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Alitalia. Le vere ragioni del no. Parlano i sindacati di base
Publie le lunedì 3 novembre 2008 par Open-Publishingdi Giulia Franceschi
ROMA - "Sulla vertenza Alitalia è ricominciata una campagna mediatica vergognosa che sta distorcendo la realtà e tesa a screditare i lavoratori e quei sindacati che hanno deciso di non sottoscrivere la stesura dei contratti". Così inizia la nota diffusa dalle cinque sigle sindacali che ieri hanno ritenuto di non continuare la trattativa in quanto sono venuti a mancare gli accordi precedentemente presi tra Cai e Governo.
Nonostante questo la Cai ha deciso comunque di continuare e l’offerta è finita comunque sul tavolo del commissario Augusto Fantozzi con l’avvallo di Cgil, Cisl, Uil e Ugl.
Anpac, Unione Piloti, Avia, Anpav e Sdl Intercategoriale hanno voluto precisare che le loro sigle non sono rappresentative solo per i piloti e gli assistenti di volo, come qualcuno ha voluto far credere, ma sono fortemente presenti anche coloro impiegati tra il personale di terra.
"E’ assolutamente falso - affermano i sindacati di base - che il no sia motivato da pretese riguardanti i permessi/distacchi sindacali ed è bene chiarire che proprio Cgil, Cisl, Uil e Ugl “godono” di un trattamento speciale in termini di diritti sindacali. Rispetto a questa strumentalizzazione diffidiamo chiunque a continuare con tali calunnie, passibili di denuncia per diffamazione. Le motivazioni sono invece tutte concentrate sul numero enorme di esuberi previsti, sulle condizioni di stesura contrattuale che penalizzano i lavoratori oltre quanto era stato concordato a settembre a Palazzo Chigi, sulla condizione dei precari, sulle incertezze per il futuro di migliaia di lavoratori che dopo l’utilizzo degli ammortizzatori sociali si troveranno senza lavoro e senza pensione: questa condizione riguarda tutti i lavoratori coinvolti nel progetto CAI, personale di terra, piloti, comandanti ed assistenti di volo. Sui criteri di “esclusione” dalle assunzioni c’è da sottolineare che essi godono di una eccessiva discrezionalità che non tiene in conto neanche delle consuete previsioni di legge, nonostante CAI usufruisca di ingenti finanziamenti dallo Stato anche in termini di decontribuzione per l’assunzione di personale in cassa integrazione.(circa 200 milioni in tre anni). Oltre quindi a “pretendere” di operare come azienda privata con i soldi dello Stato, CAI non vuole assumere neanche chi è gravato da condizioni sociali particolari o di evidente disagio (Legge 104, astensione facoltativa per maternità, esonero da lavoro notturno).
E’ assolutamente falso - ribadiscono le cinque sigle - che il confronto tra azienda e sindacato si sia sviluppato in questo ultimo mese in modo coerente con gli impegni sottoscritti a settembre insieme al Governo: l’azienda non è mai entrata in una vera e concreta stesura tecnica ed ha sistematicamente stravolto tali impegni, producendo un risultato finale del tutto diverso dalle condizioni contrattuali che erano state concordate e sottoscritte."
"Nello specifico, concludono le cinque sigle sindacali - mentre a Palazzo Chigi gli accordi prevedevano il recepimento della disciplina contrattuale vigente in AirOne, integrata da quanto concordato in quella sede, CAI ha “imposto” una soluzione che non recepisce tale contratto di riferimento e lo peggiora sostanzialmente in molti istituti contrattuali fondamentali, contravvenendo quindi a quanto pattuito e garantito dal Governo. A questo punto è evidente che la resa incondizionata di Cgil, Cisl, Uil ed Ugl alle pretese di Cai non rappresenta assolutamente un atto di “responsabilità” ma un’azione diretta contro i lavoratori."
In sostanza Anpac, UP, Avia, Anpav e SdL intercategoriale, respingono le strumentalizzazioni e le false interpretazioni dei fatti diffuse in seno alla vicenda Alitalia, difendendo in primis una rappresentazione democratica dei lavoratori tutti, siano essi di volo che di terra, che è venuta a meno.
Non mancano le critiche nei confronti dei sindacati confederali e dell’Ugl anche da parte dei dipendenti che a breve intraprenderanno delle iniziative per ristabilire i principi di democrazia per tutelare i diritti dei lavoratori.