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Art.18, i dolori di Pd e Cgil
par Dante Barontini
Publie le martedì 20 dicembre 2011 par Dante Barontini - Open-Publishing1 commento

Crescono le frizioni interne al Pd e alla Cgil davanti all’offensiva del governo contro l’art. 18.
I problemi per il Pd (e la Cgil) stanno assumendo contorni e dimensioni devastanti. Il Pd, insieme al terzo polo casinian-finiano, è l’unico partito che sostenga senza riserve il governo, al punto da farlo identificare – nella propaganda legista e berlusconiana – come “un governo di sinistra”.
E non ci può essere cosa più esiziale di un governo tecnicamente di destra, che massacra il reddito (e i diritti acquisiti) della popolazione, fatto passare nella percezione comune per qualcosa “di sinistra”. E’ su queste basi, infatti, che da vent’anni a questa parte, hanno potuto costruire un movimento reazionario di massa. Che ora può esplodere senza più molti freni. Per venti anni, infatti, destra berlusconiana e centrosinistra si sono succeduti al governo secondo uno schema fisso: la destra se ne fregava dei conti pubblici, privilegiando le spese clientelari o le “grandi opere”, il centrosinistra si applicava al “risanamento strabico”, obbligando lavoratori e ceti polari a “sacrifici” sempre un poco più pesanti senza però nemmeno sfiorare gli interessi del blocco berlusconiano. La destra ha potuto dunque crescere avendo come alleato un centrosinistra composto e guidato da autentici idioti, passati senza nemmeno un briciolo di riflessione dall’”eurocomunismo” al liberismo concorrenziale.
Ora siamo all’assalto finale, preparato anche grazie a vampiri tecnocrati cresciuti sotto le bandiere “democratiche” (la stessa Fornero, oltre al solito Ichino), con al centro l’antico obiettivo dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
Su questo punto la propaganda è martellante ma costretta a sparare cazzate senza né capo né coda. E’ infatti invisibile il legame tra possibilità di licenziare e “aiuto per i giovani”. Né si può credibilmente sostenere che “licenziando i padri” si assumeranno più giovani, visto che stanno allungando l’età pensionabile fino ai limite della morte fisica; chiudendo quindi le porte a qualsiasi possibilità di far entrare ondate di giovani nei posti di lavoro.
Eppure le due cose vengono pubblicamente sostenute nello stesso discorso.
E’ evidente anche che la licenziabilità non ha nulla a che vedere con “la crescita”, messa lì come argomentazione governativa particolarmente infame. E’ vero infatti che sono le imprese a chiedere da anni la licenziabilità individuale. Ma per tutt’altre ragioni.
L’art. 18 impedisce infatti loro di licenziare tutti i dipendenti considerati per il più vari motivi “poco redditizi”. L’elenco è lungo, ma ne diamo alcuni esempi a titolo indicativo: disabili (assunti grazie a una legge degli anni ’70 che obbligava a metterne al lavoro una quota), “inidonei” , quelli sche scioperano troppo e i sindacalisti conflittuali (fin qui protetti anche dall’art. 28).
L’ideale delle imprese è avere solo dipendenti in piena forma e obbedienti. Tutti gli altri sono “scarti” da scaricare altrove, anche se prodotti dall’impresa stessa (come gli inidonei), a cominciare dagli “anziani” e dai “rompicoglioni”.
A questo desiderio vuol venire incontro il governo. Ma questo significa anche la scomparsa del sindacato confederale, perché in relazioni industriali di questo tipo non c’è nulla che possa fare per “offrire un servizio” (“dare rappresentanza” sembra sinceramente eccessivo) ai lavoratori. E corpaccioni “complici” come quelli di Cgil, Cisl e Uil non sono certo riconvertibili alla ginnastica conflittuale durissima che si annuncia...
La "durezza" della reazione di Susanna Camusso segnala l’"annusamento" di questo rischio.
L’ultima questione in ballo è quello della legittimità democratica di decisioni prese da un governo di “nominati” da poteri invisibili e votate da un parlamento di “nominati” da capipartito, che porterà per sempre come misura della sua indipendenza l’aver “garantito” che Ruby sembrava proprio la nipote di Mubarak ….
Dante Barontini - Contropiano
Messaggi
1. Art.18, i dolori di Pd e Cgil, 20 dicembre 2011, 15:13
Sempre di Dante Barontini da Contropiano
Un Sacconi con lacrima
Il coccodrillo ha finito le lacrime. E si prepara a un pasto molto più sostanzioso.
Le pensioni, in fondo, erano una preda facile, visto che i partiti volevano farla ma non pagarla elettoralmente. E i sindacati confederali erano disponibili da tempo a “cedere” su questo punto.
