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Argentina, finisce alla sbarra il "carceriere" della dittatura
Publie le venerdì 13 febbraio 2009 par Open-PublishingArgentina, finisce alla sbarra il "carceriere" della dittatura
di Angela Nocioni
Brutta aria all’apertura del processo del generale argentino Jorge Carlos Olivera Rovere, capo dei maggiori centri di detenzione clandestina durante il regime militare a Buenos Aires (’76-’83). Il processo è il più importante nella storia giudiziaria argentina dopo quelli ai vertici della giunta, Videla e Massera. I giudici del tribunale federale numero 5, Daniel Obligado, Guillermo Gordo e Ricardo Frías, hanno chiesto alle Madres de plaza de mayo presenti in aula di togliersi dalla testa il fazzoletto bianco con ricamata la data della scomparsa dei loro figli.
La motivazione è stata: «inappropriato». Il pañuelo bianco delle madri è il simbolo della lotta contro l’impunità dei crimini commessi durante il regime militare. I tre giudici hanno anche impedito l’accesso in aula a fotografi e telecamere. Hanno proposto a un cameraman della tv pubblica e a un fotografo di entrare. Esiste un ordine della Corte suprema argentina che garantisce il diritto alla pubblicità di questi processi. La tv ha rifiutato la proposta, il fotografo ha accettato ma è stato tenuto dentro tre minuti. I tre minuti sono scaduti prima che l’imputato facesse ingresso in aula. Olivera deve rispondere dell’omicidio di quattro rifugiati uruguayani, tra i quali i deputati Zelmar Michelini y Héctor Gutiérrez (rapiti il 18 maggio del 1976 e trovati morti tre giorni dopo in un’auto abbandonata) di 116 sequestri e di numerosi casi di tortura. Insieme a lui sono a giudizio altri due generali, due colonnelli e un tenente, anelli di comando del Primer Cuerpo del Ejército che si occupò della repressione di potenziali dissidenti politici subito dopo il golpe.
Olivera ha 82 anni, sta bene di salute ed è assai improbabile che, se condannato, metterà mai piede in carcere. Al processo è arrivato tranquillo, dalla sua casa a Buenos Aires. Tra i responsabili degli omicidi commessi durante il regime è uno di quelli a cui è andata meglio. Ha una infinita lista di crimini imputati, è stato anche processato, ma l’hanno salvato prima le leggi di amnistia (cancellate qualche anno fa dal governo di Nestor Kirchner) e poi, alla riapertura del processo nel 2003, una sentenza della Cámara de Casación che l’ha messo in libertà in attesa di giudizio. Il lavoro del tribunale federale n. 5 si annuncia lungo. C’è una gran numero di testimoni da ascoltare, tra i quali alcuni sopravvissuti alle celle del Banco, dell’Olimpo e dell’Automotores Orletti, centri di detenzione clandestina tutti controllati dal Primer Cuerpo del Ejército, diretto dal generale Carlos Suárez Mason, morto di infarto 4 anni fa.