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Appello contro il convegno negazionista di Teheran
Publie le mercoledì 13 dicembre 2006 par Open-Publishing2 commenti
Mobilitazione in vista del prossimo "Giorno della memoria"
Convegno negazionista a Teheran Appello delle organizzazioni della Resistenza
Le associazioni della Resistenza e Guerra di Liberazione
* ANPI-Associazione Nazionale Partigiani d’ Italia,
* FIAP-Federazione delle Associazioni Partigiane,
* FIVL-Federazione Italiana Volontari della Libertà,
le associazioni dei superstiti dei campi di sterminio e prigionia,
* ANED-Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti
* ANEI-Associaione nazionale ex iterati
dei famigliari dei Martiri, ANFIM, dei militari combattenti con gli Alleati, degli antifascisti ANPPIA
si sono riunite in comitato per la difesa della memoria del Novecento, al fine di denunciare all’opinione pubblica le provocazioni e falsificazioni dei sedicenti storici, di fatto negazionisti, riuniti a Teheran per dimostrare, a loro dire, l’inesistenza dell’Olocausto, definito "invenzione storica per giustificare la formazione dello stato d’Israele".
Pur convinte che ciò provochi ripulsa e sdegno nell’intera comunità mondiale ben conscia degli orrori, carneficine, stragi, compiute dal nazismo, dal fascismo e dall’imperialismo giapponese, le associazioni di cui sopra richiamano l’attenzione sulle testimonianze dei sopravvissuti e sui resti dei lager e campi di sterminio - ancora visibili - ove assieme a più di sei milioni di ebrei, altri milioni di esseri umani innocenti vennero brutalmente soppressi, e fanno appello alla società politica e civile per la mobilitazione delle coscienze in vista della "giornata della memoria" del prossimo 27 gennaio.
Le adesioni, per rendere palese e diffusa l’indignazione del popolo italiano, si ricevono a Roma presso la "Casa della Memoria e della Storia", via san Francesco di Sales 5, tel. 066876543, fax 0668195385, e-mail: casamemoria@zetema.it .
Indirizzo web :http://www.anpi.it/dichiarazioni/negaz_121206.htm
Messaggi
1. Un "clamoroso errore politico" la conferenza sulla Shoah, 16 dicembre 2006, 12:19
Interviste Non accennano a placarsi le polemiche che hanno accompagnato il convegno revisionista sull’Olocausto tenutosi in Iran. Ne abbiamo parlato con Bijan Zarmandili, scrittore iraniano che dal 1960 risiede a Roma.
Si è conclusa la controversa conferenza revisionista sull’Olocausto organizzata a Teheran, portando con sé uno strascico di polemiche che impiegheranno molto tempo a placarsi. Davanti ai partecipanti al convegno - revisionisti che hanno tentato di minimizzare la portata della Shoah sulla bilancia della storia - Ahmadinejad, che ieri era stato inaspettatamente contestato da alcuni studenti, ha avuto ben pochi peli sulla lingua quando ha affrontato il ruolo dello Stato ebraico nel Medio Oriente. "Quando dissi che questo regime scomparirà - ha tuonato - ho espresso ciò che i popoli avevano nel loro cuore", anche se "le reti del regime sionista allora mi attaccarono molto. Ma come è scomparsa l’Urss", presto "scomparirà presto il regime sionista".
Israele non è nuovo ad attacchi del genere, e il presidente iraniano non ha mai lesinato accuse e minacce esplicite nei suoi confronti. Ma mai uno Stato era arrivato al punto di organizzare un incontro internazionale per confutare le verità storiche di una tragedia, la Shoah, accettata da popoli e confessioni religiose anche molto distanti tra loro. La condanna, da parte della comunità internazionale, è stata unanime. Ma quale valutazione può essere offerta di questo incontro? Quale strategia politica può celare un’iniziativa del genere, che rischia di rivelarsi un boomerang per la diplomazia iraniana? Ne abbiamo parlato con Bijan Zarmandili, scrittore iraniano che dal 1960 risiede a Roma. Il suo giudizio non offre spazio ad interpretazioni: si è trattato di "un clamoroso errore politico".
Zarmandili, come giudica la recente conferenza sull’Olocausto tenutasi in Iran e fortemente voluta dal presidente Ahmadinejad?
