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Povero Mortadella, tutti l’affettano e maramaldeggiano sul suo corpaccione governativo, preparano agguati borgiani o peggio Idi marzoline e i pugnali sono tutt’altro che celati. Il primo Bruto - sempre sorridente e buonista, non sia mai - s’è mostrato Veltroni pronto ad amoreggiare col Berlusca per sotterrare il suo capo. Ora è il turno del Subcomandante Fausto che, dopo un anno e passa di mollezze istituzionali da terza carica dello Stato - ma guarda un po’ come conviene certa politica - rispolvera il passamontagna. E anche i sacri testi citando – udite, udite – nientemeno che Vladimir Ilic il bolscevico. Peccato che l’onorevole Presidente della Camera faccia il verso a Lenin e si ritrovi lombardiano. Con tutto il rispetto per Riccardo Lombardi che era un galantuomo della politica – vittima in casa propria della lottizzazione demartiniana e del ladrocinio craxiano -. Insomma Bertinotti, il socialista che aveva rifondato il comunismo e l’aveva condotto al governo, scoprendo strada facendo il pacifismo e anche la spiritualità, attraverso Lenin ci spiega che sì, si può sputare nel piatto dove si mangia, altrimenti che rivoluzionari saremmo?
Cazzo, non l’avevamo compreso. Abbiamo continuato a essere coerenti, a fare gli operai, i precari, i dipendenti che non sfangano la terza settimana, in questi anni in cui i rifondaroli al cachemire si facevano in quattro per far capire la nostra causa e, non avendola fatta capire agli alleati ulivisti avevano però imparato benissimo come e su quali scranni conviene sedersi. Loro della nomenklatura. Ora arriva l’ennesimo: contr’ordine, compagni! Lo dice il grande guru: “Torniamo allo Statuto, pardon all’opposizione”. E già li vediamo i figliuol prodighi di vecchia e di nuova fatta i gattopardi Russo Spena e i leoncini alla Gennarino, farsi in quattro per spiegare al popolo dei referendum, movimenti, global no, blogghisti e altromondisti qual è la via da percorrere, quella del proporzionale spinto, senza sbarramenti che del “diman non v’è certezza”. Il Subcomandante più che leninista, e non direi neppure togliattiano, si scopre doroteo e della peggior specie da caduta dell’Impero, un po’ come Mastella “Sto con chi mi tratta meglio”. E alla faccia della terzietà del ruolo irrompe nel Teatro di Pompeo a sferrare anche lui la pugnalata “Prodi? Come Cardarelli: il più grande poeta morente”.
Bel De profundis, complimenti. E sì che per anni, l’hanno definito il signore della sinistra. Forse calzerebbe meglio: un signore sinistro. Ma più che il cinismo gli sfugge dalle tasche un calcoluccio di bassa lega, quello di tenersi attaccato all’asse del rinciucio Veltroni-Berlusconi che per affermarsi ha bisogno della vittima sacrificale: il bollito Prodi. Capace comunque di mettercene tanto di suo in fatto di disattesa programmatica. Ma che siano Veltroni e il suo partito vecchio e nuovo, e la stessa Rifondazione spesso matrigna verso i movimenti, a fare i Savonarola, beh ce ne corre. Mosse di bassa politica nella coalizione governativa sbandata alla stregua del centrodestra e calcolatrice sulle spalle dei deboli. Che uno sfizio potrebbero toglierselo: quello di non sostenere più i signori di Palazzo Chigi e dintorni. Costretti fra un po’, come saremo dalle tante trame, alle elezioni perché non pretendere anche noi un ritorno? uno di quelli che come nei Settanta recitava: “Anche stavolta il nostro candidato non ha trovato posto nelle liste”. Forse un “Torniamo all’astensione” farebbe sbassare la cresta ai vari Marzullo di Montecitorio, anche a chi dell’elmo di Scipio s’è troppo cinta la testa.
Spartacus, 5 dicembre 2007 pubblicato su alternativ@mente.info