Home > Bari, apre il nuovo cpt. L’annuncio del prefetto. Ma scoppia la protesta

Bari, apre il nuovo cpt. L’annuncio del prefetto. Ma scoppia la protesta

Publie le giovedì 24 novembre 2005 par Open-Publishing

di ANT. MAS. BARI

C’è chi ha già deciso d’incatenarsi ai cancelli, chi invoca la disobbedienza civile, chi convoca un tavolo politico: dal primo dicembre, annuncia il governo, il Centro di permanenza temporanea di Bari potrà essere aperto. La decisione ufficiale è stata comunicata dal prefetto, Tommaso Blonda, ieri mattina al sindaco di Bari, Michele Emiliano, che ha immediatamente convocato un tavolo politico per replicare al governo. La sfida è aperta da tempo, ma è chiaro che la decisione di aprire il Cpt, a pochi mesi dalle elezioni, spiega che siamo alla stretta finale. La convocazione di ieri suona come uno schiaffo alle delibere che sia il sindaco, sia il presidente della provincia, Vincenzo Divella, avevano adottato per dichiarare la propria contrarietà al Cpt. E non solo.

E’ anche una risposta al presidente della regione Nichi Vendola, che a luglio aveva indetto «Mare aperto, forum contro i Cpt», al quale avevano aderito ben 14 governatori e decine di associazioni. Niente, però, rispetto alla sberla ricevuta dal presidente provinciale della Croce rossa, Michele Bozzi, che aveva appena rinunciato all’appalto del Cpt. «La missione della Cri», aveva dichiarato Bozzi due giorni fa, «è in contrasto con i centri di permanenza temporanea, visto che il nostro compito è quello di garantire il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo». In poche ore è stato divorato dai suoi vertici: «Gestiremo il Cpt di Bari», ha annunciato ieri Tommaso Longhi, direttore generale della Cri. E le parole di Bozzi? «Dichiarazioni personali. Non corrispondono alla missione e all’identità della Cri che invece ritiene, con la sua neutralità, di potere e dovere essere presente laddove c’è l’umanità più vulnerabile e sofferente».

E alla rete No-Cpt di Bari non resta che prendere atto della «svolta etica» di Bozzi e solidarizzare con lui: «Ci dispiace che l’abbiano trattato in questo modo illiberale. E’ assurdo che all’interno di un’organizzazione, che si definisce umanitaria, quando qualcuno dissente dal basso, per di più rivendicando l’etica della propria missione, non si apra neanche un tavolo di discussione». Intanto la Cri recupera l’appalto in extremis, e tanto basta a spiegare il clima di fibrillazione che regna sull’argomento.

Tra i presidenti di regione, il primo ad essere solidale con le istituzioni pugliesi è il calabrese Agazio Loiero: «I Cpt sono strutture che vanno radicalmente riformate. Alcuni presentano situazioni "disumane" e, in qualche caso, si tratta di luoghi "oscuri" dove si consumano fatti criminosi ed efferati. Le loro condizioni devono cambiare, e questo vale sia per quelli già esistenti, sia per quelli di nuova apertura, come quello di Bari. Ma i presupposti affinché mutino non ci sono, fin quando la legge non cambia». Il segretario regionale di Rifondazione comunista, Nicola Fratoianni, ricorda la manifestazione nazionale, tenutasi a Bari il 22 ottobre scorso, e rilancia con l’invito a una nuova mobilitazione generale: «E’ necessario affermare un principio di legalità sostanziale contro l’illegittimità dei Cpt: siamo pronti, fin da ora, a praticare la disobbedienza civile contro questa decisione, che costituisce l’ennesimo atto di arroganza di un governo incapace di discutere di immigrazione, se non dentro un quadro dominato da una cultura xenofoba, securitaria e repressiva».

E anche la Rete No-Cpt, che da anni lotta contro l’apertura del centro, annuncia che la battaglia continuerà a oltranza: «Continueremo nel solco della disobbedienza civile», dice il parroco don Angelo Cassano. «Purtroppo il tempo delle mediazioni sembra essere terminato. Sono disposto a incatenarmi perché il Cpt non si apra. Che altro posso fare?». D’accordo anche un altro membro della Rete No-Cpt, Andrea Russo: «Abbiamo fatto tutto il possibile, mobilitando la cittadinanza, le istituzioni, le associazioni. Ma è chiaro, ormai, che l’unica risorsa a cui attinge il governo è l’autorità: siamo di fronte a un atto antidemocratico che ignora deliberatamente l’espressione ed il dissenso dei movimenti e delle stesse istituzioni. Non ci resta altro da fare: metteremo in gioco i nostri corpi».

Il Manifesto