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"Bandiera Rossa" ed "Armata Rossa", protagonisti dimenticati della Resistenza

Publie le sabato 25 aprile 2009 par Open-Publishing
7 commenti

“BANDIERA ROSSA”

“Chi scrive non saprebbe piu’ identificare, oggi, la casa cui si riferisce questo lontano ricordo di un giorno dell’occupazione (era molto probabilmente in Via Belluno, nella zona di Piazza Bologna), ne’ dire perche’ si trovasse in quel luogo.
Restano pero’ nella memoria due nitidi fotogrammi : i pianerottoli e le scale gremiti di un numero imponente di paracadutisti tedeschi in tuta mimetica e un carro armato “Tigre”, nel giardino sul retro, con il cannone puntato sulla finestra di un piano basso.

Quel piccolo esercito era in guerra contro un solo uomo, per giunta avanti negli anni, che comunque riusci’ a sottrarsi alla cattura.
Un certo Raffaele De Luca, avvocato.

Molto piu’ tardi, nella Roma liberata, ritrovai quel nome al primo posto in una domanda di iscrizione al P.C.I., rivolta collettivamente alla sezione Italia, da un gruppo di aderenti al Movimento Comunista d’Italia, piu’ noto come “Bandiera Rossa”.

La richiesta passava di mano in mano suscitando commenti, sia perche’ Raffaele De Luca, calabrese di Paola, ex anarchico e tra i padri fondatori di “Bandiera Rossa”, era notoriamente ostile allo scioglimento di quel gruppo e quella domanda al plurale contraddiceva le regole del P.C.I. , sia perche’ i richiedenti avevano avuto cura di annotare, accanto a ciascun nome, l’armamento in dotazione : questo risultava “con pistola”, quello “con due bombe” e via dicendo.

Quasi tutti gli aderenti accettarono poi di iscriversi come singoli e furono tra i compagni piu’ attivi nella difficile fase dell’immediato dopoguerra.

Del resto, anche il Segretario della sezione Italia, Augusto Raponi, aveva lungamente militato in “Bandiera Rossa”, passando al P.C.I. soltanto nell’ultima fase della resistenza romana.”

Questo scritto, ritrovato senza indicazione dell’autore tra le carte di Fernando De Angelis, partigiano recentemente scomparso ed attribuibile, dal tenore del testo, ad un militante del P.C.I.
dell’immediato dopoguerra, mi sembra indicativo di quello che era stato, durante l’occupazione nazista, il gruppo di “Bandiera Rossa” e di come spari’, senza quasi lasciare traccia, nelle file dei partiti della sinistra tradizionale.

Il Movimento Comunista d’Italia scomparve intorno al 1946 e fu presto dimenticato dai piu’.

Eppure le cifre ufficiali danno ragione a chi ne parlava come uno dei protagonisti, addirittura del protagonista, della lotta contro i nazisti.
La sorpresa di quelle cifre, ha scritto Silverio Corvisieri , che ne ha raccontato nel 1968 il percorso e le gesta (Bandiera Rossa nella Resistenza Romana, ed.Soviet, 1968 ) sta nel fatto che una formazione politica di cui si e’ sempre parlato poco e malvolentieri ha avuto durante i nove mesi dell’occupazione nazista 186 caduti ( tre volte quelli subiti dal P.C.I.), 137 arrestati e deportati ; i combattenti “riconosciuti” del movimento furono 1.183, cinque in piu’ di quelli del P.C.I.

Un partito che seppe riunire nella stessa organizzazione il futuro ministro socialdemocratico

Matteo Matteotti e lo scrittore Guido Piovene insieme ai giovani sottoproletari di Centocelle e Primavalle, che, pur senza aderire al CLN, riuscira’ a collaborare strettamente con i servizi militari inglesi ed americani e, al tempo stesso, avere principalmente la sua base tra i diseredati delle borgate romane.

