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BERLUSCONI NEI GUAI CON LA MALAVITA ORGANIZZATA - ORE CONTATE
Publie le mercoledì 8 luglio 2009 par Open-Publishing5 commenti
L’inchiesta di Bari su squillo e coca party potrebbe nascondere una ben piu’ grave verita’: il premier, accerchiato dalle pressioni della malavita organizzata, deve uscire di scena. L’inchiesta di Napoli sui collegamenti dei Letizia va avanti, ma intanto tutto lascia intendere che il capo del governo abbia ormai politicamente le ore contate.
Domanda: perche’ una forza politica maggioritaria dovrebbe essere costretta a sbarazzarsi del leader carismatico che l’ha condotta al governo del Paese, conquistando per giunta decine di amministrazioni locali sparse da nord a sud del territorio? Tutti pronti a fare harakiri in nome di non si sa quale processo di moralizzazione interna, mandando all’aria le posizioni piu’ ambite di governo? O moralisti parrucconi che hanno scoperto la loro vocazione puritana proprio quando sono arrivati all’apice di ogni immaginabile aspirazione politica?
L’attacco a Silvio Berlusconi, quella bombetta a grappolo a base di escort da quattro soldi che esplode all’indomani del caso Letizia-camorra, potrebbe avere numerosi mandanti, com’e’ stato detto. Un dato, pero’, appare subito fuor di dubbio: fra loro ci sono uomini della sua stessa maggioranza. E non suona certo come una novita’ che ad allearsi con questa fazione sia quella parte da sempre sotto traccia del Partito democratico che faceva e fa capo a Massimo D’Alema, per anni, fin dai tempi della Bicamerale, compartecipe del patto occulto sull’intangibilita’ del conflitto d’interessi proprio con lo stesso Cavaliere. Ed oggi fautore del partito invisibile che, giorno dopo giorno, lo ha messo al muro e lo sta fucilando. Perche’ Silvio Berlusconi - questo ormai e’ chiaro - sul piano politico ha davvero le ore contate.
Resta il quesito principe: cui prodest? Torna cosi’ in campo quel convitato di pietra che, solo, puo’ offrire un quadro in cui tutto torna e trova una spiegazione logica: i Casalesi.

LE INDAGINI DELLA DDA
Bocche cucite, al Palazzo di Giustizia di Napoli. Dopo la notizia - data in esclusiva nello scorso numero di giugno dalla Voce delle Voci - sulle indagini in corso per accertare eventuali collegamenti fra Benedetto Letizia detto Elio, protagonista del Noemigate, e il clan Letizia di Casal di Principe, a distanza di un mese il silenzio e’ di piombo. Nessuna smentita, richiesta di rettifica o azione giudiziaria e’ giunta alla Voce (ne’ all’Unita’, che aveva ripreso l’inchiesta) dai familiari della ragazza ne’ dai suoi legali. Analogamente niente e’ trapelato dalla Procura, dove secondo voci di corridoio le indagini sulla presunta parentela - e relativi sviluppi - sarebbero tuttora in corso e coperte dal massimo riserbo investigativo. «Difficile - spiegano in ambienti giudiziari napoletani - che non sia stato emesso un comunicato di smentita nel caso in cui le indagini non avessero dato alcun esito. Piu’ probabile, invece, che si stia dando corso all’accertamento di ulteriori, complessi elementi lungo quel filone».
Vale la pena allora di riepilogare in estrema sintesi il quadro che era emerso dall’inchiesta della Voce di giugno.
Siamo alla fine del 2008 quando l’allora diciassettenne Noemi Letizia appare per la prima volta ad un ricevimento ufficiale organizzato dal premier a Villa Madama. A Natale e’ alla festa del Milan con sua madre, Anna Palumbo, al tavolo di uno storico big dell’entourage presidenziale, Fedele Confalonieri. La giovane, insieme ad altre ragazze, trascorrera’ poi le feste di Capodanno a Villa Certosa. A rivelarlo, una fonte non proprio adamantina: l’ex fidanzato Gino Flaminio da San Givanni a Teduccio, un passato di guai con la giustizia.
