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Alitalia, non avrai altro dio all’infuori di Cai

Publie le lunedì 22 settembre 2008 par Open-Publishing

Alitalia, non avrai altro dio all’infuori di Cai

di Alessandro Cardulli

Caos calmo, la quiete dopo la tempesta,situazione kafkiana, cioè paradossale e angosciante facendo riferimento al celebre scrittore ceco: i richiami letterari si sprecano per definire l’attuale stato dell’operazione Alitalia.Intanto c’è la faccia tosta di Berlusconi. Il premier non ha alcun pudore e rivolgendosi ai piloti ne mette in luce il profondo senso di ingratitudine che proverebbero nei confronti di “imprenditori dei cui “sforzi generosi” sarebbero i” principali beneficiati”.

Il gioco delle tre carte : gli imprenditori cui il governo regala,perché di questo si tratta, una grande azienda pubblica ancorché disastrata , accollando ai contribuenti tutti i debiti, diventano “generosi”. I piloti colpiti da un migliaio di licenziamenti,con gli stipendi che dovrebbero ridursi di circa il 40% o anche qualcosa di più, diventano i “beneficiati.” Le richieste che hanno presentato insieme a Filt- Cgil,e alle cinque dei sindacati aziendali in merito ai contratti vengono definite “irricevibili” dal capo del governo. I piloti sono mandati in pasto alla opinione pubblica come coloro che godono di inaccettabili privilegi. I giornali fanno da cassa di risonanza. Ma di quali privilegi si tratta non viene detto. Ci sono e basta, parola di Berlusconi.

Ancora: si invita la Cgil a tornare a trattare, si indica come il sindacato che ha provocato la rottura con la cordata di Colaninno Si esercita una pressione pesante, un vero e proprio tiro al bersaglio contro il suo segretario. Nella storia della vertenzialità, dei conflitti di lavoro, sociali, non ricordiamo esserci stato un attacco così virulento contro una forza che rappresenta milioni di lavoratori e di pensionati, un caposaldo della democrazia, un’offensiva così massiccia da parte di governo, Confindustria, giornali e televisioni che a questi fanno capo, da Berlusconi alle cordate di imprenditori e di personaggi del mondo finanziario. Fascismo moderno, non troppo strisciante. Perfino un giornale che non è stato tenero con gli autori del “piano Fenice” e del governo,come Repubblica, nel presentare un intervista con il segretario generale della Cgil scrive: “ Il giorno dopo la disfatta politico-sindacale sull’Alitalia,Guglielmo Epifani riapre i giochi”.Ma di quale disfatta si parla?

Disfatta come e perché? La Cgil non ha alcuna responsabilità nella rottura della trattativa,non ha subito alcuna disfatta se non nello “immaginario” prodotto dai media. Ne é testimonianza la lettera inviata da Epifani a Colaninno il 18 settembre in cui conferma “ l’adesione e la firma dell’accordo quadro”.E questa lettera inizia con parole molto chiare: “ Come d’intesa.”Significa questo che il presidente della Cai era d’accordo con Epifani sul percorso da compiere e sui contenuti del confronto che riguardava i problemi contrattuali.

E’ Colaninno che rompe. E’ la Cai che, sotto le ali protettive del sottosegretario Gianni Letta, di ministri come Sacconi e Matteoli, dice no e non torna neppure al tavolo di trattativa. Risponde negativamente alla lettera di Epifani rimangiandosi quel “d’intesa” cui fa riferimento il segretario generale della Cgil. Non è un caso che oggi vi sia chi come Bonanni, il segretario della Cisl che avrebbe firmato anche carta straccia, il quale dice che se Epifani telefona a Colaninno il capo della cordata dei padroni torna al tavolo. Ma ci pensa Sacconi a smentire Bonanni. Afferma il ministro che al tavolo si torna, ma solo “ per firmare l’accordo. Non c’è niente da contrattare”.

Questa del resto è anche l’idea di un altro Letta, Enrico, nipote di Gianni, il sottosegretario fac simile di Berlusconi, il quale, in piena violazione dell’autonomia del sindacato sostiene che “la Cgil deve firmare.” A far da degna cornice a queste sceneggiate sulla pelle dei lavoratori una trasmissione di Raiuno che ci ha fatto rimpiangere il servilismo intelligente di Bruno Vespa. Tre giornalisti dietro un tavolo a discettare sulle parole che compongono la vicenda Alitalia. I tre giornalisti erano Paolo Graldi, il conduttore, Augusto Minzolini e Mario Aiello. Nei fatti una sola parola è stata presa di mira, si chiama sindacato, il suo nome è Cgil.

Ma a spiegare le posizioni del sindacato non c’era nessuno ed i tre si sono sbizzarriti nel dire peste e corna, nell’addossare colpe alla Cgil e ai piloti, nell’incensare Berlusconi. Non è un caso che uno di loro fosse lo scriba ufficioso del premier, quello dei retroscena raccontati sulla Stampa dove il nostro eroe finisce sempre con il trionfare. In queste giornate di” caos calmo” tutti gli scribi berlusconiani e anche delle famiglie che fanno capo alla cordata, come i Caltagirone, non vedono altra via d’uscita che la resa del sindacato, della Cgil e dei lavoratori, ai ricatti dei padroni e del governo.

Si dimentica che il prof. Fantozzi dovrebbe dare attuazione alla legge che ha commissariato la compagnia di bandiera con due obiettivi: garantire la continuità aziendale e tutelare al meglio i creditori e i lavoratori. Il commissario non risulta che in questo periodo si sia rivolto al mercato. Scrivono autorevoli esperti,illustri docenti universitari che “ il decreto legge governativo prevede che la cessione avvenga a condizioni non inferiori a quelle di mercato e richiede perciò la certezza che non si verifichi alcuna svendita”. Ma per Berlusconi e i suoi ministri che pure quel decreto hanno voluto non avrai altro dio all’infuori di Cai. Un decreto si può sempre violare e magari puntare al fallimento.

E se Epifani, in mancanza di un ritorno alla trattativa da parte di Colaninno, osa proporre la vendita ad una compagnia straniera, subito viene accusato di scarsi amor di patria. Tradimento, tradimento.