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Appello: nessun incarico istituzionale per Giulio Andreotti

Publie le mercoledì 26 aprile 2006 par Open-Publishing
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Vi trasmetto questo appello

Ciao a tutte/i

CASA DELLA LEGALITA’ E DELLA CULTURA
Osservatorio sulla Criminalità e le Mafie
Via Sergio Piombelli 15, 16159 Genova
tel. 010.6456385 port. 392.4682144

sito http://www.genovaweb.org

forum http://www.genovaweb.org/forum

e-mail osservatoriomafie@genovaweb.org

c.abbondanza@genovaweb.org

AGGIORNAMENTO 25.04.2006 - ore 20:00

Sono già oltre trecento le adesioni all’appello "Nessun incarico istituzionale a Giulio Andreotti (ed agli altri "impresentabili"). Crediamo sia necessario raggiungere il maggior numero di adesioni entro l’insediamento del nuovo Parlamento.

Vogliamo che l’indignazione per il pericolo dell’ennesima vergogna sia chiaro e determinante nel condizionare la maggioranza parlamentare dell’Unione.

Chiediamo a ciascun cittadino, come a ciscun organo di informazione on line, radiotelevisiva e della stampa, di mobiltarsi nell’interesse del prestigio e della credibilità delle Istituzioni della nostra Repubblica.

Venerdì 27 aprile, prima della seduta del Senato, invieremo le firme raccolte a Romano Prodi ed ai gruppi parlamentari dell’Unione perchè questi sappiano che devono tenere fede all’impegno assunto con gli elettori, impedendo ogni sorta di
inciucio e quindi evitando che Giulio Andreotti (o altri "impresentabili") assumano incarichi istituzionali o di governo.

Grazie a quanti hanno già aderito ed a quanti potranno darci una mano.

Cordiali saluti
Christian Abbondanza

promosso il 24 aprile 2006

APPELLO NESSUN INCARICO ISTITUZIONALE A GIULIO ANDREOTTI
(ed agli altri "impresentabili")

La maggioranza parlamentare uscita dalle elezioni del 9 e 10 aprile ha la responsabilità di garantire che le cariche istituzionali e di governo siano ricoperte da persone limpide ed oneste, competenti e libere da condizionamenti che non siano quelli portati nella trasparenza democratica dai cittadini che rappresentano, dalle Istituzioni locali e dal Parlamento.

In questo quadro chiediamo che l’Unione dichiari da subito che alla persona di Giulio Andreotti, riconosciuto colpevole di associazione mafiosa sino alla primavera del 1980 (reato prescritto ma dimostrato e confermato dal giudizio in
Cassazione, con condanna al pagamento delle spese processuali), come agli altri eletti con pendenze e precedenti penali o prescrizioni giudiziarie, non venga assegnato alcun ruolo istituzionale o di governo.

Chiediamo quindi una chiara dichiarazione di Romano Prodi in tale senso, e l’impegno di tutti gli eletti nella sua coalizione a votare in conseguenza, respingendo da subito l’ipotesi dell’elezione di Giulio Andreotti alla Presidenza del Senato o di una Commissione parlamentare.

Promosso da:

"Casa della Legalità - Osservatorio sulle Mafie" - Christian Abbondanza, Simonetta Castiglion

"Democrazia e Legalità" - Elio Veltri

Per adesioni, individuali o collettive, associazioni, movimenti o comitati, inviare un

e-mail a osservatoriomafie@genovaweb.org

Hanno aderito alle 19:10 del 25 aprile 2006, 328 cittadini tra cui MARCO TRAVAGLIO

la lista completa sul sito alla pagina:

http://www.genovaweb.org/legalita/appello_no_andreotti.htm

Le Adesioni collettive giunte sono:

 Associazione Sconfiggiamo la mafia
 Comitato ARCI Legnago
 Communitas 2002 Cittadini per l’etica nella politica
 Movimento Italia Onesta
 Cittadini della Memoria
 Comitato Piazza Verdi Bologna
 Società Italiana di Aziendogia - Genova
 Associazione Cittadine e Cittadini per l’Ulivo - area sud est Roma
 Associazione contro le illegalità e le mafie "Antonino Caponnetto" - Lazio


l’Unità - 24 Aprile 2006

IL CASO

È stato l’esito del processo al senatore a vita. Ha «commesso» il reato di associazione per delinquere fino al 1980...

La seconda carica dello Stato a un prescritto per mafia?

di Marco Travaglio

Il giovin virgulto individuato dalla Casa delle Libertà per la presidenza del Senato, in nome del rinnovamento della politica, si chiama Giulio Andreotti. Molti eccepiscono che l’ex (sette volte) presidente del Consiglio ha pochi tratti in comune con Silvio Berlusconi. Ma almeno uno ce l’ha: una prescrizione. Nella sentenza più agghiacciante (e dunque più sconosciuta) pronunciata nella storia della giustizia occidentale, è scritto che Andreotti ha "commesso" il reato di associazione per delinquere (Cosa Nostra, per la precisione) fino al 1980, e se l’è cavata solo grazie al fattore-tempo.