Non si sapra’ piu’ nulla di lei fino al 26 aprile 2009, sera fatidica del suo diciottesimo compleanno, quando Silvio Berlusconi in persona arriva a Casoria nella ruspante Villa Santa Chiara, sede dei festeggiamenti e, prima del brindisi con la festeggiata, i camerieri e il parentado, si apparta per una buona mezz’ora in una saletta riservata con Benedetto Letizia. La notizia esplode sui giornali di mezzo mondo e si rincorrono le indiscrezioni piccanti. Noemi sara’ sua figlia? O un’amante giovane dell’uomo piu’ potente d’Italia? Fin qui il gossip. Unica Voce fuori dal coro, la nostra. Che rivela l’esistenza di un’indagine della Dda sul filone camorra.
MESI DI FUOCO
Che cosa stava accadendo in quegli stessi mesi, fra Napoli e Caserta?
La guerra di camorra era esplosa il 18 maggio 2008 con l’omicidio di Domenico Noviello a Baia Verde, un villaggio turistico di Castelvolturno. Noviello, titolare di un’autoscuola, era un testimone di giustizia: aveva contribuito a far condannare casalesi di spicco come i fratelli Alessandro e Francesco Cirillo. Il 1 giugno sotto i colpi dei killer finisce Michele Orsi, l’imprenditore coinvolto nei traffici di rifiuti che aveva deciso di collaborare con gli inquirenti. Sempre a giugno si conclude in appello il processo Spartacus a carico della cosca di Casale, con numerose condanne all’ergastolo per uomini del gruppo Bidognetti. Nel corso di un’udienza, allo scrittore Roberto Saviano erano state rivolte minacce di morte attraverso la lettura di un brano da parte di un avvocato dei boss, Michele Santonastaso. Un’accelerazione imprevista. Quasi una sfida. Un modo eclatante di attirare l’attenzione che non aveva precedenti nel modo di agire della cosca, ormai disposta ad uscire allo scoperto pur di difendere i suoi affari miliardari.
A ottobre un pentito rivela che ci sarebbe un piano del clan per uccidere Saviano entro Natale. Negli stessi giorni le indagini portano alla luce alcuni legami d’affari fra i corleonesi del superlatitante Matteo Messina Denaro e il clan dei casalesi. La guerra, a questo punto, si fa aperta. In gioco ci sono partite come i lucrosi traffici di rifiuti, in Italia, e, all’estero, le attivita’ di riciclaggio che, nella sola Spagna, vedono i Casalesi e i loro piu’ stretti alleati, gli Scissionisti di Secondigliano, impegnati fra l’altro a edificare villaggi turistici in mezza Costa del Sol.
E’ a quel punto che il Viminale sferra un attacco senza precedenti. Il ministro leghista Roberto Maroni, incurante della presenza nel suo stesso governo di uomini come il sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino da Casal di Principe indicato dal pentito Gaetano Vassallo come referente dei clan, in quattro-cinque mesi riesce a portare a segno risultati che i governi della repubblica in oltre sessant’anni non erano riusciti nemmeno a immaginare.
La miccia scoppia dopo la strage del 18 settembre 2008, quando a Castelvolturno i Casalesi uccidono sei immigrati e il titolare di una sala giochi. Il 30 settembre scatta la prima maxioperazione: 127 ordini di custodia cautelare e sequestro di beni per 100 milioni di euro. In manette il gruppo di fuoco del clan, Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo e Giovanni Letizia. Spagnuolo, che sara’ fra i primi a pentirsi, sta dando un importante contributo alle indagini.
Nuovo blitz l’11 ottobre: la Dda partenopea arresta sette dei dieci ricercati del clan Bidognetti. Fra il 7 e il 22 novembre nella rete finiscono altri esponenti fra cui Gianluca Bidognetti, figlio del superboss Francesco (Cicciotto e’ Mezzanotte). Il 14 gennaio 2009 termina la fuga del boss stragista Giuseppe Setola. Nuove operazioni fra marzo e aprile sgominano fazioni del clan operanti anche a Milano, Modena e Reggio Emilia. L’attacco al cuore dei Casalesi culmina il 29 aprile con l’operazione Principe, nell’ambito della quale viene arrestato Michele Bidognetti, fratello del capoclan, e vengono sequestrati beni del valore di 5 milioni di euro. E il 18 maggio a finire dietro le sbarre e’ anche Franco Letizia (il suo arresto segue di poco quello del padre Armando Letizia), reggente del gruppo criminale.
