netta separazione fra i tre poteri è oggi la
migliore garanzia perché l’uomo e il cittadino vedano
rispettati i propri diritti stabiliti dalla
Costituzione o da organizzazioni internazionali a cui
un Paese abbia aderito (tale limitazione della
sovranità è prevista dalla Costituzione italiana). La
garanzia consiste in questo: nessun potere può essere
esercitato senza il consenso o il controllo di un
altro potere: in tal modo nessun uomo o gruppo
politico può assumere tutto il potere. Per evitare
situazioni di paralisi reciproca fra i tre poteri,
come era successo fra le due guerre in alcuni Paesi
europei, la Costituzione italiana prevede la figura
del Presidente della Repubblica (il Capo dello Stato)
come custode della Costituzione stessa e dell’unità
dell’Italia, dandogli specifici poteri di intervento.
E su questo preciso punto il referendum ha particolare
e gravissima importanza.
Sul potere legislativo il Presidente può rifiutare la
firma di una legge approvata dal Parlamento, per
motivi di incostituzionalità, e rinviarla alle Camere
con messaggio motivato. Se la legge venisse rivotata
senza le modifiche richieste, la legge è in vigore. Ma
il Presidente ha un altro potere: il potere di
sciogliere le Camere, un potere che spetta a lui solo.
Ciò può avvenire se sia impossibile formare un governo
che goda della fiducia del Parlamento, o anche quando
venga confermata una legge palesemente
anticostituzionale. Il Presidente non ha un suo potere
legislativo, ma ha il potere di rimettere al giudizio
del popolo gravi situazioni conflittuali.
Sul potere esecutivo il Presidente ha il potere di
incaricare un nuovo presidente del Consiglio e di
nominare (o rifiutare) i ministri da lui proposti. Il
governo così costituito dovrà poi avere la fiducia del
Parlamento: anche in questo caso non vi è potere
esecutivo diretto, ma la scelta viene sottoposta al
giudizio delle Camere.
Sul potere giudiziario il Presidente presiede il
Consiglio superiore della magistratura: non può
deciderne le deliberazioni, ma può autorevolmente
consigliare e indirizzare.
Il Presidente è inoltre il capo delle forze armate e
presiede il Consiglio superiore di difesa. Ha il
potere di nomina di alcuni membri della Corte
costituzionale e di alcuni senatori a vita.
Riforma come un cavallo di Troia
Le modifiche sottoposte a referendum sono spesso
indicate come modifiche al sistema regionale: questo è
vero. Ma è anche vero che in modo meno reclamizzato la
riforma modifica radicalmente alcuni cardini
essenziali della Costituzione riguardanti i poteri
dello Stato e le garanzie dei cittadini. Vediamone
alcuni elementi fondamentali.
– Il Presidente della Repubblica non nomina i
ministri: li nomina il presidente del Consiglio, che
ora dovrebbe cambiare nome in ‘Primo Ministro’.
Modifica indicatrice di un profondo cambiamento. Salvo
casi eccezionali, il Presidente della Repubblica non
ha più il potere di sciogliere le Camere: anche questo
passa al Primo Ministro.
– Il Primo Ministro, in base alle recenti leggi
elettorali, è automaticamente quello indicato dai
collegamenti delle liste elettorali. A lui spetta ora
il potere di sciogliere le camere, di nominare e di
cambiare i ministri.
Con questi due soli cambiamenti cade la severa
separazione dei poteri legislativo ed esecutivo.
Infatti il governo è completamente dominato dal Primo
Ministro, che impone i ministri e li può cacciare
quando non siano d’accordo con lui. Ma il Primo
Ministro, con la legge elettorale vigente, è collegato
automaticamente alla maggioranza del potere
legislativo. Saranno così ben rari i casi di sfiducia
al governo da parte del Parlamento, e inoltre vi è la
clausola della ‘sfiducia costruttiva’, che prevede la
costituzione di un nuovo governo all’interno della
stessa maggioranza che ha sfiduciato il precedente. In
casi estremi irrimediabili, il Primo Ministro può
sciogliere le camere di sua insindacabile iniziativa.
Legislativo ed esecutivo sono entrambi salvo casi
veramente eccezionali nelle mani del Primo Ministro.
Né miglior sorte tocca al potere giudiziario, anche se
per via indiretta. Infatti:
– la rigida separazione fra procuratori e giudici, con
promozioni per concorso, potrebbe aprire la porta in
modo indolore a controlli da parte dell’esecutivo. Si
sa come vanno in Italia i concorsi. Il timore di
apparire non graditi all’esecutivo induce spesso una
‘autocensura’ nell’animo dei magistrati aspiranti. Con
la riforma prospettata dell’ordina-mento giudiziario,
l’intromisione diretta o velata da parte degli altri
poteri è certo da attendersi;
– Nell’ordinamento costituzionale ora vigente, solo 5
membri su 15 sono eletti dal Parlamento (cioè dalla
maggioranza al potere). Con la riforma proposta
sarebbero 7 su 15: sarebbe sufficiente un solo voto
fra gli altri 8 per deliberare. Il rischio di
controllo del potere legislativo è grande, proprio là
dove deve esser controllata la costituzionalità di un
atto del potere legislativo stesso.
