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Acqua spa la rivolta dei sindaci

Publie le domenica 23 novembre 2008 par Open-Publishing
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Giu’ le mani dall’acqua del sindaco. Dal Piemonte alla Sicilia, nell’Italia bastonata dalla crisi e’ nata una nuova resistenza, contro la privatizzazione dei servizi idrici, che parte dal basso e contesta non solo il Governo, ma il Parlamento, che il 6 agosto, mentre il Paese era in vacanza, ha approvato una norma-bomba (unica in Europa) con il "Sl’ " dell’opposizione. Non se n’e’ accorto quasi nessuno: si obbliga i Comuni a mettere le loro reti sul mercato entro il 2010, anche quando i servizi funzionano perfettamente e i conti tornano. Art. 23 bis, legge 133, firmata Tremonti. La stessa che privatizza mezza Italia e ha provocato la rivolta della scuola.

Ora i sindaci hanno letto. Quelli di dx e quelli di sx. E subito hanno mangiato la foglia. «Ci avete gia’ tolto l’Ici. Se ci togliete anche questo, che ci rimane?» Non e’ solo una guerra per l’acqua, ma per la democrazia. Col 23 bis perdono contemporaneamente una fonte di entrate e la sorveglianza sul territorio. Il federalismo si svuota di senso. Il rapporto con gli elettori diventa una burla. Lo scenario e’ inquietante: bollette fuori controllo, e i cittadini con solo un distante "call center" cui segnalare soprusi o disservizi. Insomma, l’acqua come i telefonini: quando il credito si esaurisce, il collegamento cade.

La storia parte dal 2002, con una legge che obbliga i carrozzoni delle municipalizzate a snellirsi, diventare S.p.a. e lavorare con rigore. L’Italia viene divisa in bacini idrici, i Comuni sono obbligati a consorziarsi e le bollette a includere tutti i costi, che non possono piu’ scaricarsi sul resto delle tasse. Anche se i Comuni hanno mantenuto la maggioranza azionaria, nelle ex municipalizzate entrano banche, industrie e multinazionali. Ma e’ una delusione. Nessuno rifa’ gli acquedotti, le reti restano un colabrodo. Il privato funziona peggio del pubblico; Mediobanca dimostra che le due aziende pubbliche milanesi, Cap ed Mm hanno le reti migliori d’Italia e tariffe tra le piu’ basse d’Europa.

Col voto del 6 agosto si rompe l’ultima diga. L’acqua cessa di essere diritto collettivo e diventa bisogno individuale, merce che ciascuno deve pagarsi: scenari tutti italiani: per esempio i contatori regalati ai privati (banca, industria o chicchessia che incassano le bollette) e le reti idriche che restano in mano pubblica, con i costi del rifacimento a carico dei contribuenti. La polpa ai primi e l’osso ai secondi. Il peggio del peggio.

E’ contro questo che si stanno muovendo i sindaci d’Italia; a partire da quelli della Lombardia, che la guerra l’hanno cominciata prima.
144 Comuni attorno a Milano han fatto muro contro la giunta Formigoni, la quale gia’ nel 2006 aveva anticipato il 23 bis con una legge che separava erogazione e gestione del servizio. Quasi sempre all’unanimita’ — dx, sx e Lega unite — i consigli comunali hanno chiesto un referendum per cancellare l’aberrazione; e proprio ieri, dopo una lotta infinita e incommensurabili malumori del Palazzo, davanti al muro di gomma della giunta che apponeva alla legge solo ritocchi di facciata, hanno dichiarato di non recedere in alcun modo dalla richiesta di una consultazione popolare lombarda.

«Si va allo scontro, non abbiamo scelta» spiega Giovanni Cocciro, iperattivo assessore del Comuni-capofila di Cologno Monzese, e delinea il futuro della rete in mano privata. «Metti che i contatori passino a una banca, e questa stacchi l’acqua a un condominio che non paga. Il sindaco, per questioni sanitarie, deve garantire il servizio minimo ma, non potendo piu’ ordinare la riapertura del rubinetto, puo’ solo intervenire con autobotti, con acqua che costa tremila volte di piu’... Per non parlare dei problemi di ordine pubblico che ricadono sul Comune se la gente perde la pazienza».

Nei bar di Cologno la gente chiede "acqua del sindaco" rivendicandola come diritto, non come merce. E, attorno a Milano, crescono le "case dell’acqua", dove il bene piu’ universale viene distribuito gratis, rinfrescato e con bollicine, in confortevoli spazi alberati dove la gente puo’ sedersi e chiacchierare. Un "water pride" in salsa lombarda, che ora sta contagiando anche il Piemonte.