Ultimi a lasciare le sedi di confino e le carceri dopo il “golpe” badogliano del 25 Luglio 1943, i quadri e i militanti di “Bandiera Rossa” erano stati tra i primi ad accorrere, dopo l’8 settembre, al fianco dei soldati impegnati nella difesa della capitale. Corvisieri rivendica anzi al movimento l’onore del “primo colpo sparato contro i tedeschi”, colpo sparato contro i tedeschi all’altezza dell’ attuale laghetto dell’EUR . Segnala la presenza, tra i difensori, di Aladino Govoni e di Tigrino Sabatini, piu’ tardi entrambi fucilati dai tedeschi, ed identifica il primo caduto nel sedicenne Antonio Calvani, sedicenne di Centocelle, entrato nel gruppo pochi giorni prima.

Le prime azioni di Bandiera Rossa sono uno stillicidio di assalti ai forni e alle caserme per prelevare viveri ed armi, azioni spesso fatte in collaborazione con i socialisti della “Banda Napoli”, quella in cui militava anche Giuseppe Albano, piu’ noto come “il gobbo del Quarticciolo”.

I tedeschi risposero con l’eccidio di Rebibbia, dove furono trucidati undici partigiani ( nove di Bandiera Rossa) che avevano tentato l’assalto ad una caserma la sera del 20 Ottobre 1943.

Tra queste azioni vanno ricordate quella contro la caserma Mussolini, quelle contro convogli militari tedeschi a Settebagni, ad Ostiense, al Tuscolano, al Prenestino ed al Casilino.

Nonche’ il furto di un’intera batteria contraerea, smontata pezzo per pezzo, e stivata in una grotta a Castel Giubileo.

E’ Lillo Pullara che, all’alba del 7 Novembre 43- anniversario della rivoluzione sovietica - a scalare il famoso Alberone in Via Appia e ad issarvi un bandierone rosso con falce e martello.

E’ la squadra di Vincenzo Guarnera ( “ Tommaso Moro”) , ex milite fascista decorato, che, nella notte del 30 Novembre, prima sequestra il plotone della P.A.I. diretto a Forte Bravetta per giustiziare undici compagni, e poi travestitisi con le loro divise, irrompono al Forte e liberano i condannati a morte.

E lo spettacolare e simultaneo lancio in di diecimila volantini il 6.12.43 in tutti i cinema della capitale .

Ma proprio in coincidenza con quest’azione, un’infiltrazione di spie provoca una massiccia ondata di arresti. Gran parte del gruppo dirigente di Bandiera Rossa ne e’ travolto, viene internato in Via Tasso, torturato ferocemente e condannato a morte.

Il 2 Febbraio 1945 vengono fucilati a Forte Bravetta : ENZIO MALATESTA, ROMOLO JACOPINI, FILIBERTO ZOLITO, BRUNO BITLER, GINO ROSSI, ETTORE ARENA, BENVENUTO BADIALI, QUIRINO SBARDELLA, AUGUSTO PARODI, CARLO MERLI ed OTTAVIO CERULLI.

Anche Raffaele De Luca era tra i condannati a morte, ma e’ intrasportabile per una frattura e questo lo salvera’.

Anche la tipografia del giornale, che tira dodicimila copie clandentine ( duemila piu’ de “lUnita’) e’ stata scoperta.

Bandiera Rossa conosce cosi’ con alcune settimane di anticipo la crisi ed il giro di vite che tutta la resistenza romana subira’ dopo il prematuro appello all’insurrezione e la controffensiva tedesca ad Anzio. Ma una nuova leva di dirigenti, quasi tutti “borgatari” ( ma non mancheranno anche alti gradi dell’esercito che si aggregheranno al gruppo) prende in mano la guida dell’azione armata.

Non manco’ un giorno che i nazifascisti non subissero un colpo, grande o piccolo, da parte di Bandiera Rossa . Le azioni sono audaci ed ambiziose, ma la nuova direzione sconta inesperienza, soprattutto politica, e soprattutto l’incapacita’ di smascherare spie ed infiltrati.

In febbraio vengono arrestati Aladino Govoni, Uccio Pisino, Ezio Lombardi, Nicola Stame ed Unico Guidoni. Govoni e’ un capitano dei granatieri e responsabile delle azioni militari. Pisino e’ un ufficiale di marina ed opera nello stesso campo. Sono le perdite piu’ gravi ma molte altre seguiranno. Il 24 marzo Govoni, insieme a circa cento compagni di Bandiera Rossa e ad altri 224 antifascisti, e’ trucidato alle Fosse Ardeatine.