Il referendum viene presentato come attuazione della
devolution, ma al suo interno, come in un cavallo di
Troia, viene introdotto un vero sconvolgimento dei
principii stessi della nostra Costituzione.
La Chiesa non può tirarsi fuori
Quanto alla devolution, accenniamo appena a tre punti
che ci sembra sconvolgano l’intero sistema.
1 - Col Senato federale scompare il sistema
bicamerale, salvo casi particolari di conflitto fra
Camera e Senato federale, di soluzione complessa (e
confusa), e con l’ultima parola riservata al Primo
Ministro, e cioè al capo dell’esecu-tivo. L’attuale
doppia lettura e votazione di una stessa legge è
strumento importante di democrazia per due motivi. I
tempi di passaggio fra le due assemblee consentono un
dibattito pubblico (giornali, tv e altro) importante:
spesso le correzioni fatte nella seconda lettura hanno
consentito in passato miglioramenti notevoli. Ma è
anche importante la differenza di età degli elettori:
gli elettori della Camera 18 anni hanno cose nuove
da dire, ma votano più per giovanile impulso che per
riflessione sul bene del Paese, mentre gli elettori
del Senato 25 anni sono già meno aperti alle
novità, ma hanno anche maggiore maturità; e ad essi si
aggiungono i senatori a vita scelti per lunga
esperienza e per prestigio internazionale nei vari
campi del sapere e del-l’impegno sociale. La fine del
sistema bicamerale è la fine di questa possibilità
dialettica di vita democratica.
2 - Le regioni hanno potestà legislativa esclusiva su
assistenza e organizzazione sanitaria e su
organizzazione e programmi scolastici: sanità e scuola
sono due diritti essenziali per ogni cittadino (e per
ogni essere umano qui residente) che devono essere
garantiti e regolati per tutti nello stesso modo e
nella stessa misura. Cade il principio degli
‘inderogabili doveri di solidarietà’ di ciascun
cittadino verso tutti: tali doveri sarebbero attuati
in maniera diversa da regione a regione.
3 - La potestà legislativa di Stato e regioni deve
oggi rispettare la Costituzione, ma anche gli obblighi
internazionali: quest’ultimo vincolo sparisce dalla
nuova proposta. Vi sono qui nascoste due cose. La
prima cosa è lo spirito antieuropeo e xenofobo e la
velata chiusura all’altro: fra tali obblighi vi è la
percentuale del Pil per i Paesi poverissimi e
l’impegno contro l’inquinamento (Kyoto). La seconda
cosa è che fra gli obblighi internazionali vi è anche
il trattato e il concordato con la Santa Sede, che in
base a questa modifica dell’art. 117 potrebbero essere
violati anche da singole regioni. E questa insana
modifica potrebbe avere ben più gravi conseguenze.
È certo che la Costituzione va rivista, soprattutto
per snellire varie procedure e dare più spazio al
sistema regionale. Ma i fondamenti della convivenza e
i principi ispiratori non possono essere toccati.
L’unità del Paese non può essere frantumata in una
federazione di Regioni con ampia autonomia anche
rispetto alle esigenze del bene comune: e vi è chi
auspica, anche esplicitamente, una specie di
secessione. Le supreme garanzie di libertà e di
solidarietà per tutti i cittadini e i residenti,
assicurate dalla separazione dei poteri e dalla
funzione attiva del Presidente della Repubblica, non
possono essere in alcun modo toccate. Si ricordi che
negli Usa uno Stato federale molti singoli stati
federati hanno e applicano la pena di morte mentre
altri la rifiutano.
Si noti infine che questo referendum deve esser votato
in blocco: non si può votare solo perché ci piace un
punto o una parte. È strettamente doveroso
considerarlo nel suo insieme: approvare le modifiche
proposte vuol dire approvarle tutte.
Ed è seria opinione di chi scrive questi brevi cenni
che la Chiesa italiana non possa dichiararsi
‘neutrale’ di fronte allo scardinamento sistematico di
una Costituzione che tutela gli inalienabili diritti
di libertà e gli inderogabili doveri di solidarietà di
ciascuno verso tutti. Queste nostre righe potranno
aiutare, si spera, a comprendere meglio quale sia la
posta in gioco, ben al di sopra di divisioni fra
partiti o gruppi o maggioranze e minoranze varie.
È anche seria opinione di chi scrive che votare contro
le modifiche costituzionali sul tappeto sia un grave
dovere morale per ogni uomo di buona volontà:
ricordiamo che Mussolini e Hitler andarono al potere
per vie costituzionali simili a quelle ora proposte,
senza alcuna rivoluzione, e in breve tempo assunsero
nella propria persona tutti i poteri. Né vacanze o
gite o incomodi vari possono passare avanti a questo
dovere. È in gioco l’unità e la democrazia del nostro
Paese, il futuro di noi tutti.