"Un clamoroso errore di calcolo: l’Iran e Ahmadinejad hanno largamente sopravvalutato le proprie forze e il proprio ascendente politico. Ahmadinejad in precedenza era riuscito ad approfittare degli errori americani nella guerra in Iraq e in Afghanistan, che avevano rafforzato le posizioni dell’Iran e lo avevano reso l’unico Paese in grado di porsi come unico, vero rivale di Israele nella regione. Tuttavia, invece di sfruttare questi vantaggi strategici per poter trattare ad un tavolo negoziale, ad esempio, sul contenzioso nucleare, con questo convegno l’Iran rischia di rimanere completamente isolato rispetto alla comunità internazionale, non solo nei confronti di quei Paesi che hanno avuto direttamente a che fare con il dramma del nazismo e quindi hanno una elevata coscienza di questa tragedia, ma anche verso quei Paesi che hanno indirettamente appoggiato la politica iraniana, come Cina e Russia. Paesi che, certamente, non potranno in futuro avere un atteggiamento indifferente verso posizioni tanto oltranziste da parte del governo iraniano. Non è la prima volta che sentiamo parlare di revisionismo storico o di negazionismo, ma mai prima d’ora uno Stato, ufficialmente e assumendosene la piena responsabilità, aveva indetto una conferenza per negare una tragedia solitamente accettata dalla coscienza mondiale.
Per quale motivo, dunque, l’Iran persegue così apertamente questa strada negazionista, di cui si stenta a cogliere l’utilità?
A volte anche i leader politici che sembrano avere in mano il controllo della situazione possono peccare di eccessiva sicurezza politica. Ahmadinejad si è fatto l’illusione di potersi accattivare ulteriormente le simpatie del mondo arabo e islamico spingendo la rivalità e l’ostilità nei confronti dello Stato ebraico fino alla negazione della Shoah, ma ha sopravvalutato la propria forza. D’altronde, appena due anni fa alcune organizzazioni neofasciste e neonaziste europee hanno cercato l’attenzione di una parte del mondo arabo proprio portando avanti un’iniziativa di questo genere in Libano, con una conferenza a cui, però, non ha partecipato nessuna di quelle forze che gli organizzatori speravano di vedere, come Hezbollah o Hamas. Ahmadinejad deve aver pensato che con questo incontro avrebbe guadagnato maggiore influenza sulle masse arabe: una mossa sbagliata che probabilmente non avrà conseguenze pratiche. Infatti, un conto è parlare di confronto, finanche di scontro politico, con lo Stato israeliano, ma ben altra questione è andare oltre questi confini e toccare questioni morali, etiche, storiche ormai accettate. Il presidente iraniano, probabilmente, ha anche calcolato che questa iniziativa avrebbe messo in chiaro le sue capacità anche all’interno del regime e mostrare ai suoi rivali politici che lui ha la capacità di organizzare un’iniziativa di questa portata. Ma anche in questo caso i risultati sono stati scarsi, tanto è vero che la conferenza non si è conclusa, come Ahmadinejad aveva auspicato, con l’istituzione di una commissione che approfondisca le tesi che ne sono emerse.
Quali saranno le conseguenze di questa iniziativa sul piano interno?
L’Iran incontrerà nuove difficoltà, a questo punto. La compagine di governo ne risulterà indebolita: non tanto l’insieme della leadership iraniana, quanto la parte vicina al presidente. Probabilmente, ci sarà un seguito anche per quello che riguarda le proteste interne, di cui abbiamo avuto un assaggio proprio in apertura della conferenza, quando un gruppo di studenti ha pubblicamente contestato il presidente. Di tutto ciò avremo un quadro più chiaro nel giro di qualche giorno, dopo che si saranno svolte due importanti elezioni: una amministrativa, per i grandi comuni, come la Capitale; l’altra, più importante, riguardante il Consiglio degli esperti, dove Ahmadinejad è molto interessato alla possibilità di introdurre i propri candidati. Vedremo nei prossimi giorni quali saranno gli sviluppi di tutta questa situazione.
da Aprileonline
2. da ANED: Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti, 22 dicembre 2006, 12:47
Il presidente dell’ANED Gianfranco Maris ha inviato una lettera di adesione alla manifesazione unitaria indetta a Roma contro l’indegna Conferenza negazionista di Teheran dell’11 e 12 dicembre 2006. Pubblichiamo un ampio stralcio di questa lettera.
