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Ai banchetti la gente ci dice: "Finalmente siete tornati"

Publie le venerdì 5 dicembre 2008 par Open-Publishing

Ai banchetti la gente ci dice: "Finalmente siete tornati"

di Claudio Grassi

Ha fatto bene Ferrero a concentrare la sua relazione sulla crisi e sugli effetti che questa genera su ampi strati della società italiana. Penso che il partito, come ha tentato di fare in queste settimane, debba approfondire ancora (soprattutto in relazione all’indagine delle cause profonde), affinando l’analisi e avanzando proposte adeguate e utili per i nostri riferimenti sociali. Infatti i lavoratori, i pensionati, i giovani precari stanno subendo un ulteriore aggravamento delle proprie condizioni, dopo vent’anni di bassi salari, pensioni da fame, precarietà, incertezza sul futuro.

I provvedimenti del governo non vanno sottovalutati. Sono inadeguati, sbagliati e sicuramente da contrastare, ma sono oggettivamente, ad oggi, l’unica proposta in campo, l’unica risposta alla paura e all’incertezza di una parte sempre più consistente della società italiana. Perché dall’altra parte, l’”opposizione” parlamentare del Pd e dell’IdV, non dice nulla sulla crisi e si sta concentrando su questioni assolutamente meno rilevanti: in questi giorni parlando di Sky (e quindi solo indirettamente del conflitto di interessi), nelle scorse settimane della commissione di vigilanza della Rai.

Ma questi non sono certo i problemi concreti e quotidiani della nostra gente.

Noi dobbiamo cercare di mettere in campo una nostra contro-proposta sulla crisi: quante risorse si possono concretamente recuperare? A che scopo? Con quali programmi? Accenno soltanto ad alcuni temi, per grandi linee: c’è un problema macroscopico di equità nel reperimento delle risorse, lo scandalo dell’evasione fiscale (100 miliardi di euro all’anno di cui nessuno parla più), un aumento annuale delle spese militari con il conseguente rifinanziamento di costosissime missioni di guerra, le rendite che sono tassate meno dei salari e delle pensioni...Si potrebbe intervenire su questo e utilizzare le risorse che potrebbero liberarsi per la scuola, il lavoro, il dramma della precarietà. Su questo punto bisogna essere chiari: la recessione che è in corso significa che ci sarà, a breve, una diminuzione consistente dei posti di lavoro e quindi, in primo luogo, l’azzeramento dei contratti a tempo determinato. Per questi lavoratori è necessario avanzare una proposta che garantisca almeno un minimo di reddito per i periodi di disoccupazione.

Propongo poi che queste proposte vengano messe nero su bianco in un inserto di Liberazione, in un manifesto, in un volantino da distribuire ai nostri banchetti. Perché è legittimo che qui qualcuno abbia perplessità sulla vendita del pane, ma il dato di fatto è che i nostri banchetti, che ci sia la vendita del pane o la raccolta delle firme contro la legge Alfano, sono frequentati da tante persone che ci dicono: “finalmente siete tornati!”

Allora facciamo altri banchetti, diffondendo una nostra contro-proposta efficace, a maggior ragione di fronte al balbettio del Pd e ad un partito, quello di Di Pietro, che non sapendo cosa fare si asterrà sui provvedimenti del governo. Dobbiamo qualificare una nostra proposta di sinistra di fronte alla crisi.

In questo nostro impegno non siamo isolati. Dopo la batosta del 13 e del 14 aprile è ripresa nella società una forte iniziativa dei movimenti (nella scuola e nel mondo del lavoro) e questi elementi di novità hanno aperto pesanti contraddizioni all’interno del Pd e della Cgil sulle quali noi dobbiamo intervenire. Contraddizioni che si sono sviluppate proprio perché nella società si sono rianimati conflitti e mobilitazioni.

Condivido infine la proposta del coordinamento della sinistra. E davvero non capisco quale sia la logica della proposta, avanzata anche qui, del cartello elettorale. Perché adesso sì e sei mesi fa no? Fummo noi a proporre di mettere i quattro simboli al tempo delle elezioni politiche, per evitare che ci fosse un simbolo che nessuno conosceva e senza alcun riferimento ideale e programmatico alla nostra forza politica. La proposta venne sprezzantemente bocciata. Al tempo si disse che la nostra era la semplice sommatoria dei ceti politici. E oggi dopo averla bocciata allora la proponete! Tutto ciò è assurdo, non solo per un problema di credibilità e di serietà di chi avanza questa proposta che fino a pochi giorni fa l’ha contrastata, ma perché se aveva un senso per le elezioni politiche nazionali, non ha alcun senso per le elezioni europee. Poiché, in questo caso, si tratterebbe di un’operazione di mera sopravvivenza visto che produrrebbe la divisione immediata degli eventuali quattro parlamentari europei eletti in tre diversi gruppi al Parlamento europeo (Verdi, socialisti e Gue)!

La seconda mozione continua ad avanzare questa ipotesi nascondendo le differenze strategiche tra questi partiti, che possono anche unirsi sui contenuti, ma non in un’unica formazione politica! Si continua a rimuovere un problema che è grande come una casa – e cioè la differenza di prospettiva strategica tra Sd e verdi da una parte e Prc dall’altra – che è alla base del disastroso modo con cui si è cercato di costruire il percorso unitario in questi anni.

Rispetto al clima interno al partito. Ci sono state forzature. In diversi congressi regionali la maggioranza locale non ha concesso alla minoranza nemmeno il Tesoriere e il Presidente del Collegio Regionale di Garanzia. E’ un fatto grave, da chiunque sia stato compiuto. Al congresso nazionale, invece, il gruppo dirigente si è fatto carico di agire diversamente, dando alla minoranza sia il Tesoriere che il Presidente del Collegio Nazionale di Garanzia. Dobbiamo fare uno sforzo per ridurre la tensione e lo scontro al nostro interno. E’ difficile, perché è complicato mantenere in una dialettica normale un dibattito politico che vede due posizioni tra loro strategicamente così diverse: la proposta di rilanciare Rifondazione Comunista, sostenuto dalla maggioranza di Chianciano e quella di continuare ad operare per l’obiettivo, sostenuto anche in questa direzione dalla seconda mozione, di superare il nostro partito.