Non meno stringente il pressing ai danni degli scissionisti di Secondigliano: il 12 febbraio di quest’anno gli inquirenti catturano un personaggio chiave del traffico di stupefacenti sull’asse Spagna-Scampia: il transessuale Ketty, al secolo Ugo Gabriele. A maggio la polizia arresta a Marbella il boss Raffaele Amato e, a Mugnano di Napoli, il pregiudicato Antonio Bastone, latitante dal 2006.
Il rapporto annuale delle Fiamme Gialle, reso noto nei giorni scorsi, in proposito parla chiaro: «L’attivita’ volta all’aggressione dei patrimoni accumulati dai clan camorristici - in particolare dei Casalesi - ha consentito di sequestrare beni e capitali di provenienza illecita per oltre 139 milioni di euro e di proporre, per l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale, beni e disponibilita’ finanziarie per un valore complessivo prudenzialmente valutato in oltre 231 milioni di euro». «Un dato - viene ancora sottolineato - decuplicato rispetto a quello del corrispondente periodo del 2008». Ed e’ lo stesso ministro Maroni a parlare di un “modello Caserta”, «che vogliamo mantenere ed estendere, concentrando l’attenzione sull’aggressione ai patrimoni mafiosi».
BERLUSCONI ZITTO
Si e’ mai visto un capo del governo che, a fronte di risultati cosi’ rilevanti nel contrasto alla malavita organizzata, non abbia mai espresso, nel corso dei mesi, operazione dopo operazione, almeno un cenno ufficiale di plauso o soddisfazione, anche al solo scopo di gonfiare il petto per le brillanti prestazioni di un ministro del suo governo?
Niente. Silenzio assoluto del premier, prima, durante e dopo il caso Noemi.

Ed oggi, ferme restando le indagini top secret su Benedetto Letizia, quel silenzio si trasforma in un ulteriore, decisivo elemento per comprendere la guerra sottobanco dichiarata al premier. Prima dalla camorra. E poi, proprio per questo, dalla parte non compromessa del suo esecutivo. Secondo la ricostruzione avanzata il mese scorso dalla Voce - e finora mai smentita - quella maledetta domenica sera del 26 aprile Berlusconi, dopo aver cercato con ogni mezzo di sottrarsi, fu costretto a mostrarsi nella sala cerimonie di Casoria per dare un segnale eloquente a chi di dovere. Un ricatto, una minaccia grave pendevano sul suo capo ad opera di boss capaci di passare da affari milionari in mezzo mondo ad attentati sanguinari rivolti alle singole persone. L’attrezzatura non manca.
Sulle ragioni di quel ricatto si possono avanzare numerose ipotesi. A cominciare - come abbiamo fatto nell’inchiesta della Voce di giugno - da quello schiaffo in piena faccia agli affari dei clan che il tandem Berlusconi-Guido Bertolaso ha inferto con l’apertura dell’inceneritore di Acerra, destinato a mandare letteralmente “in fumo” traffici da milioni e milioni di euro cash gestiti fino ad allora dagli Scissionisti coi Casalesi. E tutto questo, benche’ a liberare Napoli da tonnellate di pattume in meno di due settimane fossero state anche imprese in odor di camorra (e’ accertato che il settore, nel capoluogo partenopeo e provincia, e’ gestito dai clan in regime di monopolio).
Alla luce dell’inchiesta aperta dalla Procura di Bari sui giri di “squillo” e starlette che avrebbero frequentato Palazzo Grazioli e Villa Certosa grazie alle mirabolanti iniziative dell’imprenditore Gianpaolo Tarantini, potrebbero ora aprirsi scenari paralleli.
NOEMI ANCH’IO!