E tuttavia, anche i mesi di aprile e maggio sono fitti di imprese, fino alla liberazione di Roma il 4 giugno 1944.

Quel giorno i combattenti escono alla luce del sole dalla clandestinita’ e dalle carceri, con le loro bandiere, in numero davvero imponente.

Ma l’uscita di scena e’ imminente. La nuova situazione dell’ Italia, libera dai nazisti ma sotto controllo alleato, non lascia spazi a quell’area della resistenza, di cui Bandiera Rossa rappresenta la parte essenziale, che si oppone non soltanto alla monarchia ma alla stessa democrazia borghese.

La maggioranza dei militanti confluira’ presto nel P.C.I., con l’accordo tacito di non parlare piu’ di Bandiera Rossa.

Io stesso, frequentando per anni la casa di una partigiana di “Bandiera Rossa”, Bruna Sbardella, in quanto amico del figlio, ho appreso della sua appartenenza a quel gruppo soltanto in occasione della sua morte, negli anni 80. Bruna parlava del suo impegno nella resistenza, ma faceva credere a tutti che anche in quel periodo avesse militato nel P.C.I.

Altri passarono al PSI o addirittura al PSDI e di “Bandiera Rossa” non si parlo’ fino al 1968, quando usci’ il citato libro di Silverio Corvisieri.
Poi, coi movimenti degli anni 70 si riusci’ in qualche modo a ritessere il famoso filo rosso per cui Felice Chilanti, responsabile clandestino del giornale “Bandiera Rossa” durante l’occupazione nazista, divenuto, al seguito di Corvisieri, militante del gruppo “Avanguardia Operaia”, scrivera’ a puntate sul “Quotidiano dei Lavoratori” la storia del gruppo cosi come i trotzkisti italiani della Quarta Internazionale chiameranno “Bandiera Rossa” il loro mensile, che tuttora esiste come espressione della corrente trotzkista di Rifondazione Comunista.

Ma ancora piu’ interessante e piu’ vicina ai nostri tempi sara’ la “leggendaria” collaborazione del partigiano di “Bandiera Rossa” Orfeo Mucci con “Radio Onda Rossa” e piu’ in generale con l’attivita’ dell’autonomia operaia romana, collaborazione che si e’ interrotta soltanto nel 1998, con la morte di Orfeo.


"ARMATA ROSSA"

Ricostruire con certezza la storia di "Armata Rossa", gruppo di una certa importanza nella resistenza romana, e’ ancora piu’ difficile di quanto già non lo sia per gli altri gruppi cosiddetti "eretici", come Bandiera Rossa o la "banda del Gobbo".

Sicuramente, alle origini del gruppo, vi e’ un gruppo di antifascisti romani che avevano svolto attivita’ di propaganda e, come si diceva allora, "cospirazione" già durante il ventennio.

La figura maggiormente di spicco, in questo gruppo originario e’ quella dell’ex anarchico CELESTINO AVICO, volontario nella prima guerra mondiale e membro degli Arditi del Popolo, l’organizzazione nazionale che, nel 1921, cercò di opporsi con le armi allo squadrismo fascista e fu sabotata in questo dagli stessi partiti di sinistra.

Tra l’altro, il capo romano degli Arditi del Popolo era stato CIENCIO BALDAZZI, leader, durante la resistenza romana, delle Brigate "Giustizia e Liberta’", vicine al Partito d’Azione.

Il gruppo di Celestino Avico faceva base in una bottega di marmista di Via del Vantaggio, nei pressi di Piazza del Popolo ed era formato principalmente da artigiani che sognavano una specie di "socialismo libertario", a meta’ tra l’anarchismo, il trotzkismo e le posizioni di Amadeo Bordiga, fondatore del P.C.I., presto caduto in disgrazia.
Sicuramente membri di questo gruppo originario parteciparono alla battaglia del 8-10 Settembre tra l’Eur, Porta S.Paolo e Piazza Vittorio.
Nei mesi successivi, pero’, si limiteranno a diffondere nelle zone Prati, Trastevere e Ludovisi tanto l’organo clandestino del P.C.I., " L’Unita’" che il giornale di Bandiera Rossa ed a fornire documenti falsi a questi gruppi ed anche a "Giustizia e Liberta’".