La cosa meno sopportabile del ministro Elsa Fornero è il suo parlare berlusconiano.
Con la menzogna incorporata, come se ogni cosa che ci viene tolta fosse fatta soltanto “per il nostro bene”. Lacrima compresa.
Sulle pensioni l’abbiamo sentita parlare spesso di “equità intergenerazionale”, mentre Confindustria – più onestamente – parlava di “equità attuariale” (di puri numeri, insomma). Anche se ha lasciato fuori le casse professionali (che contengono quasi per intero la classe dirigente), i magistrati e i militari. Insomma i pilastri del potere, uomini che monopolizzano la ricchezza e l’uso della forza repressiva. Una fetenzia sfacciata, camuffata da “equità”.
Ma ormai la ministra sembra a suo agio in questa parte da killer compassionevole. E vuol metter mano al mercato del lavoro, agli ammortizzatori sociali e alla formazione.
Il ragionamento, anche su questo fronte, è particolarmente perverso. Parte addirittura dalla denuncia di un presunto “patto implicito tra aziende e lavoratori anziani a scapito dei giovani”. Che carogne ’sti lavoratori... Sanno che quando diventano anziani le imprese tendono a sbarazzarsene e – autentici “vampiri” - accettano di buon grado il prepensionamento!
La Fornero sa bene, per professione, che la cassa integrazione è una misura pensata per aiutare le imprese, non i lavoratori. Perché è lo stato ad assumersi l’onere degli stipendi per il periodo di crisi. Sa anche dunque, che gli “ammortizzatori sociali” - come mobilità e prepensionamenti – sono stati elaborati allo stesso scopo: liberare le aziende di forza lavoro non più occupabile (nessuna azienda assume ultra-cinquantenni, tranne forse che nelle figure professionali più elevate) ed evitare le tensioni sociali conseguenti. Se è persona esperta, dunque, sa bene di mentire.
Di quale “patto” va dunque cianciando? E perché mai il prepensionamento sarebbe “a scapito dei giovani”? Se le imprese stanno strutturalmente bene, possono assumere tutti i giovani che vogliono al posto di anziani “prepensionati”. Ma la Fornero ha fatto di più: ha allungato l’età pensionabile fino a 67 anni, con vista sui 70. Questo significa disincentivare per anni le assunzioni di giovani, perché quei posti di lavoro restano occupati più a lungo a dispetto dei lavoratori che vorrebbero ritirarsi e delle imprese che vogliono liberarsene. Se c’è qualcuno che vuol tenere “i giovani” lontani dal lavoro, dunque, è lei e tutto il governo di cui fa parte.
Ma non è finita qui. Il primo punto della sua ipotesi di “riforma del mercato del lavoro” è l’abrogazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Lo chiedono le imprese, perché con il “licenziamento individuale” possono risolvere molti “problemini” fastidiosi. Per esempio mandar via i disabili, i sindacalisti e i lavoratori più combattivi, gli inidonei. Ovvero i “lesionati” fisicamente per colpa delle mansioni svolte; solo alla Fiat di Melfi ce ne sono 2.200 su poco più di 5.000. Senza l’art. 18 potrebbero venir messi fuori, magari alla spicciolata, per non dare nell’occhio. E il governo della signora Fornero, per evitare guai alle aziende e spese aggiuntive per l’assistenza sociale – con l’art. 6 della manovra Monti - ha abrogato la “causa di servizio”. Cosa significa? Che quei lavoratori non potranno vedersi riconosciuta una “diminuita capacità lavorativa” per colpa del lavoro che hanno fatto. Quindi: l’azienda non gli dovrà dare un risarcimento, lo Stato non dovrà pagargli una pensione anticipata, nessun altro imprenditore gli darà un lavoro proprio perché “inidonei”. Non bisogna avere molta immaginazione per vedere come andranno a finire...
Ma alla signora Fornero piace dirla in un altro modo: «Giovani e donne sono i più penalizzati perché la via italiana alla flessibilità ha riguardato solo loro, risparmiando i lavoratori più anziani e garantiti». Prima – con Treu, Sacconi, Ichino et alii – hanno creato una fascia sociale senza più alcuna certezza (“flessibilissima”), poi vorrebbero anche usarla contro “il solito settore ipergarantito”, che sarebbe poi quella frazione residua dei loro padri che ancora non ha perso il lavoro grazie anche all’art. 18.
Menzogna, incitamento alla “guerra tra poveri”, macelleria sociale. Qual’è la differenza tra il predecessore Sacconi e il ministro Fornero? Ah, già, la lacrima...