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Alitalia, nuovi ricatti Cisl Uil Ugl dividono il fronte sindacale
Publie le mercoledì 17 settembre 2008 par Open-PublishingAlitalia, nuovi ricatti Cisl Uil Ugl dividono il fronte sindacale
di Roberto Farneti
Come nel 2002 con il Patto per l’Italia, il governo Berlusconi oggi tenta di utilizzare la drammatica crisi dell’Alitalia e la minaccia della perdita di 20mila posti di lavoro per spaccare i sindacati, mettere fuorigioco la Cgil e per imporre un modello di relazioni industriali gradito alle imprese. Altro che difesa dell’italianità e della nostra compagnia di bandiera dall’"invasore francese", come aveva raccontato il Cavaliere durante la campagna elettorale. Quello che sta accadendo in questi giorni, con la convocazione dei soli sindacati confederali e la firma di un "accordo quadro" sul piano industriale, dimostra che il vero progetto della destra è un altro.
Il copione è lo stesso del 2002. Non è un caso che, all’indomani della riconquista del tavolo ministeriale da parte di piloti e assistenti di volo, nel momento in cui si erano create le condizioni per la ricomposizione del fronte sindacale, con la possibilità di ottenere modifiche migliorative dell’"accordo quadro", a mettersi di traverso siano state proprio Cisl Uil e Ugl, vale a dire le stesse organizzazioni che, all’epoca, sottoscrissero il Patto per l’Italia. Ieri, presso la sede della Filt Cgil, doveva tenersi una riunione intersindacale di tutte e nove le sigle presenti in Alitalia, per stabilire una linea comune in vista dell’annunciato incontro di domani a Palazzo Chigi. Sulla decisione di far slittare la riunione non è stata data una motivazione ufficiale. Ma poi si è saputo che alcuni sindacati - appunto Cisl Uil e Ugl - non avrebbero dato la loro disponibilità a riprendere il confronto unitario.
Sotto questa luce vanno lette le parole di Raffaele Bonanni: «Spero tra poche ore di poter dire che avremo salvato 20mila posti di lavoro e il nostro mercato del volo aereo che è il quarto al mondo», dichiara il segretario della Cisl. Purtroppo non è vero. Il piano presentato da Compagnia Aerea Italiana, infatti, non è in grado di assicurare alla nuova Alitalia un futuro da protagonista nel mercato del trasporto aereo, sia per le dimensioni della flotta che per il posizionamento sul corto e medio raggio. Al massimo, ci resterà una compagnia regionale «che si limiterà a fare da agente commerciale a una grande compagnia per i voli internazionali», come ha di recente sottolineato persino un politico moderato, qual è il presidente dell’Udc Pierferdinando Casini. Ma questo a Bonanni non interessa.
Il gioco è chiaro: accreditare l’immagine della Cisl come sindacato "responsabile" e, al tempo stesso, sfidare l’imbarazzo della Cgil, stretta tra il desiderio di mantenere il proprio rapporto con i lavoratori - respingendo il ricatto del governo - e la paura di rimanere isolata. A differenza del 2002, infatti, il sindacato oggi guidato da Guglielmo Epifani teme di non avere la forza per affrontare una campagna di delegittimazione, come quella a cui Berlusconi ha già dato il via, accusando la Cgil di essere al servizio dell’opposizione. Non solo: il premier ieri ha aggiunto che se la trattativa fallisse per un «egoismo irragionevole», il governo non potrebbe «garantire» a tutti i dipendenti Alitalia quanto promesso ai 3.250 esuberi previsti dal piano di salvataggio e vi dovrebbe essere dunque una «drastica» riduzione di sostegni e rimborsi. Affermazioni «inaccettabili e non consone all’alto ruolo che ricopre», la replica della segreteria Cgil.
Corso Italia chiede quindi a Berlusconi «più rispetto, più misura e di evitare goffi tentativi di scaricare su altri responsabilità che sono, per la quota che gli compete, anche sue».
Da sinistra si alza la voce del segretario di Rifondazione, Paolo Ferrero: «Su Alitalia a me pare evidente che la proposta avanzata non risolve il problema. Il governo - spiega Ferrero - sta tenendo duro perchè vuole ottenere lo smontaggio del contratto nazionale, per poi usarlo nella trattativa generale e far saltare il contratto nazionale di lavoro». Il segretario del Prc non ha dubbi: ci troviamo di fronte a «una partita politica giocata sulla spalle dei lavoratori di Alitalia, dei contribuenti che pagheranno e a favore di una cordata di imprenditori che da questa vicenda guadagneranno centinaia di milioni di euro».
Polemiche a parte, si attende di capire come governo e Cai intendono procedere. Se, cioè, l’appuntamento di domani a Palazzo Chigi con tutte e nove le sigle sindacali resta confermato. Nel frattempo il tempo stringe. Ieri il commissario straordinario Augusto Fantozzi ha ribadito che «i soldi non sono pochi, sono pochissimi, e stanno per finire». Ha anche reso noto che un potenziale concorrente di Alitalia - la low cost ItAli Airlines - è interessata all’acquisizione «di aerei e relativi personale navigante e tecnico in esubero, sulla base di un contratto di servizio pluriennale».
Poi però Fantozzi ha aggiunto una cosa importante, e cioè che non è vero che l’unica alternativa alla proposta di Cai è il fallimento. Se l’operazione non dovesse andare in porto, dice Fantozzi, «ci guarderemmo intorno per vedere se ci sono altre offerte, poi faremo quello che dobbiamo fare».