Perlomeno in un’occasione prepararono, nella stessa bottega di marmista, ordigni poi utilizzati dai GAP del PCI in azioni contro i tedeschi.

E’ soltanto nel Gennaio 1944 che viene fondato il gruppo "Armata Rossa" propriamente detto, anche se all’inizio si chiamo’ "Comando Unificato Comunista" e solo successivamente assunse, dandosi un’organizzazione militare, il nome definitivo.

Oltre al gruppo originario di Avico, si aggiunsero alcuni transfughi sia del PCI che di Bandiera Rossa e, anche in questo caso, ufficiali dell’esercito in rotta.

Oltre ad Avico, figure sicuramente di spicco furono OTELLO TERZANI, uno dei fondatori del PCI, poi uscitone al seguito di Bordiga e un altro ex anarchico, GIORDANO AMIDANI.

La figura di responsabile militare fu assunta da DOMENICO VIOLA, gia’ membro dell’Esercito.

Il gruppo svolse sicuramente azioni di sabotaggio dei mezzi tedeschi che giravano nella capitale, ma nella sostanza continuò a fiancheggiare, sia nella propaganda che nel "logistico" tanto il PCI che Bandiera Rossa.
La attività’ di fiancheggiamento, anche di tipo spionistico/informativo, nei confronti del PCI portò alcuni membri del gruppo a collaborare anche col Fronte Clandestino Militare, legato al governo di Brindisi e di ispirazione monarchica.

Furono proprio ambigui contatti, avuti in questa fase della "cospirazione", che portarono all’arresto di dieci membri del gruppo, tutti poi trucidati alle Ardeatine.

Tra gli arrestati c’era anche Domenico Viola, che non resistette a feroci torture e, facendo una serie di ammissioni, provocò lo sbandamento dell’ intero gruppo.

I compagni che si salveranno dalla repressione di fatto opereranno congiuntamente a "Bandiera Rossa" fino al 4 Giugno 1944, giorno della liberazione di Roma, scomparendo in pratica come gruppo "autonomo".
Il nome "Armata Rossa" tornerà di attualità nei mesi successivi alla liberazione della capitale.

Nei mesi dell’estate 1944 il gruppo, supportato da alcuni dirigenti di Bandiera Rossa contrari alla confluenza nel P.C.I., si pose come punto di riferimento per quanti volessero proseguire la lotta armata contro fascisti e tedeschi al Nord ma in posizione autonoma rispetto all’Esercito Italiano.

Secondo alcune stime, ben 50.000 romani firmarono i fogli di arruolamento nella formazione diretta da Antonino Poce e Filiberto Sbardella ( entrambi ex Bandiera Rossa), Otello Terzani, Celestino Avico e Giordano Amidani.

Nella sede di Armata Rossa, occupata in Corso Rinascimento, l’afflusso dei volontari fu veramente impressionante. Furono impostati i ruoli di due reggimenti e costituito un comitato di agitazione e propaganda, formato da intellettuali, tra i quali Alberto Moravia e un giovanissimo Pier Paolo Pasolini.

A gelare gli entusiasmi arrivo’ la visita di un diplomatico russo che rimprovero’ aspramente i dirigenti di Armata Rossa perche’ avevano abusivamente scelto il nome dell’esercito sovietico.

Il P.C.I. fece di tutto per far fallire l’iniziativa, oltretutto mal vista dagli alleati inglesi ed americani che ora occupavano e di fatto "governavano" la capitale.

Avico, Amidani e Terzani cedettero alle pressioni e finirono per sciogliere Armata Rossa ed entrare, nel giro di pochi mesi, nel P.C.I. , seguiti successivamente anche da Poce , Sbardella e tutti gli altri, futuri scrittori e registi di successo compresi.

