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Ai giudici italiani basteranno "indizi" (anziché prove) per chiudere

Publie le mercoledì 22 febbraio 2006 par Open-Publishing

La libertà Web a rischio. Ma solo in Italia Approvata una direttiva capestro

di Gianni Ventola Danese

giornali rilanciano le ultime dichiarazioni di Beppe Grillo fatte
all’Università di Roma durante un incontro con gli studenti: «la vera
democrazia si trova in Internet». Era da un po’ di tempo che si
sapeva, e il caro Beppe nazionale ha pensato bene di farne un
tormentone, e a ragione.

La rete offre possibilità di comunicazione, di informazione e di
condivisione del sapere, impensabili fino a qualche decina di anni
fa. I telegiornali, già oggi, sono diventati obsoleti, e appaiono
sempre più come strumenti di disinformazione al tramonto. Tempo una
decina di anni, e con il diffondersi della rete a banda larga nelle
case, nessuno li guarderà più. La televisione con l’antenna che
riceve in modo unidirezionale un segnale proveniente da un "centro di
potere" non esisterà più. Tuttavia l’idea di una rete libera fa
paura, è naturale. Perché la rete dà prima di tutto la possibilità
alle persone di fare, di agire, di organizzarsi, indipendentemente da
tutto. La rete dà forma a comunità pensanti e critiche. In tutto il
mondo dove non c’è libertà, la Rete viene censurata e gli utenti
scoraggiati. Nel clima da saldi di fine legislatura - quello
comprendente illuminanti provvedimenti quali quello sulla legittima
difesa, sulle droghe leggere, e sulle regalie elettorali elargite a
piccoli comuni e parrocchie - si è inaugurato quel lavorìo normativo
che tenderà in futuro a limitare la libertà della Rete. La Alcei
(Associazione per la Libertà nella Comunicazione Elettronica
Interattiva) denuncia in questi giorni il recepimento di un
provvedimento che secondo gli esperti riduce gli spazi di libertà
degli utenti italiani della Rete.

Si tratta della direttiva europea Frattini sulla proprietà
intellettuale (2004/48), che solo nella versione italiana subisce
particolarissime modifiche che offrono ai detentori dei diritti di
proprietà intellettuale la possibilità di muoversi con ancora
maggiore dinamismo sugli abusi che ritengono vengano commessi in rete.
Il decreto legislativo con cui viene recepita la direttiva non
definisce con esattezza una serie di concetti fondamentali,
dall’equiparazione della proprietà industriale con la proprietà
intellettuale alla definizione di "intermediario" per chi presta
servizi a chi viola la proprietà intellettuale: una vaghezza che,
come sempre nella storia normativa italiana, si traduce in una
conseguente incertezza del diritto. Le conseguenze sono
potenzialmente enormi.

La manipolazione, secondo Alcei, risulterebbe evidente tanto nella
traduzione in italiano del testo originale della direttiva, quanto
per l’omissione nel recepimento di una serie di disposizioni che
riguardano doveri e responsabilità dei titolari dei diritti.
«Un esempio di uso strumentale degli errori di traduzione - spiega
Alcei in una nota diffusa nei giorni scorsi - è la trasposizione
dell’art. 6 della direttiva, che fissa le condizioni alle quali il
giudice può concedere un provvedimento di urgenza in caso di
violazioni.

L’articolo in questione è intitolato nel testo portoghese prova, nel
testo spagnolo pruebas, nel testo francesce preuves, nel testo
tedesco beweise, e nel testo italiano "elementi di prova". Ma il
legislatore italiano ha preferito affidarsi al solo testo inglese che
usa la parola evidence (che quando è definita circumstantial può
essere intesa come "indizio") per inserire nel testo del decreto
legislativo il significato sbagliato. Così facendo è possibile
ottenere provvedimenti di urgenza senza dover fornire troppe
spiegazioni. C’è infatti una differenza sostanziale tra indizi e
prove.

Che il tutto sia un parto frettoloso e forse voluto dai «soliti
noti», come li definisce Alcei, sembra dimostrato dal fatto che si
tenti di utilizzare le normative sul diritto d’autore per
regolamentare Internet. Soprattutto, lo si fa quando proprio la
direttiva Frattini dichiara espressamente che non sono comprese nella
direttiva né le questioni sul software né quelle sul diritto d’autore
nella Società dell’informazione. «È inevitabile il sospetto ­
conclude Alcei - che tutte queste manipolazioni siano intese a
favorire con poco comprensibile fretta ristretti e specifici
interessi privati a danno continuo e sistematico di tutti i cittadini
e delle imprese che tengono in piedi l’internet italiana. Si predica
tanto su innovazione e sulla società dell’informazione, ma poi sono
queste ­ ancora una volta - le assurde costrizioni che vengono
imposte». Questa potrà diventare anche una delle tante storielle
italiane raccontate durante gli spettacoli di Grillo, soltanto che
questa è la realtà, e non c’è niente da ridere.

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