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L’articolo che segue penso possa interessarci tutti. E’ vero Intesa
esce, ma su questo vorrei riparlarne, da cliente ex dipendendente e
memore dell’ultimo report domenicale...
Doriana
"Banche armate": ritornano Unicredit e BPM, esce Intesa
http://unimondo.oneworld.net/article/view/133550/1/
Un parziale ridimensionamento e un ritorno in affari. Così possiamo
sintetizzare l’operato delle due banche "sotto osservazione" da parte
della Campagna di pressione alle banche armate: Banca Popolare di
Milano (BPM) e Unicredit. BPM svolge infatti ancora 26 operazioni
d’appoggio al commercio delle armi per un valore complessivo di oltre
34,6 milioni di euro che ricoprono più del 3% del totale: un
ridimensionamento rispetto all’anno precedente (53 milioni di euro), ma
non tale da fugare tutti i dubbi. Tra le nuove autorizzazioni, oltre
all’Irlanda (29,8 milioni di euro) appaiono quelle con Cina (5,26
milioni di euro), Messico (8 milioni di dollari) e India (per 1,2
milioni di euro) e tra le minori Turchia, Albania, Brasile, Malaysia.
Ulteriori interrogativi suscita anche la ricomparsa con oltre 101
milioni di euro Unicredit (9% del totale) che aveva finora giustificato
la propria attività nel settore con la necessità di un periodo
transitorio per l’uscita definitiva da questo mercato. Va segnalata, invece, la quasi totale scomparsa di Banca Intesa che nel 2005 ha assunto solo 2 operazioni di valore
irrisorio (163 mila euro): la banca sta dunque onorando la decisione
del marzo 2004 di sospendere la partecipazione a operazioni
finanziarie che riguardano l’esportazione, l’importazione e transito di
armi e di sistemi di arma. "Banche armate": ritornano Unicredit e
BPM, esce Intesa . Un parziale ridimensionamento e un ritorno in affari. Così possiamo sintetizzare l’operato delle due banche "sotto osservazione" da parte
della Campagna di pressione alle ’banche armate’. Banca Popolare di
Milano (BPM) e Unicredit.
Nonostante l’annuncio lo scorso maggio del presidente di Banca popolare
di Milano (BPM) Roberto Mazzotta di un impegno della banca "a non
partecipare ad operazioni di finanziamento che riguardino esportazione,
importazione e transito di armi e sistemi darma", l’istituto milanese
compare infatti anche quest’anno nel lungo elenco delle banche che
appoggiano l’export delle armi "made in Italy". Si tratta di 26
operazioni per un valore complessivo di oltre 34,6 milioni di euro che
ricoprono più del 3% di tutte le operazioni autorizzate dal Ministero
dell’Economia e delle Finanze nel 2005. Un ridimensionamento, certo,
rispetto all’anno precedente quando la comparsa di BPM nel business
delle armi con 22 commesse per oltre 53 milioni di euro di "operazioni
autorizzate", pari al 4,05% del totale, aveva suscitato diversi
interrogativi da parte degli esponenti della "Campagna di pressione
alle banche armate" e in modo particolare di Banca Etica di cui BMP è
socio.
Ma non tale da fugare tutti i dubbi.
Ed anzi solleva nuovi interrogativi l’elenco dei Paesi con i quali BPM ha ricevuto nel 2005 per conto di propri clienti produttori di armi autorizzazioni ad "incassi e pagamenti". Si tratta,di 26 nuove autorizzazioni, di cui gran parte è ricoperta da una
fornitura di 4 elicotteri Agusta AB139 per impiego militare all’Irlanda
del valore di oltre 29,8 milioni di euro con autorizzazione alla banca
di un primo saldo fornitura di oltre 21,5 milioni di euro. Ma anche una
consistente nuova autorizzazione verso la Cina con un valore
complessivo di fornitura di oltre 5,26 milioni di euro e di autorizzazione per la prima fornitura di 4,47 milioni di euro di cui non si reperisce il sistema d’arma. Altre nuove operazioni minori dell’istituto milanese riguardano Lussemburgo (3,1 milioni di euro) e Stati Uniti (1,49 milioni di euro), ma anche Messico (8 milioni di
dollari, dopo quella di 5,6 milioni l’anno scorso) e India (per 1,2
milioni di euro), e tra le minori, Turchia, Albania, Brasile, Malaysia, Spagna e Grecia.
