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Alessandro Dal Lago: «Fallimento totale: troppe parole pochi fatti»

Publie le mercoledì 16 aprile 2008 par Open-Publishing

«Fallimento totale: troppe parole pochi fatti»

di Vittorio Bonanni

su Liberazione del 15/04/2008

Intervista ad Alessandro Dal Lago

Sociologo, docente presso l’università di Genova, Alessandro Dal Lago cerca a caldo di individuare la cause della débâcle elettorale della Sinistra l’Arcobaleno, che, mentre scriviamo, rischia di non avere nessuna rappresentanza parlamentare, né alla Camera, né al Senato.

Professor Dal Lago, certamente per la Sinistra l’Arcobaleno la sfida era molto difficile. C’era lo spauracchio del voto utile e tutti i rischi insiti nella formazione di una lista elettorale nuova, realizzata peraltro senza molta convinzione. La cause della sconfitta insomma sono state molteplici ma nessuno si aspettava un simile disastro. Secondo lei quali sono state le ragioni di questo risultato?

C’è stata innanzitutto molta disaffezione per il comportamento tenuto dalle differenti forze che hanno dato vita al cartello elettorale durante il governo e cioè molte parole e niente fatti. Mi dispiace dirlo ma è così. Lo abbiamo detto in molti e dunque non penso di offendere nessuno. In secondo luogo anche la scelta del Pd di correre da solo ha contribuito a questo risultato e peraltro non ha aiutato Veltroni più di tanto vista la vittoria della destra.

Infatti tornano alla mente le due vittorie di Prodi, nel 1998 e nel 2006, quando si affermò alleandosi con la sinistra...

Sì certo, e questo sicuramente è un argomento che conterà nella resa dei conti all’interno del Pd.

Inutile dire che qui in redazione ci affanniamo a fare tutte le previsioni possibili sul futuro della nostra forza politica. Bertinotti ha appena detto che la propria stagione politica è terminata con questo voto. Lei che cosa ne pensa?

Per la Sinistra l’Arcobaleno si pone certamente un problema di ceto politico. Esiste certamente un problema di leadership. Non si è mai autocriticata, sembrava che andasse sempre tutto bene e tutte queste cose si pagano. In più aggiungerei che in quel 3-4% di persone che non sono andate a votare la quota di sinistra sia preponderante. Insisto comunque sul fatto che i dirigenti dovrebbero francamente porre il problema della loro sostituzione. Di fronte ad una disfatta di questo genere non ci sono alternative. Non è detto però che in un futuro lungo paradossalmente questo risultato non sia un bene. Nel senso che la sinistra è molto più radicata di quanto non indichi questo risultato. Bisogna ripartire dai movimenti, dal radicamento territoriale e locale che nel tempo è andato perso.

Non crede che, nel tentativo legittimo di innovare, si sia perso un po’ di vista il contatto con la realtà, appunto con il territorio, con il mondo del lavoro?

Io continuo a pensare che non si tratta di un problema di radicamento ma di rappresentanza. Perché la sinistra nel paese è molto più forte e numerosa come dimostrano i risultati di due anni fa. Se oggi si scende, tutti insieme, al 3% è perché visibilmente non ha funzionato e ha fallito appunto la rappresentanza politica.