Home > Berlusconi e la Costituzione
All’apertura dell’anno giudiziario, in modo massiccio, i magistrati sono usciti dalle aule all’ingresso dei rappresentanti del Governo e i rimanenti hanno esibito la Costituzione in segno di protesta. Per quanto il Ministro Alfano lo neghi, il rifiuto delle toghe alla distruzione della giustizia, praticata sia col processo breve (processo morto) che col veto alle intercettazioni o i tagli al settore giudiziario, è stata maggioritaria. Si rifiuta altresì la distruzione sistematica dell’immagine della Magistratura praticata in 16 anni di insulti sistematici, in base al teorema ormai insostenibile che B è innocente ed è vittima delle toghe rosse. Il reo accusa i suoi giudici per parere innocente. Alfano ha detto che questa protesta è insostenibile perché il Governo e il Parlamento fanno le leggi e i magistrati possono solo ubbidirle. Ha fatto valere la sola ragione della forza sulla forza della ragione. Il potere sul merito.
Ha detto B: «Questi giudici sono doppiamente matti! Per prima cosa, perchè lo sono politicamente, e secondo sono matti comunque. Per fare quel lavoro devi essere mentalmente disturbato, devi avere delle turbe psichiche. Se fanno quel lavoro è perché sono antropologicamente diversi dal resto della razza umana»
B ha definito la nostra Costituzione democratica “filosovietica”, ha detto di non averla mai attaccata mentre costantemente ne demolisce tutti i principi e purtroppo trova spesso il sostegno anche della presunta opposizione. B uccide la sovranità popolare con una riforma leghista del sistema elettorale che ha scippato il diritto di scelta, uccide la libertà dei cittadini, i loro diritti garantiti dalla Costituzione, l’equilibrio delle istituzioni e ne svuota sistematicamente le competenze per un accentramento dittatoriale sulla sua persona, che è anch’esso sostenuto purtroppo da parte dell’opposizione.
In questa notte profonda della democrazia e della legalità costituzionale, ci sembrano particolarmente importanti e attuali le parole pronunciate da Piero Calamandrei nel 1955 a Milano.
Calamandrei parlava della scuola e del diritto che la Costituzione riconosceva ai capaci e meritevoli anche se privi di mezzi di studiare, un diritto in cui si imponeva alla Repubblica di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Non prevedeva una Gelmini che avrebbe accorciato la scuola d’obbligo per mandare i ragazzi un anno prima a lavorare. Non prevedeva tagli dissennati alla scuola che ne avrebbero abbassato il livello impedendo ai più di formarsi. Né che gli insegnanti fossero condannati a un precariato permanente, sviliti e svalutati nel loro lavoro e nella loro persona. E nemmeno che la ricerca italiana scadesse in Italia a tal punto, mortificando i migliori e privando il paese del beneficio di quanti erano costretti ad andare all’estero mentre a capo degli organismi nazionali venivano poste persone indegne in base a clientele politiche.
Calamandrei era convinto che la scuola potesse contribuire a innalzare la dignità dell’uomo, non aveva previsto che diventasse una merce, come il lavoro, come l’acqua, in un sistema liberista dove tutto è mercificato e si favoriscono le scuole private mentre si deprime la scuola pubblica.
Quella Costituzione che B deride e che tutti, anche a sx, non vedono l’ora di cambiare dice che: “È compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana: quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità di Uomo.”
Solo quando questo sarà raggiunto, diceva Calamandrei, si potrà veramente realizzare quell’art. 1 «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro».
Diceva Calamandrei che fin quando ogni uomo non avrà la possibilità di lavorare e studiare e trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere con dignità, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica perché senza questa uguaglianza di fatto, si ha una democrazia solo formale, dove tutti non sono messi in grado di portare alla nazione il il loro contributo migliore.
Diceva Calamandrei: la Costituzione è un testo bellissimo di bellissimi propositi ma è ancora da attuare, è “un programma, un ideale, una speranza, un impegno di un lavoro da compiere.” E ora, sotto gli urti sconclusionati e totalitari di questa pessima classe dirigente, noi dovremmo vedere questo testo bellissimo fatto a pezzi, e con l’aiuto addirittura della pessima opposizione?
Questa è una Costituzione che apre le vie verso l’avvenire. Ucciderla significa uccidere l’avvenire di noi tutti.
Ma la Costituzione da sola non basta, da sola è solo carta.
Perché si attivi, occorre ogni giorno metterci dentro l’impegno, lo spirito, la responsabilità. Dov’è oggi in questo mondo mercantile la responsabilità?
Diceva Calamandrei: “Sento dire in giro: «La politica è brutta.Che me ne importa della politica?» come in quella storiellina dei due emigranti che traversavano l’oceano su un piroscafo. Uno dormiva nella stiva e l’altro sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con onde altissime e il piroscafo oscillava. E chiedeva a un marinaio: «Siamo in pericolo?», e quello rispondeva: «Se continua così, tra mezz’ora affondiamo». Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno: “Toni, Toni, tra mezz’ora il bastimento affonda!». E l’altro rispondeva: «Che me ne importa, non è mica mio!». Questo è l’indifferentismo alla politica.
Calamandrei: “La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per 20 anni, e che vi auguro di non sentire mai.. ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, dando il proprio contributo.
La Costituzione è l’affermazione solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte comune, che se va a fondo, va a fondo per tutti perché siamo su un bastimento comune.
È la carta della propria libertà, la carta per ciascuno di noi della propria dignità d’uomo.
Voi alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, farla vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro il senso civico, la coscienza civica, rendersi conto - questa è una delle gioie della vita - che ognuno di noi nel mondo non è solo, che siamo in più, che siamo parte di un tutto.
Quando io leggo, nell’art. 2, «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale», o quando leggo, nell’art. 11, «l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», la Patria italiana in mezzo alle altre patrie, dico: ma questo è Mazzini, questa è la voce di Mazzini; o quando io leggo, nell’art. 8, «tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge», questo è Cavour; o quando io leggo, nell’art. 5, «la Repubblica una e indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali», questo è Cattaneo; o quando, nell’art. 52, io leggo, a proposito delle forze armate, «l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica», esercito di popolo, questo è Garibaldi; e quando leggo, all’art. 27, «non è ammessa la pena di morte», questo, è Beccaria. Grandi voci lontane, grandi nomi lontani.
Quanto sangue e quanto dolore per arrivare a questa Costituzione!
Dietro a ogni articolo, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, in Africa, per le strade di Milano o di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta.
Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, questo è un testamento, un testamento di centomila morti.
Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione."
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