Premane in Valsassina, in provincia di Lecco, comune di montagna a maggioranza leghista gia’ assediato da privati in cerca di nuove centraline idroelettriche, e sul tema dell’acqua ha i nervi scoperti. «Nel servizio idrico solo la gestione pubblica puo’ garantire equita’ all’utente» sottolinea con forza Pietro Caverio, che ha firmato la protesta dei 144 Comuni.

Segnali di insofferenza arrivano da tutto il Paese; situazioni paradossali si moltiplicano. A Firenze il Comune ha accettato di fare una campagna per il risparmio idrico e un anno dopo, di fronte a una diminuzione dei consumi, ecco che la "Publiacqua" manda agli utenti una lettera dove spiega che, causa della diminuita erogazione, si vede costretta ad alzare le tariffe per far quadrare i conti. Ovvio: il privato premia lo spreco, non il risparmio. L’unica cosa certa sono i rincari: ad Aprilia in Lazio sono scattati aumenti del 300 per cento e un conseguente sciopero delle bollette che dura tuttora contro la societa’ "Acqualatina".

Stessa cosa a Leonforte, provincia di Enna, paese di pensionati in bolletta.

A Nola e Portici, nel retroterra napoletano, la societa’ "Gori" ha quasi azzerato la pressione in alcuni condomini insolventi, senza avvertire il sindaco; e lavoratori della ditta hanno impedito ai partigiani dell’acqua pubblica di tenere la loro assemblea. A Frosinone gli aumenti sono stati tali che il Comitato di vigilanza e’ dovuto intervenire e alzare la voce per ottenere la documentazione nei tempi previsti. Piu’ o meno lo stesso a La Spezia, che ha le bollette piu’ care d’Italia. Per non parlare di Arezzo, dove la privatizzazione si sta rivelando un fallimento.

L’Acquedotto pugliese, dopo la privatizzazione, si e’ indebitato con banche estere finite nelle tempeste finanziarie globali. A Pescara, da quando e’ scattato il regime di S.p.a., s’e’ scoperto un grave inquinamento industriale della falda e la magistratura ha fatto chiudere l’impianto. A Ferrara il regime di privatizzazione e’ coinciso col trasferimento a Bologna del laboratorio di analisi, con conseguente allentamento dei controlli in una delle zone piu’ a rischio d’Italia, causa la falda avvelenata del Po. Ma se gia’ ora la situazione e’ cosi’ grave, ci si chiede, cosa accadra’ col "23 bis"? 64 ambiti idrici territoriali — sui 90 in cui e’ compartimentata l’Italia — tengono duro, rimangono pubblici, e organizzano laddove possibile la difesa contro i compratori dell’acqua italiana. Ma e’ battaglia tosta: l’acqua e’ il business del futuro. Consumi in aumento e disponibilita’ in calo, quindi prezzi destinati infallibilmente a salire. Conseguenza: nelle rimanenti 26 S.p.a. miste le pressioni sulla politica sono enormi, tanto piu’ che nei consigli di amministrazione il pubblico e’ rappresentato da malleabili politici in pensione, e il privato da vecchie volpi capaci di far prevalere il profitto sulla bonta’ del servizio.

Dai 26 ambiti che hanno accettato la privatizzazione sono cresciuti intanto 4 colossi: l’Acea di Roma che ha comprato l’acqua toscana; l’Amga di Genova che s’e’ alleata con la Smat di Torino e ha dato vita all’Iride; la Hera di Bologna che cresce in tutta la Padania; la A’2Ana-ta dalla fusione dell’Aera milanese e dell’Asm bresciana. In tutte, una forte presenza di multinazionali come Veolia e Suez, banche, imprenditori italiani d’assalto, e una gran voglia di crescere sul mercato.

«Ormai il sistema idrico non segue piu’ la geografia delle montagne ma quella dei pacchetti azionari» dice Emilio Molinari, leader nazionale dei comitati per il contratto mondiale per l’acqua. Il che porta sorprese a non finire. Del tipo: il Fondo pensioni delle Giubbe Rosse canadesi che entra nella Hera e quello delle vedove scozzesi che trova spazio all’interno dell’Iride. E colpi di scena politici: l’Acea guidata a suo tempo dal sindaco Veltroni mette le mani sull’acqua toscana, costruendo nel Centro Italia un potentissimo polo dell’acqua"rossa", ma poi ti arriva Alemanno a sparigliare i giochi, e l’acqua di una regione di sx oggi e’ in mano alla dx.