Permane quindi più di qualche interrogativo sulla coerenza con i principi di
"banca non armata" annunciati da Banca Popolare di Milano.
Interrogativi che, vogliamo credere, non mancheranno di essere
sollevati anche nella prossima Assemblea dei soci di Banca Etica in
programma per sabato 27 maggio a Bari.
Ulteriori interrogativi suscita anche la ricomparsa con oltre 101
milioni di euro di Unicredit nell’elenco delle operazioni in appoggio
all’export di armi. Il gruppo capitanato da Alessandro Profumo, a dire
il vero, non è mai uscito dal business delle armi. Ma, dopo che nel
dicembre 2000 aveva emesso ordini di servizio che disponevano dal 1°
gennaio 2001 di non assumere più nuovi contratti di questo tipo aveva
di fatto ridotto notevolmente la propria partecipazione in gran parte
ereditata dal Credito Italiano che nel 1999 con più di 644 milioni di
euro di operazioni ricopriva più del 60% del totale degli importi
autorizzati in quell’anno. Negli anni successivi le operazioni assunte
da Unicredit venivano giustificate con la necessità di un periodo
transitorio per l’uscita definitiva da questo mercato e comunque
passavano dai 106 milioni di euro del 2000 ai 20,2 milioni del 2004
tanto da indurre chi scrive a segnalare, seppur in modo cautelativo, la
graduale attuazione delle disposizioni comunicate dal gruppo. Stupisce pertanto ritrovare Unicredit nell’elenco delle esportazioni autorizzate dal Ministero
dell’Economia e delle Finanze per i sistemi d’armamento e per un valore
complessivo di oltre 101 milioni di euro che, ricoprendo quasi il 9%
del totale, piazzano Unicredit al quarto posto della lista del
Ministero. Scorrendo il lungo elenco delle 61 nuove operazioni tra le
principali vanno segnalate quelle verso Regno Unito (10,6 milioni di
euro) e Stati Uniti (8,7 milioni di dollari) mentre il resto è disperso
in una serie di operazioni minori con Paesi che vanno dalla Francia al
Giappone, dalla Romania a Israele. E’ opportuno pertanto mantenere un
atteggiamento cautelativo in attesa di chiarimenti da parte del gruppo
Unicredit.
Per quanto riguarda gli altri maggiori Istituti di credito va
innanzitutto notato che, nonostante l’annunciata riduzione del volume
di operazioni, le prime quattro principali banche di appoggio al
commercio delle armi sono italiane con Capitalia mantiene saldo il
primo posto (168 milioni di euro) seguita dal il gruppo S. Paolo Imi
(164 milioni), dalla Cassa di Risparmio di La Spezia (112 milioni) e
dal già ricordato gruppo Unicredit (101 milioni).
A Capitalia va riconosciuto di aver cominciato ad attuare quanto
annunciato dal Direttore Generale al convegno nazionale promosso dalla
Campagna lo scorso gennaio, la volontà cioè di ridimensionare
significativamente il volume delle transazioni collegate ad operazioni
di export di armamenti, che passano infatti dai 2004 ai 168 milioni del
2005. Anche se le maggiori operazioni riguardano Regno Unito (42
milioni di sterline) e Norvegia (24,8 milioni di euro), suscitano però
più di qualche domanda le autorizzazioni che concernono India (8,5
milioni di dollari), Turchia (3 milioni di dollari) e Emirati Arabi
Uniti (1,3 milioni di euro) e la continuazione di un’operazione di 15,4
milioni di euro con la Cina.