E’ la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Palermo nel 2003 e resa definitiva dalla Cassazione nel 2004. I giudici di appello parlano di "una autentica, stabile ed amichevole disponibilità dell’imputato verso i mafiosi" fino alla "primavera del 1980". Nel dettaglio, ritengono provate le "amichevoli e anche dirette relazioni del sen. Andreotti con gli esponenti di spicco della cosiddetta ala moderata di Cosa Nostra, Stefano Bontate
e Gaetano Badalamenti, propiziate dal legame del predetto con l’on.

Salvo Lima, ma anche con i cugini Salvo, essi pure organicamente inseriti in Cosa Nostra"; i "rapporti di scambio che dette amichevoli relazioni hanno determinato: il generico appoggio elettorale alla corrente andreottiana; il solerte attivarsi dei mafiosi per soddisfare, ricorrendo ai loro metodi, talora anche cruenti, possibili esigenze - di per sé, non sempre di contenuto illecito - dell’imputato o di amici del medesimo; la palesata disponibilità e il manifestato buon apprezzamento del ruolo dei mafiosi da parte dell’imputato"; "la travagliata, ma non per questo meno sintomatica ai fini che qui interessano, interazione dell’imputato con i mafiosi nella vicenda Mattarella, risoltasi, peraltro, nel drammatico fallimento del disegno del predetto di mettere sotto il suo autorevole controllo la azione dei suoi interlocutori ovvero, dopo la scelta sanguinaria di costoro, di tentare di recuperarne il controllo, promuovendo un definitivo, duro chiarimento, rimasto infruttuoso per l’atteggiamento arrogante assunto dal Bontate".

Insomma "il sen. Andreotti ha avuto piena consapevolezza che suoi sodali siciliani intrattenevano amichevoli rapporti con alcuni boss mafiosi; ha quindi, a sua volta, coltivato amichevoli relazioni con gli stessi boss; ha palesato agli stessi una disponibilità non meramente fittizia, ancorché non necessariamente seguita da concreti, consistenti interventi agevolativi; ha loro chiesto favori; li ha incontrati; ha interagito con essi; ha loro indicato il comportamento da tenere in relazione alla delicatissima questione Mattarella, sia pure senza riuscire, in definitiva, a ottenere che le stesse indicazioni venissero seguite; ha indotto i medesimi a fidarsi di lui e a parlargli anche di fatti gravissimi (come l’assassinio del Presidente Mattarella) nella sicura consapevolezza di non correre il rischio di essere denunciati; ha omesso di denunciare le loro responsabilità, in particolare in relazione all’omicidio del Presidente Mattarella, malgrado potesse, al riguardo, offrire utilissimi elementi di conoscenza".

Conclusione: "La Corte ritiene che sia ravvisabile il reato di partecipazione alla associazione per delinquere nella condotta di un eminentissimo personaggio politico nazionale, di spiccatissima influenza nella politica generale del Paese ed estraneo all’ambiente siciliano, il quale, nell’arco di un congruo lasso di tempo, ... incontri ripetutamente esponenti di vertice della stessa associazione; intrattenga con gli stessi relazioni amichevoli, rafforzandone la influenza; appalesi autentico interessamento in relazione a vicende particolarmente delicate per la vita del sodalizio mafioso; indichi ai mafiosi, in relazione a tali vicende, le strade da seguire e discuta con i medesimi anche di fatti criminali gravissimi da loro perpetrati in connessione con le medesime vicende, senza destare in essi la preoccupazione di venire denunciati; ... dia a detti esponenti mafiosi segni autentici - e non meramente fittizi - di amichevole disponibilità, idonei... a contribuire al rafforzamento della organizzazione criminale, inducendo negli affiliati, anche per la sua autorevolezza politica, il sentimento di essere protetti al più alto livello del potere legale".

Quanto basta per affermare che "il reato è concretamente ravvisabile a carico del sen. Andreotti", anche se "estinto per prescrizione".

Giulio Andreotti

marcotravaglio.it

Messaggi

  • Non voglio avere un amico di Riina e Provenzano, Bontade e chi più ne ha più ne metta a capo del Senato.

    Stefano

    • Il prescritto a vita

      La Corte, visti gli artt. 416, 416bis, 157 e ss., c. p.; 531 e 605 c. p. p.; in parziale riforma della sentenza resa il 23 ottobre 1999 dal Tribunale di Palermo nei confronti di Andreotti Giulio ed appellata dal Procuratore della Repubblica e dal Procuratore Generale, dichiara non doversi procedere nei confronti dello stesso Andreotti in ordine al reato di associazione per delinquere a lui ascritto al capo A) della rubrica, commesso fino alla primavera del 1980, per essere Io stesso reato estinto per prescrizione; conferma, nel resto, la appellata sentenza (...). Quanto fin qui si è venuto illustrando indica con chiarezza che la Corte ritiene che una autentica, stabile ed amichevole disponibilità dell’imputato verso i mafiosi si sia protratta... (fino alla) primavera del 1980 (...)

