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Bologna: AUTOGESTIONE E CONTROSAPERE in UNIVERSITA’

Publie le sabato 26 novembre 2005 par Open-Publishing

AUTOGESTIONE E CONTROSAPERE in UNIVERSITA’
dalle esperienze di occupazione del Movimento Studentesco

Il nostro tempo è qui, e comincia adesso. Comincia nell’era dell’università riformata, del 3+2, del sistema dei crediti, della frammentazione dei saperi e della dequalificazione didattica. Comincia nell’era in cui una nuova idea di scuola di elite e di selezione di classe attraversa le menti di chi governa e gestisce il sistema-istruzione tanto sul piano nazionale che su quello locale. Comincia dentro una università sempre più funzionale, come momento centrale della società capitalistica, alla riproduzione e alla legittimazione degli assetti sociali esistenti.
L’università del 3+2 è pensata innanzitutto come sistema di formazione accessibile a pochi: la logica di una laurea di massa e di una specialistica crea un meccanismo di sbarramento su base di classe che tenta di eliminare la scuola di massa prodotta dalle rivendicazioni e dalle lotte dei movimenti dei decenni scorsi; in secondo luogo, da un lato produce soggetti dotati di competenze e conoscenze nozionistiche e generiche (buone per essere spese dentro un mercato del lavoro flessibile e precario), dall’altro un sapere frammentato, “pillolizzato”, incapace di essere rielaborato criticamente e dunque incapace di produrre antagonismo sociale. La funzionalità dell’attuale sistema-università al capitalismo odierno è dunque duplice: nel suo essere ‘fabbrica’ di nuovo lavoro vivo precario e nel suo produrre saperi funzionali alla legittimazione ideologica dell’esistente. Non è l’eccezionalità di un governo autoritario o di un ministro particolarmente conservatore ad aver generato tutto ciò: è la tendenza che, negli ultimi dieci anni, ha guidato governi tanto di centro-sinistra che di centro-destra in un progetto unitario di smantellamento della scuola e dell’università pubblica.
Contro tutto ciò il movimento studentesco bolognese, come quello nazionale, si è mosso. Per una università pubblica, accessibile a tutte e tutti, di massa. Per una università non assoggettata alle logiche della riproduzione del capitale, per saperi liberati dalla mercificazione, per un vero sapere critico.

Dentro questo orizzonte di prospettiva, le nostre lotte hanno assunto le pratiche dell’occupazione delle facoltà di lettere e filosofia, di giurisprudenza e di scienze politiche, nate non solo con lo scopo di unirsi alle altre occupazioni nazionali per bloccare l’approvazione del DDL Moratti, ma anche per praticare, da dentro, forme di opposizione possibili al 3+2: per vivere una socialità di massa, per produrre e far circolare controsapere, per organizzare forme di aggregazione e mobilitazione politica, per costruire un nuovo movimento studentesco. All’interno di questo quadro la lotta per il diritto allo studio si è declinata concretamente con l’autoriduzione alla mensa
universitaria più cara d’Italia (privatizzata dall’Arstud e concessa in appalto alla Concerta S.p.A.), nonché sul terreno del caro-affitti, causato non solo dal malgoverno dell’università, che investe i suoi soldi in fondazioni private piuttosto che in studentati, ma anche dalle politiche
dell’assessorato alla casa della giunta cittadina. Sul piano del tessuto sociale cittadino, del resto, la nostra mobilitazione ha incrociato le lotte sociali portate avanti nella Bologna della repressione e della legalità, nella Bologna dello sceriffo-Cofferati, che, a chi poneva il problema della casa e del caro-affitto, ha saputo rispondere solo con la militarizzazione, con la polizia e i manganelli, che hanno impedito che le nostre istanze fossero portate in consiglio comunale. I fatti del 24 ottobre, del resto, si pongono in piena continuità con quel clima politico e culturale instaurato dal sindaco di questa città, che tenta di ridurre il dibattito politico cittadino sulla questione ideologica della legalità, che non esita a sgomberare i migranti e farli chiudere nei cpt, che non esita a criminalizzare qualunque pratica di lotta antagonista.

Dopo la mobilitazione nazionale del 25 ottobre a Roma, ci siamo dati la priorità dell’occupazione di uno spazio all’interno dell’università, l’aula di piazza Scaravilli: uno spazio per riprenderci il nostro tempo, in cui praticare forme di autorganizzazione slegate dalle associazioni studentesche, neutralizzate e ingabbiate dalle istituzioni universitarie nella logica della rappresentanza, in cui produrre e far circolare sapere altro, sapere critico, controsapere.
Esperienze, quelle delle occupazioni delle Facoltà prima, dell’aula di piazza Scaravilli poi, che hanno saputo essere anche momenti di creazione di nuova socialità, capaci di trasformare la zona universitaria, di plasmarla finalmente sulle esigenze degli studenti: un luogo aperto di incontro e
discussione, che non mediasse la socialità attraverso la costrizione imposta attraverso il consumo nei vari bar e locali economicamente sempre meno accessibili, che ha reso vissuto e vivibile l’ateneo aldilà dei normali tempi della vita universitaria facendo di questi luoghi teatro di manifestazioni culturali quali cineforum e seminari autogestiti, luoghi di liberazione del sapere e di sua condivisione.
Ancora, abbiamo non soltanto attraversato gli spazi dell’ateneo, ma anche riattraversato il tessuto cittadino nella giornata internazionale per il diritto allo studio con il corteo del 17 novembre; in quel giorno, da parte di quelle stesse istituzioni cittadine che ci avevano impedito l’ingresso in consiglio comunale, ci è stato negato l’ingresso alla sala borsa, luogo centrale nel cuore della città dove la mercificazione dei saperi trova la sua più forte evidenza, con una libreria privata che erode gli spazi pubblici della biblioteca.
Del resto, anche la risposta del rettore Calzolari non si è fatta attendere; sulla linea della legalità cofferatiana, con atto gravissimo e senza precedenti negli ultimi anni, Calzolari ha richiesto l’intervento delle forze dell’ordine nell’università; all’alba del 22 novembre digos e polizia hanno fatto irruzione nell’aula occupata di piazza Scaravilli, sgomberando e denunciando 23 studenti.

Non ci fermeranno. Risponderemo rilanciando le lotte.
Poniamo con forza, come priorità, la questione degli spazi nell’università: per noi è irrinunciabile la possibilità di attraversare spazi da autogestire, dove praticare autorganizzazione e socialità, confronto e dibattito, dove produrre e far circolare sapere critico.
Saperi liberi, saperi per tutti.
Il nostro tempo è qui, e continua adesso.

BOLOGNA OCCUPA