Anche in questo caso, come in quello di Bandiera Rossa, il sistema e il P.C.I. che gia’ si "faceva stato" al suo interno, giocarono, con un misto di minacce e blandizie, la carta della cooptazione dei gruppi potenzialmente rivoluzionari all’interno della dialettica democratico/borghese.

Messaggi

  • Caro K, Togliatti purtroppo non si limitò ad effettuare la "cooptazione dei gruppi potenzialmente rivoluzionari all’interno della dialettica democratico/borghese", ma fece anche di peggio !!

    Ammnistiando e rimettendo in circolazione tutti i vecchi e biechi "arnesi" del fascismo, creò le condizioni per la nascita del MSI e per la svolta conservatrice !!!

    MaxVinella

    • Non ho mai fatto mistero del fatto che considero il togliattismo e certa "tradizione comunista" la peggiore jattura storica per l’’emancipazione degli sfruttati nel nostro paese.

      Ma credo che le responsabilità di Togliatti siano al tempo stesso diverse e più ampie.

      L’amnistia, dopo una guerra civile, è nelle cose ...

      Il problema è che, a fianco di una naturale e comprensibilissima amnistia, si pensò bene di garantire una continuità nella macchina statale, lasciando al loro posto, nella polizia, nlla magistratura, nelle prefetture ed in generale nell’amministrazione statale, i peggiori arnesi del fascismo e con essi le leggi del Codice Rocco del 1942 ( in buona parte in vigore ancora oggi) e tutte le principali norme mussoliniane, compreso il Concordato tra stato e chiesa.

      Fu di fatto questa scelta a far sì che la stessa amnistia ( che nella stesura si poneva molti limiti rispetto ai reati più gravi commessi dai fascisti), gestita poi da un apparato statale altrettanto fascista, si allargò a veri e propri criminali di guerra come Valerio Borghese, Luberti, Almirante, Romualdi, Rauti ecc. ecc.

      Ma questi criminali amnistiati non sarebbero bastati da soli a rimettere in piedi la macchina reazionaria se non vi fosse stata al contempo quella continuità più generale nella macchina dello stato ... garantita dalla DC, dagli Usa e dallo stesso Pci che si illudeva forse di poterla portare, chissà poi perchè, dalla propria parte ....

      E’ sintomatico il fatto che il Pci rimase nel governo di Roma diretto da Ivanoe Bonomi insieme alle peggiori formazioni reazionarie, mentre al Nord ancora infuriava la guerra civile, quando invece socialisti ed azionisti decisero di uscirne proprio perchè già profondamente delusi dal fatto che si stesse sabotando l’ "epurazione"dei fascisti nell’ apparato statale ...

      K.

    • ti consiglio la lettura del bel libro di Franzinelli sulla amnistia Togliatti ; il problema fu appunto la lettura e la interpretazione della norma relativa al termine efferatezza ( se non mi sbaglio) che diede lalla Cassazione , composta integralmente di giudici coinvolti nel Fascismo e quindi pronti ad ogni tipo di assoluzione, il destro per l’applicazione a tutti o quasi dell’amnistia e del condono ; ricordo per tutti l’assoluzione del boia di Albenga in applicazione dell’amnistia o del questore di Genova , noto torturatore presso la Casa dello Studente.
      Lo stesso Togliatti rimase sconvolto, dicono le memorie, sulla pessima applicazione della legge da parte della Magistratura.
      Per ciò che rigurda il gruppo Bandiera Rossa, la sua coraggiosa storia è nota a chi mastica di Resistenza ( io sono iscritto all’ANPI ); non è notissima perchè è una storia sviluppata in ambito locale ; dalle mie parti ( Oltrepò Pavese) c’erano le Garibaldi e le Gielle e non è coltivata la memoria di bande in altre zone geografiche ; ciò non toglie che il contributo dato alla lotta di Liberazione fu molto forte, e che molti , moltissimi vennero martirizzati dai nazi fascisti.

    • Bandiera Rossa operò principalmente nel Lazio, anche se ebbe propaggini in Campania ed in altre zone del meridione, dove però la Resistenza, per il subitaneo arrivo delle truppe anglo/americane, durò molto poco.