      La Corte ha ritenuto la sussistenza:

       di amichevoli e anche dirette relazioni del sen. Andreotti con gli esponenti di spicco della cosiddetta ala moderata di Cosa Nostra, Stefano Bontate e Gaetano Badalamenti, propiziate dal legame del predetto con l’on. Salvo Lima, ma anche con i cugini Salvo, essi pure organicamente inseriti in Cosa Nostra";

       di rapporti di scambio che dette amichevoli relazioni hanno determinato: il generico appoggio elettorale alla corrente andreottiana; il solerte attivarsi dei mafiosi per soddisfare, ricorrendo ai loro metodi, talora anche cruenti, possibili esigenze - di per sé, non sempre di contenuto illecito - dell’imputato o di amici del medesimo; la palesata disponibilità e il manifestato buon apprezzamento del ruolo dei mafiosi da parte dell’imputato";

       della travagliata, ma non per questo meno sintomatica ai fini che qui interessano, interazione dell’imputato con i mafiosi nella vicenda Mattarella, risoltasi, peraltro, nel drammatico fallimento del disegno del predetto di mettere sotto il suo autorevole controllo la azione dei suoi interlocutori ovvero, dopo la scelta sanguinaria di costoro, di tentare di recuperarne il controllo, promuovendo un definitivo, duro chiarimento, rimasto infruttuoso per l’atteggiamento arrogante assunto dal Bontate..." (continua).

      (sentenza della Corte d’Appello di Palermo, presidente Salvatore Scaduti, a carico di Andreotti Giulio, 2 maggio 2003, poi resa definitiva dalla Corte di Cassazione il 15 ottobre 2004)

    • Il prescritto a vita/2

      "... Il sen. Andreotti ha avuto piena consapevolezza che suoi sodali siciliani intrattenevano amichevoli rapporti con alcuni boss mafiosi; ha quindi, a sua volta, coltivato amichevoli relazioni con gli stessi boss; ha palesato agli stessi una disponibilità non meramente fittizia, ancorché non necessariamente seguita da concreti, consistenti interventi agevolativi; ha loro chiesto favori; li ha incontrati; ha interagito con essi; ha loro indicato il comportamento da tenere in relazione alla delicatissima questione Mattarella, sia pure senza riuscire, in definitiva, a ottenere che le stesse indicazioni venissero seguite; ha indotto i medesimi a fidarsi di lui e a parlargli anche di fatti gravissimi (come l’assassinio del Presidente Mattarella) nella sicura consapevolezza di non correre il rischio di essere denunciati; ha omesso di denunciare le loro responsabilità, in particolare in relazione all’omicidio del Presidente Mattarella, malgrado potesse, al riguardo, offrire utilissimi elementi di conoscenza (...)

      In definitiva la Corte ritiene che sia ravvisabile il reato di partecipazione alla associazione per delinquere nella condotta di un eminentissimo personaggio politico nazionale, di spiccatissima influenza nella politica generale del Paese ed estraneo all’ambiente siciliano, il quale, nell’arco di un congruo lasso di tempo,

      a) chieda ed ottenga, per conto di suoi sodali, ad esponenti di spicco della associazione interventi para-legali, ancorché per finalità non riprovevoli;

      b) incontri ripetutamente esponenti di vertice della stessa associazione;

      c) intrattenga con gli stessi relazioni amichevoli, rafforzandone la influenza anche rispetto ad altre componenti dello stesso sodalizio tagliate fuori da tali rapporti;

      d) appalesi autentico interessamento in relazione a vicende particolarmente delicate per la vita del sodalizio mafioso;

      e) indichi ai mafiosi, in relazione a tali vicende, le strade da seguire e discuta con i medesimi anche di fatti criminali gravissimi da loro perpetrati in connessione con le medesime vicende, senza destare in essi la preoccupazione di venire denunciati;

      f) ometta di denunciare elementi utili a far luce su fatti di particolarissima gravità, di cui sia venuto a conoscenza in dipendenza di diretti contatti con i mafiosi;

      g) dia, in buona sostanza, a detti esponenti mafiosi segni autentici - e non meramente fittizi - di amichevole disponibilità, idonei, anche al di fuori della messa in atto di specifici ed effettivi interventi agevolativi, a contribuire al rafforzamento della organizzazione criminale, inducendo negli affiliati, anche per la sua autorevolezza politica, il sentimento di essere protetti al più alto livello del potere legale.

      Alla stregua dell’esposto convincimento, si deve concludere che ricorrono le condizioni per ribaltare, sia pure nei limiti del periodo in considerazione, il giudizio negativo espresso dal Tribunale in ordine alla sussistenza del reato e che, conseguentemente, siano nel merito fondate le censure dei PM appellanti. Non resta, allora, che confermare, anche sotto il profilo considerato, il già precisato orientamento ed emettere, pertanto, la statuizione di non luogo a procedere per essere il reato (di associazione per delinquere con Cosa Nostra, ndr) concretamente ravvisabile a carico del sen. Andreotti estinto per prescrizione".

      (sentenza della Corte d’Appello di Palermo, presidente Salvatore Scaduti, a carico di Andreotti Giulio, 2 maggio 2003, poi resa definitiva dalla Corte di Cassazione il 15 ottobre 2004).