Home > Alla Pirelli in 200 resteranno a casa

Alla Pirelli in 200 resteranno a casa

Publie le giovedì 20 novembre 2008 par Open-Publishing

Alla Pirelli in 200 resteranno a casa, mentre l’azienda elargisce superbonus ai dirigenti

Tony 1000, Tronchetti 3 milioni. Ecco come l’avidità uccide il lavoro

di Claudio Jampaglia

«Ormai valiamo meno di una scrivania...». In mensa chi si ferma a parlare con Tony è per dire cose allegre di questo tipo. C’è quello che prende il valium perché sa che nel suo ufficio ne rimarrà uno su tre, c’è il padre di tre figli, uno disabile, con la moglie appena licenziata a cui hanno proposto un trasferimento, e chi sta pensando di offrirsi per andare nelle fabbriche in Romania, Cina, Russia, Egitto. Un tempo Pirelli era un nome su una tuta di cui andavano orgogliosi i lavoratori. Ora lo portano con più orgoglio i tifosi dell’Inter. Compreso l’illustre Marco Tronchetti Provera che sarà anche attaccato alla maglia, ma non sa proprio fare squadra.

Martedì prossimo i lavoratori glielo diranno con una catena umana attorno alla storica sede di viale Sarca 222 che tra poco riaccoglierà proprio Tronchetti e suoi super-manager. La nuova palazzina è quasi pronta, ci sarà anche l’eliporto sul tetto perché al capo piace essere visto. In barca, allo stadio, in elicottero. Ricco, bello, elegante. Ma da lontano. I lavoratori lo sanno e un mese fa sono andati a ricordarglielo in una delle rare occasioni in cui si è fatto vedere in Bicocca. L’hanno aspettato fuori dall’incontro con i giovani industriali su "codice etico" Pirelli e l’hanno applaudito mentre sfilava tra le guardie del corpo. Solo quello. Un applauso. Gelido, beffardo, umiliante. Come la sfiducia.

Questa, prima di tutto, è una storia di soldi. Di danèe. Altro che ricerca, pneumatici del futuro, robot che li producono, nuovi stabilimenti in Russia e Romania... Pirelli si è rifugiata nella gomma dopo le batoste Telecom e il fallimento dell’entrata in borsa dei pneumatici. E’ tornata all’industria. Ma questa è una storia di soldi, di avidità, di un modello aziendale dove non conta il lavoro, ma il guadagno di pochi. Una storia esemplare. Come i 19 milioni di bonus per quattro dirigenti e i 100 euro al mese di salario in Romania (« e c’è la fila fuori»).

O come i 190 licenziamenti annunciati in fretta e furia da Pirelli: 60 nell’immobiliare, 107 nei pneumatici, 15 nella Spa, 8 nell’informatica. Tutte società diverse ma licenziamenti e basta. Niente prepensionamenti, niente cassaintegrazione, niente. Uno shock. Entro i primi di dicembre a casa. Presto. Firmare. E Tony, Sandro, Piero, Gianluca, Rsu di un fabbrica che il sindacato ce l’ha dal 1891, non ci stanno. Sono quattro di circa 2mila lavoratori Pirelli. Per lo più impiegati e tecnici che gli scioperi li stavano già facendo.

Per il salario. Il "brillante" contratto gomma-plastica firmato da Cgil-Cisl-Uil nel 2006 ai lavoratori ha dato 102 euro, in due anni e tre tranche: 30 euro lorde ogni 8 mesi. Non se ne sono nemmeno accorti. In un’azienda dove l’operaio al minimo prende 940 euro al mese e quello che fa anche la notte arriva alla bellezza di 1150, ci vuole l’integrativo.

Tony, ad esempio, busta paga alla mano, dopo 31 anni prende 1060 euro. «Sai cosa ci rispondono quando diciamo che i salari sono da fame? Che lo stipendio medio in azienda è di 3500 euro. Io gli ho risposto che allora c’è qualcuno che è trent’anni che mi ciula quelli che non prendo». Sono i manager che guadagnano anche 200 volte gli operai.

Nel bilancio 2007 il costo del lavoro Pirelli è diminuito di 17 milioni di euro a fronte di 1 miliardo distribuito in dividendi. Bisognava far vedere a investitori e banche che dopo le minusvalenze di diversi miliardi per l’uscita da Telecom, Pirelli era un buon affare. L’anno scorso c’è stato anche un taglio dei costi interni del 30%. Non per tutti. Mentre i dirigenti si facevano un regalo di tre giorni di corso di guida al Mugello, ai tecnici si restringevano le tute al terzo lavaggio. Succede quando si risparmia. E queste sono piccolezze. Perché intanto c’era il blocco straordinari, quello delle assunzioni e il bye bye per i contratti a termine in scadenza.