Impegnare le istituzioni massime di uno Stato - come ha fatto il Presidente Ahmadinejad in Iran - per raccattare il pattume dell’ignoranza e del negazionismo qua e là presente in Europa, nella illusoria speranza di poter ammantare di cultura una propaganda infima ed infame contro gli ebrei e contro Israele, è quanto di più vergognoso si possa immaginare.
Sarà per l’Iran un boomerang, come ci fanno intendere le prime, forse timide, ma non per questo meno significative, proteste di alcuni gruppi di studenti dell’Università di Teheran, che sicuramente si gonfieranno e si riverseranno in un onda che non potrà essere fermata su tutta la cultura iraniana, che non può non essere indignata per essere stata considerata dal Presidente del suo Stato come una sorta di massa beota, senza passato, senza memoria e senza storia.
Sento personalmente lacerante l’offesa di questa iniziativa, perché ho negli occhi e nel cuore i ricordi dei tanti, tanti compagni ebrei che ho visto assassinare nel campo di Mauthausen e vivissimo ho il ricordo di quel lontano gennaio del 1945, quando, dalla cava di pietra di Gusen, fui mandato sulla ferrovia a scaricare vagoni merci, che credevo contenessero materiali inerti, sacchi di cemento, strumenti di lavoro e che mi accorsi, invece, che contenevano seminude e quasi senza segni di vita una massa confusa di donne, che nel freddo e nella fame aveva trascorso notti e giorni in quel carro gelido, provenendo da Auschwitz, che stava per essere liberata dall’armata rossa. Solo per odio che non si placava che con la morte, i nazisti non volevano che conoscessero mai la libertà questi poveri uccellini stremati, senza voce e quasi senza sguardo, destinati subito alle camere a gas di Hartheim e di Mauthausen.
Ecco la verità del genocidio.
La conferenza di Teheran resterà nella Storia come un monumento, misura del livello infimo di etica e di cultura a cui porta l’odio dissennato di uomini contro altri uomini, ritenuti diversi e, quindi, da sopprimere, nel convincimento che questo agire integri e sopperisca i valori della ragione e del dialogo, i quali soltanto sono elementi legittimi per regolare i rapporti tra i popoli.
Ma quello che ancora di più preoccupa e che deve mantenere alta e continua la solidarietà tra quelli che oggi protestano contro la conferenza di Teheran, è quello che sta accadendo in questi giorni in Libano, con l’assedio di Ezbollah per impadronirsi del governo del Paese e realizzare il disegno di egemonia sopraffatrice nella regione dei Sciiti dell’Iran, della Siria e del Libano, incombente come un disegno di morte su Israele.
Ed è grave che si diffondano e siano presenti mistificazioni insopportabili sulla natura, sui contenuti, sulle finalità e sulla politica di Ezbollah, che taluni gabellano per patrioti e per resistenti, spudoratamente lacerando e capovolgendo le categorie storiche, ignorando le trame internazionali e le complicità con l’Iran e la Siria.
Questo non significa che non debba essere ulteriormente tesa, anzi, ulteriormente allungata la mano verso il popolo palestinese, pensando i pensieri di David Grossman, ebreo, nato in Israele. Quelli che Grossman esprime quando parla ai bambini palestinesi di suo figlio Uri, come se fosse vivo, mentre è saltato in aria sul suo carro il 14 agosto in un villaggio libanese.
Senza odio, parla di pace e di convivenza
Questa è la strada, perché la sopravvivenza ebraica a duemila anni di persecuzione non è mai stata garantita o affidata alla guerra o alla violenza, ma ha sempre percorso le strade della cultura, che non si esprime attraverso chiusure politiche, mediante negazione di diritti, ma che è assicurata soltanto dalla giustizia e dall’equità che sono le sole garanzie per la convivenza pacifica tra due popoli.
Il Presidente
Gianfranco Maris
Milano, 16 dicembre 2006
http://www.deportati.it/ultime/maris_161206.html