Anni fa a Firenze sarebbe successo il putiferio. Oggi tutto tace. Motivo? Lo spiega la Commissione Antitrust, che gia’ nel 2007 ha individuato nei 4 attori forti i pilastri di una situazione di oligopolio. C’e’ un cartello, che ora e’ pronto a comprarsi tutto il mercato proprio grazie al "23 bis". Dietro alle Quattro Sorelle esiste lo stesso intreccio finanziario e lo stesso collegamento — rigorosamente bipartisan — con i partiti. I quali, difatti, il 6 agosto hanno votato in perfetta unanimita’. Per questo i sindaci si sentono truffati. «L’acqua e’ il nuovo luogo dell’inciucio» ti dicono al bar di Cologno Monzese.

Quando i comitati per l’acqua pubblica, sparsi in tutt’Italia, hanno raccolto 400 mila firme e depositato in parlamento nel luglio 2007 una proposta di legge di iniziativa popolare, sia sotto il governo Prodi che sotto quello di Berlusconi non s’e’ trovato uno straccio di relatore, nemmeno d’opposizione, capace di esaminare e illustrare la volonta’ dei cittadini cosi massicciamente espressa. La melina del palazzo sul tema dell’acqua e’ trasparente, cristallina.

Con l’acqua che diventa un pacchetto azionario, c’e’ anche il rischio che un bene primario della nazione passi in mani altrui, nel gioco di scatole cinesi della finanza. In Inghilterra e’ accaduto: le bollette si pagano a una societa’ australiana, che ha triplicato le tariffe. Vuoi protestare per un guasto? Rivolgiti a un operatore agli antipodi. Puo’ capitare anche qui. Ormai niente isola piu’ l’acqua dai fiumi avvelenati delle finanze che affondano l’economia mondiale, e in molti Paesi si sta correndo ai ripari.

Persino in Francia, che pure e’ la sede delle multinazionali Suez e Veolia che comprano l’acqua italiana. «Torniamo all’acqua pubblica», proclama il sindaco di Parigi Delanoe, che impernia su questo la campagna elettorale per la riconferma. Anche li’ si rivuole l’acqua del sindaco.

E che dire della Svizzera e degli Stati Uniti, i Paesi della Nestle’ e della Coca-Cola che imbottigliano fonti italiane. Non sono mica scemi: l’acqua e’ protetta come fattore strategico e tenuta ben fuori dal mercato.

Ormai si stanno muovendo tutti, anche la Chiesa. I vescovi di Brescia e Milano sono intervenuti proclamando il concetto del pubblico bene. La conferenza episcopale abruzzese ha messo per iscritto che l’accesso all’acqua «e’ un diritto fondamentale e inalienabile». In Campania e’ battaglia dura e la difesa dell’acqua si intreccia nel modo piu’ perverso con gli interessi della camorra e l’affare della monnezza. Al Nord, in piena zona leghista, sindaci come Domenico Sella (Mezzane, nella pedemontana veronese) deliberano che l’acqua e’ cosa loro, ed e’ il perno del rapporto con i cittadini. «Se xe una perdita, la gente me dama, e mi fasso subito riparar». Piu’ chiaro di cosi’.

Sul territorio sx e dx parlano ormai la stessa lingua. Nelle Marche il presidente della provincia di Ascoli Massimo Rossi (Rifondazione) spiega che «non si puo’ imporre la privatizzazione». E sempre ad Ascoli Paolo Nigrotti, An, presidente della societa’ di gestione (tutta pubblica), una delle migliori del Paese, osserva che «la privatizzazione non e’ stata gran che in Italia» e va applicata solo la’ dove serve. La qualita’ costa, ma la puo’ garantire anche un pubblico responsabile.

Nel Friuli-Venezia Giulia, l’ex pres. della provincia di Gorizia Giorgio Brandolin—uno che ha resistito alle pressioni privatrizzatrici della Regione e ha messo insieme una S.p.a pubblica tutta goriziana che da 2 anni e mezzo gestisce la rete in modo impeccabile ora si ritrova capofila dei movimenti anti "23 bis". In Puglia, 38 Comuni e due Province (Bari e Lecce) hanno formato un robusto pacchetto di mischia per la ripubblicizzazione e chiedono a Niki Vendola una legge regionale che definisca l’acqua «bene privo di rilevanza economica». Ragusa e Messina battono la stessa strada. A Parma e’ scesa in piazza pure la gioventu’ italiana della Dx di Storace. Succede che di fronte alla bolletta, la gente — toccata nel portafoglio — sta ripescando un concetto passato di moda, quello di BENE COMUNE. Nell’acqua il cattolico vede la vita e il battesimo; il nazionalista un bene non alienabile agli stranieri; il leghista l’autogoverno del territorio. Altri vi trovano il benessere, il dono ospitale, la pulizia e la sanita’. «Tutti sentono l’acqua come l’ultima trincea» ammette Rosario Lembo, segretario del Contratto per l’acqua. Tutti vi scoprono un simbolo potente, e quel simbolo e’ capace di rompere i giochi del Palazzo con nuove alleanze.