Quale che sia stata la molla che aveva obbligato Berlusconi alla “discesa di Casoria”, la popolarita’ che da allora ha circondato Noemi Letizia (con il conseguente valore aggiunto sul suo nome in caso di apparizioni televisive, serate, vendita di servizi fotografici, etc.) non poteva non fare gola ad altre, ben piu’ spregiudicate frequentatrici delle magioni presidenziali. Soprattutto se si tratta di persone senza scrupoli, avvezze a trarre benefici dalle loro prestazioni anche attraverso l’uso di registratori nascosti, arma suprema per i ricatti.
La costola dell’inchiesta barese condotta dal pm Giuseppe Scelsi sulla presunta induzione alla prostituzione (di persone, peraltro, che paiono essere tutt’altro che estranee a quella attivita’) trova il suo momento clou con l’arrivo spontaneo in Procura della escort Partizia D’Addario. La quale, in un primo momento, si mostra come una donna irreprensibile irretita dai lupi mannari. Poi viene fuori il suo passato. Quello vero. Ed emerge, fra l’altro, l’inquietante amicizia con Marisa Scopece, la giovane prostituta d’alto bordo brutalmente assassinata e data alle fiamme nelle campagne baresi, a settembre 2007.
Pare che avesse deciso di parlare, di fare i nomi dei personaggi altolocati ai quali si accompagnava. In quell’occasione gli inquirenti risalirono alla D’Addario grazie ai tabulati telefonici della donna uccisa. Ai pubblici ministeri lei confermo’ il legame con Marisa e la comune amicizia con «molte altre persone».
Da Patrizia “Brummel” D’Addario in poi, e dalla sua consegna “spontanea” della audiocassette sulle feste presidenziali, scatta la ressa di pseudo-veline pronte a raccontare di aver preso parte ai bagordi in casa del premier. Un diluvio di “rivelazioni” gossippare. «Un exploit - fa notare un esperto di intelligence - molto simile a quelli che i manipolatori degli effetti mediatici fanno scattare per coprire altre verita’, per mettere la sordina a fenomeni ben piu’ gravi, che cosi’ sfuggono al controllo dell’opinione pubblica».

Al momento non e’ chiaro se lo “spontaneismo” della D’Addario sia stato dettato da ambizioni personali, o invece pilotato da qualcuno che doveva infliggere il colpo di grazia a Berlusconi, per allontanare dai vertici dello Stato un uomo invischiato in manovre camorristiche tali da mettere in pericolo la sicurezza del Paese. Ad onta dell’affollamento di sempre nuove ragazze pronte a “vuotare il sacco” in cambio di notorieta’, alcuni elementi farebbero propendere per la seconda ipotesi. In primo luogo la compresenza nel Pdl, nell’esecutivo nazionale e e nei governi locali di destra, di personaggi tirati in ballo da pentiti o da rapporti delle commissioni d’accesso in comuni sciolti per mafia (vedi Sant’Antimo e vedi il neo presidente della Provincia di Napoli Luigi Cesaro), accanto a figure che - in primis i leghisti - alla malavita organizzata partenopea la guerra l’avevano dichiarata in tempi non sospetti. Ed ora hanno impresso la accelerata finale.
«Se un asse sotterraneo per il de profundis politico a Berlusconi esiste - viene sottolineato in ambienti investigativi romani - vede certamente in primo piano la parte “pulita” del governo e del Pdl». Che avrebbe incontrato come alleata, lungo la strada, la Puglia di quel Massimo D’Alema che la partita di fine anni novanta col Cavaliere l’ha chiusa da tempo. Ed oggi si trova, per puro “caso”, ad annunciare con ventiquattr’ore di anticipo, dai microfoni di Lucia Annunziata, quella “scossa” in arrivo da Bari destinata a segnare l’uscita di scena dell’uomo di Arcore. Una vicenda che passa per le mani di un pubblico ministero di Magistratura Democratica. E per una Procura che ha sede nell’enclave PD del sindaco Michele Emiliano. Ex magistrato.
E’ il “complotto” di cui parlano il ministro per gli affari regionali Raffaele Fitto e il Giornale? «Piu’ che altro - spiega la nostra “fonte” - una cordata. Un’alleanza anomala che nasce per motivi di stabilita’ democratica». In ballo ci sarebbero le sorti di un Paese il cui premier deve rispondere alle richieste dei clan. Ma questo, finora, nessuno ha avuto il coraggio di ammetterlo.
