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Berlusconi è davvero finito?

Publie le domenica 26 giugno 2005 par Open-Publishing

di Antonio Padellaro

Sempre più spesso sentiamo ripetere che ormai Berlusconi è alla frutta, che politicamente è da considerarsi finito. Parole ascoltate soprattutto negli ambienti dell’opposizione. Dove, in tempi non lontanissimi, si era convinti che del presidente-padrone non ci saremmo liberati per altri dieci anni almeno. Ma dove ora si sostiene, quasi con stanchezza, che il problema non più lui. Prendiamo le feste dell’Unità. Per anni l’argomento Berlusconi ha infiammato le platee. Ma oggi, nel luogo simbolo della sinistra, si parla sempre di meno del conflitto d’interessi mentre le domande all’ospite di turno vertono sulla crisi nella Margherita o sul programma per governare l’Italia che ancora non si vede.

Governo: ecco la parola attorno a cui ruota questa sorta di cambiamento epocale. Dopo la serie ininterrotta di successi elettorali, culminati con il 12 a 2 nelle Regionali dell’aprile scorso, l’opposizione ha smesso di sentirsi tale e ragiona come se l’avvento del premier e dei ministri del centrosinistra fosse ormai soltanto una questione di tempo: un anno o giù di lì. Un traguardo ritenuto così a portata di mano che quando, per l’appunto, Prodi e Rutelli litigavano sulla Fed o sul listone il popolo unionista, più che dividersi sulle ragioni dell’uno o dell’altro si chiedeva, compatto, come diavolo fosse possibile gettare all’ortiche una vittoria elettorale considerata praticamente già in tasca. Reazione, infatti, che ha suggerito ai due leader di raggiungere una tregua.

Torniamo però a Berlusconi e alla sua strategia del profilo basso. Fateci caso. Più il premier raccoglie in ogni dove fischi e proteste da industriali delusi, artigiani ignorati, commercianti con gli scaffali vuoti, magistrati contabili inorriditi dal buco di bilancio, semplici cittadini impoveriti, e più l’uomo che doveva rivoltare l’Italia come un calzino (e a suo modo lo ha fatto) si rifugia nel piagnisteo.

Se i consumi calano, i prezzi crescono, le fabbriche chiudono, lui non può farci niente. E quando questa infinita sequela di fallimenti gli viene fatta notare (magari da chi gli aveva dato il voto sperando nel miracolo), egli appare costernato da tanta ingratitudine. Come osate criticarmi, ha detto ai poveri artigiani, io che lavoro incessantemente per voi e per il paese. Visti i risultati non si capisce, tuttavia, a cosa si applichi realmente. Negli ultimi giorni, infatti, oltre a raccogliere rabbia e malcontento il presidente del Consiglio è sembrato soprattutto interessato ai rapporti diplomatici tra Italia e Finlandia messi in crisi con le sue vanterie da attempato playboy e alla campagna acquisti del Milan con la trattativa Gilardino.

Attenzione, però, al Berlusconi vittimista perché con questo sistema ha già colpito in passato contando proprio sull’elemento sorpresa. Nel ’96, dopo essere stato battuto da Prodi accennò a un possibile ritiro dalla scena politica. Si parlò a lungo dei suoi possibili successori e lui stesso indicò alcuni nomi dicendosi pronto a mettersi da parte se si fosse trovato l’uomo giusto. Lo stesso teatrino che sta mettendo in piedi adesso. Lo fa per nascondersi meglio in attesa di sferrare il colpo decisivo. Che potrebbe essere l’Europa.

Appare trasparente, infatti, il tentativo della destra di speculare sulla crisi dell’Unione europea e di farne il capro espiatorio dei fallimenti della politica italiana. Le mosche cocchiere di questa operazione sono i leghisti con le mascherate padane, il rifiuto dell’euro e il ripristino della liretta e dell’italietta che fu. È l’antipasto di quella che, secondo D’Alema, sarà la campagna elettorale berlusconiana: addossare a Prodi le responsabilità, come ex presidente Ue di tutti mali italiani. Specialista nel rovesciamento della realtà, e delle responsabilità Berlusconi cercherà di giocare a suo favore tutti gli elementi che oggi gli sono contro. Non è difficile immaginare come. I consumi calano e i prezzi salgono? Colpa di Prodi (e di Ciampi) che hanno imposto una supermoneta inadatta alla fragile economia italiana. L’Europa traballa e non riesce a mettersi d’accordo su bilancio e costituzione? Colpa di Prodi che ha voluto l’allargamento ad est destabilizzando l’intera struttura. Mancano i soldi per abbassare le tasse e rilanciare la competitività delle imprese? Colpa di Prodi che si è battuto per la difesa dei vincoli del Patto di Stabilità. Le merci cinesi invadono i nostri mercati mettendo in ginocchio interi comparti industriali? Colpa di Prodi che da presidente della Comnissione non ha saputo alzare le necessarie barriere a difesa della produzione continentale.

Certo si tratta di argomenti privi di fondamento, inefficaci, facilmente confutabili. In un paese normale, forse. Non in Italia dove l’antagonista di Prodi possiede quasi tutte le televisioni e potrà imbastire qualunque campagna denigratoria, grazie a una schiera di agit-prop travestiti da conduttori equidistanti. Insomma, la vera la battaglia del 2006 deve ancora cominciare e il centrosinistra farebbe bene a non cantare vittoria troppo presto.

EDITORIALE DELL’UNITA’ on-line 25-6