Circa il gruppo S. Paolo Imi, va innanzitutto detto che per volume di
operazioni di fatto scavalca Capitalia: ai 164 milioni di euro di
autorizzazioni rilasciate alla banca torinese vanno infatti sommati gli
8,3 milioni di euro della Cassa di Risparmio di Bologna che va parte
dello stesso gruppo S. Paolo Imi. Il gruppo è il più attivo anche per
numero di operazioni (109) che in gran parte sono assorbite da
esportazioni verso la Francia (73,7 milioni di euro per un lotto di
componenti per 24 missili antiaerei Aster della Mbda che però hanno
come destinazione finale Singapore), Spagna (17,4 milioni), Belgio
(17,4 milioni) e Germania (15,1 milioni). Ma spiccano anche le
autorizzazioni a Paesi in zone calde del pianeta e dove si registrano
continue violazioni dei diritti umani come Egitto (2,27 milioni di euro
per attrezzature e documentazione per missile Aspide2000 sempre della
Mbda) e Turchia (900mila euro) e minori verso Israele (660 mila euro),
Malaysia (684 mila dollari) e Cina (510 mila euro). Le autorizzazioni
della Cassa di Risparmio di Bologna riguardano invece prevalentemente
Paesi della Nato e Australia.
Raddoppiano le operazioni collegate all’export di armi della Cassa di
Risparmio di La Spezia che nel 2005 superano i 112,4 milioni di euro
dopo aver registrato negli anni precedenti autorizzazioni per 34,1 (nel
2003) e 50,9 milioni di euro (nel 2004). La banca, che appartiene al
gruppo Cassa di Risparmio di Firenze, è tradizionalmente punto di
riferimento delle industrie spezzine del settore e si distingue
quest’anno soprattutto per diverse operazioni con Paesi mediorientali
ed asiatici come la Thailandia (10,7 milioni di euro per due cannoni
leggeri 76/62 super rapido della OtoMelara), Emirati Arabi Uniti (2,6
milioni per 12 torrette da 12,7 mm per versione navale OtoMelara) e
Pakistan (1,4 milioni sempre per due torrette da 12,7 mm per versione
navale, parti di ricambio e 6000 munizioni).
Tra le maggiori banche italiane da segnalare anche la Banca Nazionale
del Lavoro (BNL) che nel 2005 riporta 90 autorizzazioni per un valore
complessivo di oltre 60 milioni di euro, in calo rispetto agli ultimi
due anni quando aveva registrato una media di 70 milioni di euro. Il
Bilancio Sociale del 2002 informerebbe che BNL ha maturato la
decisione di ridurre progressivamente il proprio coinvolgimento nelle
attività finanziarie legate al commercio di armamenti, limitandosi
esclusivamente ai paesi dellUnione Europea e della NATO nellambito
delle rispettive politiche di difesa e sicurezza. Decisione che però
non è totalmente supportata dalle informazioni delle ultime Relazioni
che vedevano operazioni di BNL con diversi Paesi extra-Ue ed extra Nato
che continuano anche nel 2005 con due autorizzazioni verso il Pakistan
del valore di 2,3 e di 1 milione di euro. Le maggiori operazioni si
assetano però in linea con la recente policy della Banca e riguardano
Grecia (13,4
milioni di euro), Germania (la maggiore di 7,4 milioni di euro) e Regno
Unito (6,8 milioni di euro).
Da segnalare, infine, la quasi totale scomparsa di Banca Intesa che nel
2005 ha assunto solo 2 operazioni del valore complessivo di circa 163
mila euro con Spagna e Marocco, lo 0,01% del totale. Le altre
operazioni presenti nella lista del Ministero riguardano autorizzazioni
assunte negli anni scorsi e si può pertanto assumere che Banca Intesa
stia pienamente onorando la decisione comunicata nel marzo del 2004 di
sospendere la partecipazione a operazioni finanziarie che riguardano
l’esportazione, l’importazione e transito di armi e di sistemi di arma,
che rientrino nei casi previsti dalla legge 185/90. La decisione,
spiegava la Direzione Generale di Banca Intesa, intende rispondere a
un’esigenza espressa da ampi e diversificati settori dell’opinione
pubblica, che fanno riferimento a istanze etiche sia laiche sia
religiose. Il gruppo si riservava comunque di "valutare autonomamente
operazioni che - pur rientrando fra quelle previste dalla legge 185/90
– non abbiano caratteristiche tali da essere incoerenti con lo spirito
di "banca non-armata". In tal caso, queste operazioni saranno
evidenziate sul sito Internet della Banca, in omaggio ai principi di
trasparenza.
Questo per quanto riguarda le principali banche italiane. A breve
l’analisi dell’attività in appoggio al commercio delle armi delle altre
banche italiane, delle banche estere ed ulteriori considerazioni.
di Giorgio Beretta della Campagna di pressione alle ’banche armate’