7.07.2009
Rita Pennarola
Messaggi
1. BERLUSCONI NEI GUAI CON LA MALAVITA ORGANIZZATA - ORE CONTATE, 9 luglio 2009, 10:03
Il processo a Elio Letizia è rimasto fermo per molti anni in tribunale
Il caso. Napoli, i fatti risalenti a Tangentopoli: soldi per le licenze
Il Comune gli contestava il danno d’immagine. "Sono sollevato"
Il "tesoretto" del padre di Noemi
24 concussioni, tutte in prescrizione
di CONCHITA SANNINO
NAPOLI - La giustizia lo aveva messo sotto accusa per un "tesoretto" di oltre mezzo miliardo di vecchie lire, accumulato con presunte tangenti, tutte intascate da imprenditori e commercianti, nei primi anni Novanta, come braccio destro dell’allora direttore dell’Annona di Napoli. Ventiquattro episodi di concussione, mazzette imposte per la concessione di licenze a mega-ristoranti, boutique e pure agli ambulanti, diceva l’accusa. Ma da ventiquattro ore è tutto cancellato. Un colpo di spugna su anni di indagini. Come aveva anticipato Repubblica un mese fa, è il bluff di un fascicolo "dimenticato" per anni a regalare, ieri, una sentenza di prescrizione all’indagato Benedetto Letizia detto Elio. È il padre di Noemi, la diciottenne intorno alla quale è esploso il caso Berlusconi. Dopo la partecipazione del premier alla festa di compleanno della bionda ragazza che lo chiamava "papi", sono seguite le rivelazioni sulle visite a Roma e a Villa Certosa di Noemi ancora adolescente, e la richiesta di divorzio di Veronica Lario.
La giustizia formato Letizia, è la battuta che gira nelle ultime ore a Palazzo di giustizia. Ironia che va a braccetto con l’apprensione di alcuni. Il presidente del Tribunale, Carlo Alemi, che aveva già disposto un’inchiesta amministrativa, ha infatti rilevato "omissioni" e "iniziative gravi" nella gestione anomala di quel fascicolo e in particolare in alcuni uffici. Le responsabilità potrebbero investire qualche magistrato e qualche cancelliere, al punto che Alemi ha inviato gli atti alla Procura di Napoli (che le trasferirà per competenza a Roma) e all’Ufficio ispezioni del Ministero di Grazia e Giustizia.
Nell’udienza preliminare condotta ieri dal giudice Stefano Risolo, in cui sono stati dichiarati prescritti tutti e 24 i capi di imputazione per Letizia, il Comune di Napoli si è costituito parte civile attraverso l’avvocato Giuseppe Dardo, che sottolinea "il danno di immagine per effetto della risonanza attribuita dagli organi di informazione locale e nazionale. Ma l’istanza non avrà alcun effetto.
Intanto Elio Letizia, raggiunto ieri da Repubblica, si dice "sollevato" ma non intende entrare nel merito. "Non voglio dire niente: di questa cosa si è sempre occupato il mio avvocato". Letizia preferisce pensare alle vacanze. "Ma non si è parlato troppo di noi? Ora abbassiamo i toni, ci sono le vacanze". Nessun saluto o commento è arrivato da papi, gli chiediamo? "Dal presidente?". Lei però lo chiamava Silvio. "Ma ha tanto da fare. E’ un po’ che non ci sentiamo, succede anche tra amici, in famiglia".
(9 luglio 2009) da "Repubblica"
2. BERLUSCONI NEI GUAI CON LA MALAVITA ORGANIZZATA - ORE CONTATE, 9 luglio 2009, 10:06
Feste e cocaina nelle telefonate dell’inchiesta di Bari
Nel 2002 l’uomo d’affari fu intercettato a lungo dai carabinieri
"Andiamo da Gianpaolo a sniffare"
ecco le intercettazioni di Tarantini ...