      Ma non c’è dubbio che nel Lazio - e soprattutto a Roma - fu il gruppo partigiano più numeroso, con una organizzazione capillare, e che pagò il prezzo più alto di tutti quanto a morti, feriti, incarcerati, deportati.

      E’ vero che oggi il ruolo di Bandiera Rossa è riconosciuto da tutti ma almeno fino alla fine degli anni sessanta ( col famoso libro di Corvisieri) la censura, soprattutto da parte del Pci dove erano confluiti buona parte dei militanti di questo gruppo, fu allucinante.

      Qualcosa di molto simile è avvenuto a Torino col gruppo "Stella Rossa", più propriamente di netta osservanza stalinista ( Bandiera Rossa, pur arruolando di tutto, dai desperados di periferia provenienti dalla "mala" agli ufficiali dell’ esercito in rotta, era influenzata al vertice dal bordighismo e, in misura minore, dal trotzkismo). ma che faceva al Pci ed al Cln le stesse precise critiche politiche.

      "Stella Rossa" nei primi mesi del 1944 era in Piemonte il gruppo partigiano largamente maggioritario poi, dopo l’uccisione del suo leader, del quale non ricordo il nome ( e vi furono forti dubbi che tale uccisione fosse stata opera dei fascisti come si disse ... ) e nonostante che Longo li avesse precedentemente definiti "maschera sinistra della Gestapo", il gruppo confluì quasi completamente nelle file del Pci ed anche lì su di loro, come gruppo, calò l’oblio almeno fino agli anni settanta.

      Quando i vari gruppi della sinistra extraparlamentare nati dalle lotte del 1968/69 e pressochè tutti influenzati dalle correnti "eretiche" del marxismo ( salvo una minoranza iperstalinista anch’essa comunque "in cerca di autore" )cominciarono a ricercare le proprie radici proprio nei gruppi "anomali" della Resistenza.

      Raf

    • Effettivamente i termini della amnistia togliattiana ai fascisti erano sulla carta abbastanza precisamente limitati negli effetti.

      Ma altrettanto effettivamente, ad opera di organi dello stato tutti provenienti dal regime e che l’intero quadro politico, Pci compreso, ritenne di lasciare al loro posto, i termini reali di questa amnistia furono allargati all’inverosimile portando di fatto ad un "colpo di spugna" generalizzato.

      Di fatto, a parte pochi casi di criminali fascisti fucilati nell’immediato dopoguerra ( l’unico caso di rilievo fu il Questore di Roma, Caruso, quello che aveva approntato le liste dei trucidati delle Ardeatine, gli altri erano spie di basso rango o beceri torturatori degenerati come Pietro Koch ), gli altri, compresi i futuri vertici del Msi, se la cavarono alla grande.

      Molte delle famose "vendette" partigiane postume di cui straparla Pansa ( scopiazzando allegramente dai testi del fascista Pisanò, anche lui beneficiario dell’amnistia Togliatti), fenomeno avvenuto soprattutto in Piemonte, Lombardia ed Emilia, furono originate proprio dalla rabbia per questa allucinante impunità di massa ....

      Raf

    • Caro Buster, è parzialmente vero che Togliatti "rimase sconvolto, dicono le memorie, sulla pessima applicazione della legge da parte della Magistratura."

      Non occorre infatti dimenticare che lo stesso Togliatti avallò anche l’operazione di "pulizia" degli elenchi degli informatori OVRA, accettando di far sparire da detti elenchi molti nominativi di preti e giornalisti, pesantemente coinvolti nella infame ( ed efferata) organizzazione poliziesca di Bocchini : in questo caso non mi sembra che ci siano state responsabilità da parte della magistratura.

      A mia volta Ti consiglio comunque la lettura de "I tentacoli dell’Ovra" dello stesso Mimmo Franzinelli, che forse fa capire meglio di qualsiasi altro libro di storia che cosa sia stato veramente il fascismo.

      MaxVinella

    • Nel mio libro Roma 1943-1945 Racconti di Guerra e Lotta di Liberazione" edito 2009 non ho dimenticato i gruppi di Bandiera Rossa, registrando alcune delle loro azioni ed i suoi uomini migliori. L’ho fatto per amore della verità e della storia e non come vicinanza ideologica. Felice Cipriani