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Berlusconi rassicura sui conti pubblici: «Non saremo declassati»
Publie le lunedì 23 maggio 2005 par Open-PublishingIl balletto del cavaliere
di Carla Casalini
«No, no, assolutamente no: non abbiamo preoccupazioni di declassamento da parte delle agenzie di rating». Silvio Berlusconi usa la tattica che meglio conosce, mettere in ombra sotto una coltre di parole la realtà stridente del disastro economico nostrano, su cui è intervenuto il commissario dell’Unione europea Almunia annunciando una procedura contro l’Italia per «eccesso di deficit». Sul deficit, Berlusconi spera che l’Europa sarà clemente. Mentre rispetto all’esorbitante debito pubblico, assicura che l’Italia non sarà punita dalle agenzie internazionali di rating - quella specie di signori feudali che si autorappresentano come mandanti dei «mercati» per sorvegliare la «solvibilità» degli Stati rispetto al loro debito nei confronti degli investitori globali. Ma la «non solvibilità», ossia i conti pubblici a rotoli provocati dalla dissennata politica della destra, sono un dato palpabile sia per chi si preoccupi del «declino» dell’industria, sia per chi patisca la decurtazione della propria personale solvibilità, nella forbice che si è brutalmente allargata in favore degli alti redditi.
Berlusconi, che l’altroieri si è visto arrivare a casa, portati dal ministro dell’Economia Siniscalco, i rappresentanti dell’agenzia di rating Moody’s - un incontro del tutto inedito per un presidente del consiglio - rassicura che il faccia a faccia «è stato molto utile», e perciò non c’è da «avere problemi», pur precisando, con la tradizionale filosofia del fiato corto da imprenditore: «Non abbiamo preoccupazioni, per ora». Per quanto riguarda il ministro Siniscalco, ben più «pessimista» sulla situazione italiana, il Cavaliere lo ha incastrato in un bel «comitato politico, formato da un componente di ogni forza della maggioranza» per provvedere al «taglio dell’Irap entro quest’anno».
Come si ricorderà, Siniscalco aveva affermato l’improbabilità di un taglio immediato dell’Irap, per la difficoltà di trovare risorse per finanziarlo (ricordiamo, en passant, che l’«Imposta regionale sulle attività produttive» contribuisce oggi al finanziamento di oltre il 38% della spesa pubblica per la sanità; una percentuale che al nord sale fino al 57%, ad esempio, per la Lombardia).
Il «comitato politico» appena istituito, dovrebbe anche stilare un testo per il Documento di programmazione economico-finanziaria che, a detta del premier, dovrebbe essere pronto «al massimo in due settimane». Ma date le difficoltà di reperire risorse per tutte le voci - con i contratti di lavoro dei pubblici dipendenti ancora aperti, i sospirati «gettiti fiscali» più che mai aleatori, e i soldi per «riparare» alle una tantum denunciate dall’Europa che non si sa dove trovare - difficile che sia mantenuto il timing imposto da Berlusconi. Insomma, il Dpef , sottoposto come prevedibile alle contrastanti pulsioni e interessi che dividono i partiti del centrodestra, sarà tanto se arriverà entro la scadenza del 30 giugno. E’ qui che Siniscalco - sostenuto indirettamente, ma esplicitamente, da Ciampi contro la parte «avventuriera» della destra - cercherà di prendersi le sue rivincite tentando di frenare ulteriori rovinose fughe in avanti.
Ma sul dissesto italiano è per l’appunto intervenuta, pesantemente, la Commissione Ue. Il 7 giugno, avverte Joaquim Almunia, responsabile degli affari economici e finanziari, «verrà proposta l’apertura di una procedura per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia». Sotto accusa è lo sforamento del tetto di deficit del 3% rispetto al Pil nazionale, «per gli anni 2003, 2004». Ma la Ue punta il dito sul trend, che per quest’anno stima sicuramente superiore al rapporto deficit-pil consentito, ossia del «3,6%, che in assenza di misure aggiuntive salirebbe al 4,6%nel 2006».
Ma Silvio Berlusconi, di fronte a questo nuovo «pericolo» conta di giocarsi la carta del giudizio dei governi europei, sperando che nella riunione di Ecofin i ministri finanziari aiutino il governo italiano, giacché due anni fa, quando erano Francia e Germania ad essere messe sotto accusa dalla Commissione Ue per «eccesso di deficit», il ministro Tremonti si schierò con loro sicché Ecofin smentì la Commissione, congelando la «procedura» contro Parigi e Berlino.
Il Manifesto