Il seguito al link :
http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-12/intercetta-9lug/intercetta-9lug.html
3. Silvio e la mafia: la lettera, 9 luglio 2009, 11:24
Peter Gomez
8 luglio 2009
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/
4. BERLUSCONI NEI GUAI CON LA MALAVITA ORGANIZZATA - ORE CONTATE, 10 luglio 2009, 14:17, di nadia
Trovo incomprensibile la parte che disegna Maroni come deus ex machina eroico nella strenua lotta contro il crimine: "E’ a quel punto che il Viminale sferra un attacco senza precedenti. Il ministro leghista Roberto Maroni, incurante della presenza nel suo stesso governo di uomini come il sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino da Casal di Principe indicato dal pentito Gaetano Vassallo come referente dei clan, in quattro-cinque mesi riesce a portare a segno risultati che i governi della repubblica in oltre sessant’anni non erano riusciti nemmeno a immaginare ."
Al di là dell’arbitrarietà del ragionamento che dà per credibili gli elogi di Maroni a se stesso per dei risultati raggiunti dai magistrati, sappiamo (anche da Saviano) che Setola e Bidonetti sono ormai in rotta e che i veri capi sono Michele Zagaria e Antonio Iovine. Poi come fa una giornalista finora seria come Pennarola a non tener conto che il Pdl ha fatto eleggere a Napoli come presidente della Provincia il casalese Luigi Cesaro e che comunque all’interno del Governo c’è Nicola Cosentino, anche lui casalese?
Tuttavia la cosa più grave è che Rita Pennarola dimentichi stranamente il decreto contro le intercettazioni che stronca le indagini e salva i mafiosi e i politici loro amici e le leggi razziali dell’eroe Maroni che allargano i poteri del regime di cui è autorevole esponente. Il decreto (in)sicurezza non favorisce forse camorra, ndrangheta e mafia?
Non avrei forse neanche scritto queste righe se non avessi letto il successivo articolo di Rita Pennarola, che mi ha lasciata basita:
DATECI UN MARONI SENZA BOSSI
di Rita Pennarola [ 07/07/2009]
Quando abbiamo mandato in stampa l’inchiesta di luglio "Ore Contate" (ormai quasi dieci giorni fa), praticamente non esistevano segnali concreti di quell’addio forzato alla scena politica che per Silvio Berlusconi ora e’ gia’ chiaramente nell’aria. E non lo dicono solo i commentatori politici, ma tutta una serie di indicatori che la Voce aveva portato agli occhi dell’opinione pubblica fin dal numero di giugno, con l’ormai famosa inchiesta “Papi, Letizia e i Clan”. Perche’, per chi conosce i segnali lasciati lungo il suo cammino dalla camorra, quegli scenari che suonano come un “pizzino in mondovisione”, la discesa di un premier in un ruspante saloncino per feste dentro Casoria non puo’ che essere il primo atto di una resa finale. Un tentativo di “trattare” con chi non conosce altre ragioni se non quelle della minaccia e del sangue.
Ora, disbrigate le “faccende” del G8 e forse un paio di Consigli dei ministri, re Silvio approfittera’ della pausa estiva per far calare il sipario su questa sua vicenda personale che ha rischiato (e forse ancora rischia) di compromettere i destini della democrazia e del Paese. Quello che ci sara’ da chiedersi, a breve – se, come ci auguriamo, tutto si concludera’ con la sola uscita di scena del premier - sara’ soprattutto quale sara’ la contropartita per una malavita organizzata che era arrivata ad alzare il tiro fino al punto da mettere sotto scacco il capo di un governo.
Del resto, come hanno ricordato in queste settimane – ma sempre dopo l’inchiesta della Voce – altri giornali, non e’ la prima volta che l’uomo piu’ potente d’Italia finisce sotto ricatto mafioso. Ci aveva gia’ provato la mafia ai tempi della Standa, quando Berlusconi fu costretto a trasferire la famiglia in Svizzera e ad Arcore approdo’ uno stalliere di nome Vittorio Mangano. Ne’ e’ un mistero che oggi ci siano giornalisti e magistrati sotto tiro, obbligati a vivere sotto scorta (come documentiamo in esclusiva nell’inchiesta di questo numero sul clan La Torre).
