Home > Antidoto alla mediocrità politica
di Giovanni Palombarini
Sono state due belle manifestazioni quelle di Milano e Roma di sabato scorso. Belle e importanti, perché d’improvviso centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza per dimostrare che la emergente ideologia teo-con - un’ideologia che tenta di dettare in nome della morale una serie di scelte politiche, in qualche caso raggiungendo l’obiettivo - può essere contrastata efficacemente, solo che lo si voglia.
Sono state manifestazioni, quella di Roma organizzata da tante associazioni che hanno dato vita alla “Campagna per il pacs” e quella di Milano in difesa della legge sull’interruzione di gravidanza, che, promosse come iniziative per la difesa di libertà e di diritti, hanno contemporaneamente riproposto - tutto alla fine si tiene - il principio di laicità dello Stato. Un principio che in questi ultimi tempi è stato ripetutamente messo in discussione nel nostro paese.
La manifestazione di Milano è servita a ricordare che non è in gioco solo la difesa di quella difficile conquista che è stata la legge 194 (che all’inizio degli anni Ottanta si è inutilmente tentato di abolire a mezzo di un referendum popolare che l’ha invece confermata), ma anche che è in atto da qualche tempo nel nostro paese, in varie forme, un forte attacco alla libertà e al principio di autodeterminazione delle donne.
Le vicende della legge sulla procreazione medicalmente assistita e del successivo referendum, che hanno visto l’attivo protagonismo della Chiesa cattolica e l’adeguamento alle sue direttive di una serie di forze politiche che ne ritengono indispensabile l’appoggio per legittimarsi come rappresentanti dell’elettorato moderato, sono state indicative in proposito. Oggi sono poi all’ordine del giorno una campagna di stampa e varie proposte che tendono a ridurre la possibilità di libere scelte in materia di aborto. Anche qui rispetto alle istanze della Cei le reazioni di tanti settori che pure a parole si richiamano al principio di laicità dello Stato appaiono timide e incerte.
Così, in questi primi anni duemila va riproponendosi la vecchia idea secondo la quale la donna deve accontentarsi del ruolo che un certo tipo di società attribuisce a lei e al suo corpo, di contenitore-riproduttore della specie. Una vecchia idea che pretende sottomissione, e che si caratterizza anche per la sua spietatezza, per l’indifferenza rispetto alle libere scelte di vita, ai sentimenti e al dolore. Si tratta di contrastare questa prospettiva, difendendo il diritto della donna di decidere di se stessa.
Le ragioni della manifestazione di Roma non sono lontane da quelle di Milano. Si tratta di chiedere al prossimo parlamento, quello che verrà eletto in primavera, di non continuare a chiudere gli occhi di fronte alla realtà.
Ormai è grande, e tende a crescere, il numero di coppie che o non vogliono impostare la propria vita in comune sulla base della complessa e rigida regolamentazione prevista per il matrimonio o non possono accedervi in quanto l’attuale legislazione italiana non prevede la possibilità di sposarsi per due persone dello stesso sesso. Si tratta di persone che la legge considera come estranee e invece tali non sono. Comunque si voglia definire l’accordo da stipulare davanti all’ufficiale di stato civile o al notaio, pacs o unione civile, di una normativa che assicuri il riconoscimento giuridico e la tutela dei diritti di queste coppie c’è ormai bisogno.
Si dice, da parte di qualcuno: questa futura legge in realtà servirebbe soltanto a regolare in qualche modo le unioni fra omosessuali. Le cose ovviamente non stanno così: basta guardarsi intorno per capire che tante coppie di eterosessuali che non hanno contratto matrimonio, certamente utilizzerebbero il pacs. E però, anche se così fosse, già questo basterebbe per dire che della legge c’è bisogno. Perché, al di là di sentimenti irrazionali e pregiudizi, nessuno è in grado di spiegare ragionevolmente perché le unioni fra omosessuali non dovrebbero avere un riconoscimento e una tutela. Unioni per definizione sterili, dice qualcuno. Una giustificazione sorprendente in un paese in cui la natalità è in continuo calo, compensata soltanto dall’altrettanto malvista presenza dell’immigrazione extracomunitaria. Il fatto è che ancora non si riesce ad accettare l’omosessualità per quello che è, e cioè non una perversione o un peccato ma una variabile indipendente - certo minoritaria ma altrettanto certamente naturale - della sessualità umana.
Anche qui l’ostacolo più consistente all’adozione di uno strumento regolativo pattizio sembra essere l’ostilità della Chiesa cattolica che invoca la sacralità del matrimonio. Ma, a parte il fatto che si tratta di normative che altri paesi dell’Unione europea già hanno senza che per questo venga sminuita l’importanza di questo istituto, lo Stato italiano deve pure essere in grado di affrontare e regolare problemi che riguardano un consistente numero dei suoi cittadini (senza trascurare il fatto che, in materia di libertà, queste dovrebbero essere comunque garantite, prescindendo dalla consistenza numerica delle persone interessate). Di certo non può essere accettato come un destino invincibile che come in altri settori della nostra vita sociale, anche per quanto riguarda i diritti civili l’Italia continui a essere il fanalino di coda dell’Europa.
Sono state belle e importanti le due manifestazioni di Milano e Roma. Anche perché in un momento in cui il quotidiano dibattito politico proposto dai media è sceso a livelli di intollerabile mediocrità per responsabilità di una destra che tenta in ogni modo di fare fronte alla prospettiva di subire una nuova sconfitta elettorale, hanno segnalato ancora una volta la presenza di consistenti settori della società italiana che vogliono praticare la democrazia per obiettivi politici forti.