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Bertinotti: "Il pericolo è la grosse koalition, ma l’Unione compatta riformerà l’Italia"
Publie le giovedì 13 aprile 2006 par Open-PublishingRifondazione pronta per i prossimi impegni: il governo italiano e la sinistra europea
di Andrea Milluzzi
Si è riunita la direzione del partito, Bertinotti: "Il pericolo è la grosse koalition, ma l’Unione compatta riformerà l’Italia"
A due giorni, anzi a un giorno e una notte, dai risultati definitivi delle elezioni, si è riunita ieri la direzione di Rifondazione comunista. In una stanza che, come hanno notato tutti tra il serio e il faceto, non era mai stata così piena di parlamentari, il Prc si è interrogato sul voto e sugli scenari che si aprono nel futuro sia del Paese che del partito stesso.
Per tentare di soddisfare anche la curiosità dei molti lettori che hanno chiamato in redazione, e anche perché molti dei presenti hanno focalizzato l’attenzione sulla necessità di indagare bene i numeri della votazione, partiamo da uno dei tanti argomento trattati dalla direzione: lo scarto di voti fra Senato (7,4%) e Camera (5,8%), ossia tra un risultato oltre le aspettative e un altro di “tenuta” e anche un po’ di più: «Bisognerà aspettare di aver studiati bene i flussi, ma è sicuro che siamo cresciuti di 500mila voti alla Camera e 700mila al Senato - spiega Alfonso Gianni - e io credo che al Senato siamo andati meglio perché c’era l’Ulivo, che voglio sottolineare non è la stessa cosa del partito democratico, mentre non penso che ci sia stato un calo fra i giovani».
Una prima analisi che trova d’accordo anche il segretario Fausto Bertinotti: «Fra i giovani il 55-58% ha votato Unione, il che significa che c’è una grande richiesta di unità. Ma il mondo giovanile non è facile da decifrare, ci sono quelli che sono sempre stati con noi, prima e dopo Genova, e poi molti altri. Ma a questa tornata ci sono stati anche molti medio-borghesi che hanno votato l’Ulivo alla Camera e Prc al Senato e molte domestiche che hanno votato a destra...».
Detto questo, e detto che per tutti gli oratori il risultato del partito è «positivo», le parole del giorno sono state “alternanza”, “grosse koalition” e “unità”, tutte intrecciate fra loro. In che modo lo spiega Bertinotti: «In campagna elettorale abbiamo visto il formarsi di un senso comune del popolo, che era quello di cacciare Berlusconi. Ad obiettivo raggiunto l’Unione è ad un passo cruciale, quello del governo del Paese, inteso non solo che esercizio dell’esecutivo, ma come strumento per coinvolgere la società tutta nel grande lavoro della riforma del post-Berlusconi.
Per far questo - continua Bertinotti - l’Unione poggia su due gambe: il programma e - direi - il suo spirito, la sua ispirazione» che adesso, basta leggere i giornali «è minacciata dall’ipotesi grossa coalizione che vuole il moderatismo alla guida del Paese. Noi siamo l’alternativa e l’unico modo per garantirla è presidiare l’alternanza» che per Rifondazione significa due impegni: «investire sull’unità della coalizione per un governo riformatore, nel senso che non ci dovrà essere nessuno scatto laterale e nessuno sarà contro nessuno e contemporaneamente dar vita al progetto della sinistra europea il cui processo costituente dovrà partire a giugno con - lo dico brutalmente - chi ci sta».
La prospettiva di dar vita il prima possibile alla sinistra europea, la soddisfazione per il risultato del partito e per la sconfitta di Berlusconi sono punti che accomunano tutto il Prc, nell’analisi del risultato si avanzano qualche perplessità: «L’Unione ha vinto, ma ha vinto di gran lunga sotto le aspettative - sottolinea Claudio Grassi, leader di “essere comunisti” - e non so quanto potrà reggere così una coalizione già attraversata da profonde contraddizioni. Credo che questa situazione sia dovuta alla penetrazione del berlusconismo nella società e all’incapacità dell’Unione nel rispondere all’offensiva di Berlusconi durante la campagna elettorale».