Ma la cosa che piu’ sconcerta, in tutta questa vicenda, e’ che, per far passare sotto silenzio la reale portata dell’attacco alla democrazia lanciato dai clan, si sia montata la bufala mediatica dei festini a base di escort e veline. Nessuna meraviglia che il falso exploit sia stato orchestrato dai Servizi, non sarebbe certo una novita’. Ben piu’ strano risulta il fatto che partner della montatura siano stati i principali quotidiani italiani.
Nel caos mediatico di questi ultimi mesi una sola – ma decisiva – posizione di fermezza e’ arrivata dal ministro dell’Interno Roberto Maroni e dagli straordinari risultati che proprio in questo periodo di fuoco ha portato a casa con la sua intransigente azione anticamorra. Casalesi e Scissionisti hanno dovuto piegare la testa per la prima volta e i loro clan sono stati letteralmente sbriciolati. Forse solo un ministro leghista – ma con la tempra di un Maroni – poteva ottenere risultati di questo genere. E a riconoscerlo, soprattutto al Sud, sono anche i tanti naufraghi di quella sinistra radicale che su questo terreno ha accumulato oceani di parole e di convegni, senza mai conseguire un risultato concreto.
Per questo, se si dovra’ a breve andare ad una successione del leader Berlusconi, prima ancora che siano concluse le manovre sotterranee in atto, quel “fuoco amico” tutto interno al Pdl per designare colui che prendera’ il posto di Silvio, permetteteci una riflessione. Attenzione a consegnare il Paese nelle mani di una persona che dentro il centrodestra rappresenta gli interessi di cosche e clan. Purtroppo ce ne sono tanti, e lo abbiamo visto anche in occasione delle amministrative. Noi qui sommessamente rivolgiamo una preghiera e un consiglio: vogliamo a capo del governo Roberto Maroni. Perche’ la battaglia per il ripristino della legalita’ in un Paese ad altissimo tasso mafioso possa continuare con forza ancora maggiore. Se ci e’ concesso, infine, esprimiamo anche un’utopia: vorremmo un Maroni. Ma senza Bossi.
http://www.lavocedellevoci.it/news1.php?id=107
1. BERLUSCONI NEI GUAI CON LA MALAVITA ORGANIZZATA - ORE CONTATE, 10 luglio 2009, 14:38
E’ evidente che "la voce delle voci" e la Pennarola in particolare risentono di una impostazione principalmente anticamorre, non lontana dal dipietrismo o dal più antico "girotondismo" ... Impostazione che porta fatalmente a leggere tutto in una logica di "legalità", di "legge e ordine" che - se comprensibile in alcune zone del paese - finisce per dare comunque una visione un pò distorta della situazione. Mi sembra infatti del tutto riduttivo leggere i problemi che il Berlusca vive da due mesi a questa parte come semplice ricatto dei "casalesi" .... molte delle recenti vicissitudini del premier mi sembrano invece legate, oltre che al suo oggettivo stile di vita dissoluto, ad inimicizie che si è creato in ambito finanziario sia italiano che globale .... a cominciare dal suo negare la crisi economica o comunque sminuirla al punto che secondo lui la stampa non dovrebbe proprio parlarne .... insomma qualcosa di più grosso dei "casalesi" ....
Una volta chiarito questo, però, mi sembra cosa oggettiva il particolare impegno contro le mafie ....certo in primo luogo dei magistrati e degli investigatori ma col pieno appoggio, che raramente in passato c’era stato, del Ministro degli Interni .... del resto Maroni, per rendere credibile la sua linea forcaiola nei confronti di immigrati e dissidenti e naturalmente anche per il suo essere oggettivo rappresentante solo di un paio di regioni nordiche del paese, aveva tutto l’interesse a mostrare un impegno forte contro le mafie meridionali ..... naturalmente entrando in questo in netta contraddizione con altri ambienti del centrodestra, i forzaitalici in particolare, che invece in quelle regioni meridionali dalle mafie prendono i voti .... ed in questo la ricostruzione della Pennarola intorno alla vicenda di Noemi Letizia mi sembra invece molto convincente .... dopodichè è ovvio che, anche in quanto napoletano, non gradirei assolutamente un governo Maroni, anche senza Bossi e col Berlusca in esilio a Portofino ..... ma credo che questa proposta della Pennarola sia pura e semplice provocazione letteraria ...
Raf