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Bertinotti: "Per il 2 giugno preferirei la divisa della pace"
Publie le lunedì 22 maggio 2006 par Open-Publishingdi Frida Nacinovich
Il presidente della Camera: «Tutte le cerimonie ufficiali mi vedono impegnato perché rappresento tutti»
Possibile festeggiare la Repubblica senza parate militari? Apriti cielo delle libertà. Forza Italia, Udc e naturalmente An rispondono: «Orrore». Impossibile far passare un 2 giugno senza sfilate dell’esercito, fanfare e bande dei carabinieri. «Bertinotti offende i nostri soldati», tuona Isabella Bertolini, che da qualche tempo a questa parte si sta accreditando come la voce femminile (del padrone) di Forza Italia. Attento Bondi. «Bertinotti strizza l’occhio a pacifisti e no-global», aggiunge Luca Volontè dell’Udc. Per Ignazio La Russa basta l’espressione, il suo volto è quello di un nazional indignato. Addirittura. Tanto sdegno solo perché Rifondazione comunista, anche Verdi e Pdci, hanno chiesto un cambio di registro. Franco Giordano vorrebbe che la cultura della pace si sovrapponesse, sostituisse, cancellasse la guerra. «Che senso ha festeggiare la Repubblica e la sua Costituzione che ripudia la guerra con le tradizionali parate di armi e soldati?», si chiedono Gennaro Migliore e Giovanni Russo Spena, capigruppo del Prc alla Camera e al Senato. L’interrogativo è retorico. La risposta è sotto gli occhi di tutti.
Torniamo a bomba, alla destra che dichiara guerra ai pacifisti e a tutte le loro “strane” idee. Il presidente della Camera conferma la sua presenza alla parata militare del 2 giugno. «Se poi mi chiedessero se personalmente preferirei che la festa della Repubblica avvenisse con una divisa di pace, certo lo preferirei», spiega Bertinotti. Poi aggiunge: «Faccio il presidente della Camera, in questo momento tutte le cerimonie ufficiali mi vedono impegnato perché rappresento tutti. E nel momento in cui la cerimonia è così organizzata è mio dovere essere presente con tutta lealtà». Frasi che il forzista Elio Vito fa finta di non sentire. «Grave che il presidente della Camera Bertinotti, con le sue parole, possa far balenare solo il dubbio che le forze armate italiane non siano impegnate in missioni di pace». Missioni militari di pace, qualche anno fa sarebbe apparsa una contraddizione in termini. Poi sono cominciate ad arrivare le “guerre giuste”, le “bombe intelligenti”, “le contingenti necessità” e il “senso di responsabilità”. E siamo a oggi. A Vito che urla alla lesa maestà (dell’esercito, s’intende), a Volonté che non perde l’occasione di segnalare il legame fra il presidente della Camera e il movimento “no global” (perché democristiani si nasce).
A Ignazio La Russa che se potesse sfilerebbe pure lui. Viste le premesse e il tono della discussione, il Verde Paolo Cento - il viceministro Cento - trova una risposta azzeccata: «Non ci sarò, non ho mai partecipato a parate militari». «Ho molto rispetto per i nostri militari e considero la festa della Repubblica un grande evento democratico e popolare - aggiunge Cento - ma non assisterò alla parata perché penso che quella giornata non ha bisogno di essere ricordata con una sfilata di mezzi militari nel cuore di Roma». Alle manifestazioni in difesa della Costituzione invece sì, a quelle Cento c’è sempre stato. Insieme a tutta la sinistra, all’Unione che oggi si prepara all’appuntamento del 25 giugno. Un’altra data che rischia di diventare storica perché c’è da salvare la Costituzione repubblicana del ’48, quella che al suo interno - insieme a tanti ottimi principi - vede anche scritto a chiare lettere che l’Italia ripudia la guerra. «Il 2 giugno del 1946 - ricorda Migliore - le donne votarono per il referendum istituzionale segnando, così, una svolta culturale e civile per il Paese. La festa della Repubblica è, dunque, parte della nostra memoria storica: una festa di democrazia e civiltà che vede coinvolto tutto il popolo italiano in nome dei più alti valori del dettato costituzionale, anche del ripudio della guerra».
Alla data del 25 giugno guarda anche la destra, che l’ha giurata a Romano Prodi e a tutta l’Unione, da ieri anche ai senatori a vita. Perfino a Giulio Andreotti, appena una settimana fa indicato come presidente del Senato, votato e dipinto come un autentico padre della patria. Per tutte valgono le parole del leader unico e indiscusso del centrodestra berlusconiano. Silvio Berlusconi, appunto. «I senatori a vita hanno fatto qualcosa di profondamente immorale secondo la coscienza della nostra parte politica». Il governo Prodi ha appena ottenuto la fiducia con 165 voti a favore a 155. «Per me i senatori a vita avrebbero dovuto astenersi - dice ancora l’ex premier - quanto a Ciampi, io mi sarei espresso in maniera diversa». Credere, obbedire, combattere. E invece hanno obbedito al Cavaliere soltanto i suoi. Non sono bastati. Viva la Repubblica, viva la democrazia.