Quanti sono? «Non ce lo dicono», rispondono gli Rsu. «Come non sappiamo quante ditte esterne lavorano in azienda». Sono esterni i manutentori dei macchinari, il guidatore del muletto, il disegnatore stampi (che chiudono a Cinisello e vengono trasferiti in Corea). Molta ricerca è fatta da stagisti del Politecnico. «Di gente che non sappiamo che fa ce n’è tanta...». E poi l’azienda li usa anche per cose poco ortodosse. Ad esempio alcuni assistenti, impiegati o esterni, hanno fatto lavorare le macchine mentre i lavoratori scioperavano. Brutta cosa. Di quelle che fanno incazzare. Mercoledì in assemblea erano un migliaio. «Mai vista tanta gente, molti arrabbiati con noi perché volevano sapere che scioperiamo a fare, ma tutti furiosi con l’azienda». La dirigenza però non gradisce tavoli. Preferisce le comunicazioni.

I manager, ad esempio, hanno annunciato un taglio di bonus e megastipendi del 49%. Un "buon esempio" visto che dall’anno record di profitti - il 2000 con 7mila miliardi di lire, e 135 miliardi di bonus per i manager (Tronchetti e Buora intascarono anche 900 miliardi dalla vendita della fibra ottica, il fiore all’occhiello dismesso chi sa perché) - i compensi dei manager Pirelli sono stati sempre al top dei top. Nel 2005 tra i primi 10 manager più pagati d’Italia 5 erano Pirelli per circa 39 milioni di euro (in discesa...).

E nel 2007 della crisi e del mega indebitamento post-Telecom? Secondo il libro "la paga dei padroni" (Chiarelettere, 2008), l’ad Carlo Buora continua ad essere il quinto manager più pagato d’Italia con 12 milioni d’euro, poi c’è Luciano Gobbi con 8 milioni (6 di buonauscita), Tronchetti con 6,1 al pari di Puri Negri presidente della immobiliare e poi i direttori generali De Conto (2,2 milioni) e De Poulpiquet (1,5). Fanno 36 milioni. Poi ci sono le mezze milionate di stipendio per le seconde linee. Però non c’è rendimento di titolo azionario che possa giustificare tali somme. Qualcosa non funziona. Ormai è senso comune. Così da 6 milioni di euro anno Tronchetti passerà a 3 milioni (ma lo faranno?). Non ci sembra una tragedia. Più difficile vivere con 1000 euro e rischiare di perdere anche quelli. Demagogia? Si può sempre fare l’esperimento empirico: 1000 euro a Buora e Tronchetti. E vediamo come se la cavano.

«Noi possiamo anche assumerci lo stato di crisi del settore - spiega Gian Mario Mocera della Cgil che per Mursia ha scritto un libro molto istruttivo sulla questione "Chi vuole uccidere la Pirelli?" - ma non si può tutte le volte scaricare la crisi sui lavoratori e dividersi gli utili in quattro gatti. Pretendiamo responsabilità da parte di tutti. Arriveremo fino al ministero». Pirelli, intanto, annuncia investimenti sui pneumatici e crisi. «Dai bilanci i lavoratori non sono mai stati tanti: 3mila in più solo nel 2007, ma 1000 in meno in Italia». «Alla voce investimenti leggiamo Cina, Romania, Russia, Egitto... non c’è mai scritto Italia. Mai». E il progetto Next, la produzione meccanizzata totale del pneumatico? «Ma se le linee di qua le hanno mandate in Germania e in Gran Bretagna...», dice Gianluca.

E la crisi? «Il Tyre ha fatto nei primi sei mesi +3,5%. E’ crisi?», risponde Piero. «Abbiamo appena preso l’esclusiva monogomma per le superbike fino al 2012, 6mila pneumatici a gara più l’immagine», rincara Sandro. Però l’azienda dice che i magazzini sono pieni. «Allora diano la cassaintegrazione. Perché tagliare servizi, ricerca, impiegati?», risponde Tony. Ineccepibile. «Noi possiamo discutere di pensionamenti, accompagnamenti per chi ha i requisiti e ricollocamento per gli altri. Stop. Anche perché dove andiamo non lo sappiamo, il piano industriale è rinviato a febbraio». Gli stabilimenti a Settimo Torinese e Bollate sono in cassa integrazione a 10 giorni al mese. Sono annunciati tagli anche nel resto d’Europa. Crescono le delocalizzazioni. Perché questa è una multinazionale e i danèe girano altrove. Dove il costo del lavoro è più basso. E nelle tasche di chi guadagna come 3mila operai. Senza vergogna.