Secondo Salvatore Cannavò, portavoce di “sinistra critica” «paradossalmente Berlusconi adesso può essere più forte perché ha sì perso il governo, ma ha la prova provata della sua forza politica e del suo essere collante della Cdl. Per quanto ci riguarda quindi, credo che dobbiamo stare sui contenuti radicali che sono l’unica carta che ha in mano Prodi e che sono quello che danno l’autonomia anche al nostro partito». Fa cenno di sì con la testa Franco Turigliatto, anch’egli di “sinistra critica” che nel suo intervento cita anche «chiesa e Confindustria! fra gli artefici della rimonta di Berlusconi. Per Marco Ferrando leader di “progetto comunista” «Berlusconi è riuscito a tenere compatto il suo blocco sociale di riferimento e quindi l’Unione ha fallito nel suo obiettivo primario che era proprio quello di rompere quel blocco». Ferrando e Franco Grisolia presentano poi una mozione per una conferenza nazionale dei delegati che votino sul programma e l’adesione al governo, bocciata però dall’assemblea.
Dai territori poi, dalla Sicilia per la precisione, viene la richiesta di Daniela Dioguardi: «Dobbiamo narrare la radicalità, come ha detto Bertinotti, però, penso alla Sicilia, dobbiamo anche abituarci a stare più ai tempi e nella mia isola il problema della precarietà viene addirittura in seconda battuta dopo quello della mancanza totale di lavoro in molte zone». Dell’esperienza in campagna elettorale parla anche Franco Giordano: «Ci sono alcune leggi della destra che parlano chiaramente della loro ideologia che è andata a colpire le donne, i migranti, i no global ecc. E quando noi stiamo con loro nelle battaglie sul territorio si crea un “farsi società”, diventiamo quasi una calamita, come ho avuto modo di vedere in Toscana» e qua si riallaccia anche Elettra Deiana: «Il successo non è un voto del passato né un voto d’opinione, è la conferma della radicalità della nostra proposta. E adesso bisogna ripartire dalla presenza nel territorio».
Alberto Burgio torna sull’esiguo scarto di voti fra Unione e Cdl, con un avvertimento: «Una lettura univocamente rassicurante mi preoccupa» e dello stesso tenore è stato l’intervento di Claudio Bellotti, ma a spingere invece per la sicurezza e la fiducia nel prossimo governo ci pensa Graziella Mascia: «Ha vinto il bisogno di liberazione dall’autoritarismo, adesso è importante respingere l’idea di una grossa coalizione». L’europarlamentare Roberto Musacchio porta l’esperienza europea: «In Germania i partiti moderati si sono uniti mettendo da parte l’unica forza che aveva vinto alle elezioni, ossia la “Link”, in Francia dopo il no alla costituzione c’è la situazione paradossale della scissione fra elementi di movimento e la politica, come si è visto in queste settimane. Berlusconi vinceva grazie ad una miscela possibile solo in Italia, ma sul terreno dell’affidabilità vinciamo noi».
Dunque, sguardo rivolto al futuro come dice per ultima Beatrice Giavazzi: «Rivediamo tatticamente l’alternanza, ma non sposiamo la politica dei due luoghi, cioè quello del partito e quello delle istituzioni». Sarà questo, l’organizzazione del partito, il prossimo tassello da organizzare, come sottolinea anche Bertinotti e per questo inizierà una «discussione» nel partito per decidere il “chi” e il “come”. Bertinotti chiude i lavori ribadendo di «saper benissimo che lo scarto di voti è pericoloso, ma l’Unione è autonoma e non c’è alternativa al suo governo perché c’è veramente la possibilità della discontinuità e del cambiamento.
La nostra base politica ovviamente resta il rapporto con i movimenti e la società civile». Un’ultima battuta sull’ipotesi della formazione del partito democratico: «Resto dell’idea che la sua nascita non ci favorirebbe e per questo credo che dovremmo guardare anche noi, forze di sinistra, all’unità». Le votazioni si chiudono con 3 contrari, i membri di “progetto comunista” e due astenuti “sinistra critica” al documento della maggioranza.
Liberazione