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Berlusconi si ritira? No, fa marcia indietro (che è tutt’altra faccenda)

Publie le venerdì 18 marzo 2005 par Open-Publishing

Promesse da marinaio. Clamoroso a Palazzo Chigi: il premier in 24 ore si rimangia tutto. Bush su tutte le furie lo chiama e lo costringe a ritrattare sul disimpegno dall’Iraq

Un paese a sovranità limitata. Ecco cos’è l’Italia di Silvio Berlusconi. Il capo del governo prende ordini dal presidente Bush. E mente, mente anche sui colloqui avuti con lo steso George W. e con Tony Blair.

Non servono grandi commenti, basta la cronaca di quel che è avvenuto ieri. In mattinata il portavoce del governo britannico dichiara che Berlusconi “è stato frainteso”. Insomma, con Blair non si è parlato di ritiro delle truppe italiane (né tanto meno di quelle britanniche). Eppure a “Porta a porta” Berlusconi era stato chiaro sui colloqui avuti con il premier inglese. Aveva detto che il disimpegno dall’Iraq era un’esigenza sentita dall’opinione pubblica dei due paesi e che sarebbe stato possibile lasciare il paese man mano che il governo iracheno avesse preso in mano la sicurezza delle città. Ma, proprio ieri, la prima seduta del parlamento è stata una giornata di sangue. C’è ben poca sicurezza in Mesopotamia.

Berlusconi però non s’arrende. “Dopo le elezioni del 30 gennaio - scrive il premier sul Foglio di Ferrara - mentre si consolida il percorso costituzionale individuato dal governo ad interim e sostenuto dalla coalizione, si può cominciare a parlare di ’missione compiuta’ senza escludere per il futuro nuovi, seri, solidi impegni nel sostegno politico, militare e diplomatico alla nascente democrazia irachena". E, a proposito delle dichiarazioni del portavoce di Blair, dice: “Ho parlato con Blair sulla necessità di produrre un exit plan che è atteso dalle nostre opinioni pubbliche”.

Chiaro no?

Invece non lo è per nulla. Sentite cosa dice Blair alla Camera dei comuni, durante il question time: “per il ritiro dall’Iraq non è stata mai fissata una data precisa”. Berlusconi a questo punto diventa febbricitante e torna a smentire Londra. “Con Blair non c’è stato nessun misunderstanding” - precisa Berlusconi - “con il primo ministro inglese ci siamo capiti benissimo”. Sì, certo.

A questo punto lo chiama Bush. Pare sia stata una telefonata “calda”, nella quele il presidente americano ha chiesto a Berlusconi di ritrattare. Ma Palazzo Chigi alla fine del colloquio diffonde una nota nella quale si afferma che il capo del governo ha espresso a Bush “l’auspicio di poter iniziare quanto prima, possibilmente in settembre, un graduale e progressivo rientro del contingente militare italiano in Iraq”.
Bush la vede in modo differente, e incontrando i giornalisti a Washington afferma che “la Coalizione non si sta frantumando”. Di più: “[Berlusconi] voleva che sapessi che non vi sono cambiamenti nella sua politica”. Accidenti.

Intanto a Roma il premier se la prende con i giornalisti, rei di montare un caso sulle sue parole e Fini conferma che non c’è nessun cambiamento di rotta del governo.
L’opposizione è indignata. Strali un po’ da tutte le parti, accuse di pressapochismo e di irresponsabilità, fino alla richiesta che Berlusconi si presenti in Aula a spiegare. La sinistra radicale, in particolare, non mangia la foglia: “propaganda elettorale”, dice Folena del correntone Ds. L’unico a cascarci è Giuliano Amato: “Finalmente il premier comincia a porsi il problema perchè in Iraq il problema c’è”.

Il bello deve ancora arrivare: in serata Berlusconi torna a Palazzo Grazioli e dice ai cronisti appostati davanti al portone: “Non è mai stata fissata una data, "il mio era solo un auspicio, il ritiro deve essere concordato con gli alleati”. Ecco la verità. “Non siamo una forza di occupazione, non vogliamo stare lì a vita” ma “se c’è un alleato - dice il premier - su cui gli americani possono fare affidamento è Silvio Berlusconi e il governo italiano". E se Bush e Blair diranno di no al ritiro a settembre? - chiedono i giornalisti: "Se non è possibile, non è possibile - risponde Berlusconi - la soluzione deve essere concordata con gli alleati”.

Tanto rumore per nulla. Ma quel che rimane di questa storia sono due cose: la prima è che Berlusconi, da Vespa, ha preannuciato l’esito dell’ “inchiesta” (le virgolette sono d’obbligo) sulla morte di Calipari. E’ stato un incidente. La seconda è che tutta questa giornata grottesca verrà raccontata solo sui giornali e chi ha visto solo “Porta a porta” rimarrà dell’idea che a settembre I nostri tornano a casa. E settembre viene dopo, molto dopo il 3 e 4 aprile.

http://www.aprileonline.info/articolo.asp?ID=3872&numero=222