Giuseppe Altamore — autore di bei libri-inchiesta sul tema, come "Acqua S.p.a." — osserva che «il vero dramma e’ la mancanza di un’authority capace di affrontare l’emergenza di un Paese dove un abitante su tre non ha accesso all’acqua potabile». Quattro ministri se ne occupano, ma intanto nessuno pone rimedio a perdite spaventose e nessuno mette in sicurezza le falde avvelenate. Per esempio l’arsenico oltre il limite a Grosseto e Velletri. E poi il fluoro, i cloriti, i tria-lometani... Servono formidabili investimenti, o la rete va al collasso».

Gli appalti

L’Italia e’ divisa In 92 Ato, Ambiti territoriali ottimali, che sono porzioni di territorio, spesso
coincidenti con le province, dove viene pianificato un programma di Intervento sul servizio idrico. L’Ato ha il compito di affidare la gestione del servizio idrico alle Spa, che possono essere pubbliche, private o miste. Le societa’ private estere nel business dell’acqua. In italia: le francesi Suez e Veolia, la spagnola Aqualia. Recentemente il Covin (Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche) ha inviato un questionario sulle tariffe a tutti i 92 Ato italiani. Hanno risposto In 56, evidenziando una differenziazione delle tariffe e della gestione che risulta In 356 diverse categorie

Le italiane piu’ importanti

Maggiori societa’ italiane nel settore, fatturato 2006 in euro per 1.000 me d’acqua trattati

Acea (Italia centrale) 1.199,1

Aceagas (Italia centrale) 1.000,9

Acquedotto Pugliese (Pi-gli’a) 1.088,9 Asm (Parma) 795,5

Hera (Emilia Romagna) 1.635,4

Iride (Genova) 1.574,0

Smat-acque pot. (Torino; 980,2

..
art. di repubblica ripreso da

http://www.masadaweb.org

Masada n. 829. La fiducia inesistente

Messaggi

  • Mi domando? la stampa, la televisione di stato, anzichè dire caz.......di fronte a un problema universale come l’acqua, tacciono beati.
    Spero vivamente che i primi cittadini unitamente al POPOLO SOVRANO,facciano
    una cruenta battaglia affinchè, l’acqua torni pubblica.
    Sono sicuro che questa scelta,farà incazzare seriamente il popolo,e sarà la volta buona a capovolgere la situazione.
    Non ho parole per dare una definizione a questi POLITICI DI MER::::::::

  • e allora perché proprio il Domenici, ossia l’ANCI, ha daro addosso alla Lazillotta che voleva mettere al rogo tutte le ATO e giustamente?
    Gianantonio Calderara di Golasecca

  • non fidatevi di sti cantastorie, hanno fiutato che le persone si stanno accorgendo dell’aumento delle bolllette.
    prima hanno venduto per 4 soldi le proprie partecipazioni e le hanno fatto quotare in borsa ora vogliono pubblicizzare di nuovo sapendo di non farcela più, sbaglio o si avvicinano l’ elezioni?

  • Carissimi, non so se sapevate che proprio in questo fine settimana c’è stato il Secondo Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua. atale rigurado vi invito a visitare il sito www.acquabenecomune.org dove troverete il documento finale.

    Sono anni che ci battiamo per la ripubblicizzazione dell’acqua e piu in generale per i beni comuni

    la situazione in queste aziende è drammatica, con continui taglia al personale e agli invetimenti non sappiamo più per quanto potremmo andare avanti ovvero per quanto possiamo garantire ancora l’acqua potabile.

    Spiegare come stanno le cose è molto lunga su un blog, ma provate a ricercacre chi c’è dietro a queste aziende e sopratutto chi sono i proprietari partendo proprio da publiacqua, azienda dove lavoro.

    Da qui poi è fcile capire perché viene privatizzato l’acqua e quali sono gli interessi.

  • intanto la Francia si accinge a ripubblicizzare l’acqua!!!

    Pietro Ancona