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Bologna : Processo Smontaggio CPT Assemblea, presidio, appello

Publie le giovedì 8 dicembre 2005 par Open-Publishing

Inviamo l’invito a partecipare all’assemblea che si terrà al TPO lunedì 12
ed al presidio di martedì 13 ed il testo dell’appello
che proponiamo di sottoscrivere.

Grazie per l’attenzione

Assemblea pubblica: Smontaggio, diritto di resistenza e libertà di
movimento.

Partecipano:

 G. De Pieri, TPO. Imputato
 Giuliano Pisapia, on. PRC
 Alessandro Metz, Consiglere Regionale Verdi. Imputato
 Paolo Cento, Vicepresidente Commissione Giustizia della Camera
 don A.Gallo, comunità San Benedetto al Porto

Lun 12 ore 20.45 @TPO, via Lenin 3, Bologna

Presidio

Contro il processo a carico di decine di attivist* di movimento imputati per
lo smontaggio del Centro di Permanenza Temporanea di Bologna

Martedì 13 ore 08.30, Procura della Repubblica di Bologna, p.zza Trento e
Trieste.

Appello

LA DEMOCRAZIA è RADICALE

La mattina del 13 dicembre 2005 si terrà presso il Tribunale di Bologna
l’udienza preliminare del processo contro 47 smontatori e smontatrici
del Centro di Permanenza Temporanea per migranti di Via Mattei.Il 25 gennaio
del 2002 insieme ad altre centinaia di persone entrammo nell’ex Caserma
Chiarini di Via Mattei a Bologna dove erano in corso i lavori per la
costruzione del nuovo CPT. Erano giorni in cui eravamo in pochi a
spendere una parola contro queste nuove strutture che successivamente
sarebbero state definite come una conseguenza di aberrazioni giuridiche e
normative. Da tempo eravamo a conoscenza di altri centri sul territorio
italiano, come quelli di Porta Galeria a Roma o di via Corelli a Milano e le
nostre voci mai si erano stancate di denunciare, inascoltate, la sospensione
della libertà e le continue violazioni dei diritti umani nei confronti di
quelle persone migranti che lì venivano rinchiuse. Ora anche nella
democratica Bologna si sarebbe inaugurato un luogo di
sospensione del diritto e di reclusione coatta per uomini e donne colpevoli
di aver lasciato il proprio paese d’origine per cercare una vita
migliore, una speranza. Entrammo quella mattina in un carcere a tutti gli
effetti, con tanto di gabbie a cielo aperto e celle di detenzione. Dietro i
muri appena intonacati e i sanitari in acciaio satinato quella struttura
tutto assomigliava tranne che ad un centro di accoglienza.

Smontammo tutto, il più possibile, pezzo per pezzo. La nostra indignazione
era così forte di fronte a quella struttura da farci venire in mente i
peggiori esempi di disumanità operati dagli Stati e dalle Società
occidentali del ’900: un campo di detenzione con prevalenza etnica
come quelli che la storia ci ha insegnato a disprezzare. Lo smontaggio fu
considerato un’azione eclatante ed ebbe riverberi in tutta Europa.
Parallelamente numerose inchieste giornalistiche e denuncie fatte dalle
stesse associazioni umanitarie e cattoliche confermavano il fatto
che i CPT erano luoghi di non diritto, di tortura, di assenza di dignità.

Ancora oggi questi luoghi non sono stati chiusi e altri ancora sono in
costruzione come quelli di Gradisca D’Isonzo e Bari. Con la Legge Bossi-Fini
i CPT sono diventati senza alcun dubbio delle prigioni etniche
speciali per immigrati, un luogo dove si continua ad essere privati della
libertà personale per il solo fatto di essere privi di permesso di
soggiorno, senza il controllo di un giudice terzo e con la violazione
continua dei diritti umani. Nel corso di questi anni un vasto movimento di
idee ha sottoposto a severa critica l’istituzione di LUOGHI DI DETENZIONE
IMPROPRIAMENTE DEFINITI DI "PERMANENZA TEMPORANEA", sul rilievo di lacune
costituzionali che non consentirebbero l’esistenza stessa di tali luoghi,
destinati di fatto al concentramento e alla reclusione di cittadini
stranieri. Sei mesi fa quattordici presidenti di Regione si sono riuniti a
Bari in un forum ed hanno chiesto, insieme a movimenti ed associazioni la
chiusura definitiva dei centri di permanenza temporanea. A Bologna il 13
dicembre 2005 si apre un processo in cui, chi per primo si è impegnato
mettendo le proprie convinzioni e i propri corpi in gioco per questa
battaglia , rischia un numero impressionante di anni di carcere e di dover
corrispondere un risarcimento per danneggiamenti pari a 277.000,00* al
Ministero dell’Interno.

Questo processo vede sul banco degli imputati l’umanità radicale e senza
compromessi di coloro che decisero di non abbassare lo sguardo. La
nostra azione ruppe la routine della denuncia rassegnata a rimanere atto
verbale,del dissenso che non diventa disobbedienza civile. Mettemo i
nostri corpi come ostacoli concreti alla realizzazione del prossimo lager.
Quel giorno decidemmo di disobbedire alle leggi per un senso di giustizia
superiore in virtù di una concezione che vede le costituzioni, statuali ed
extrastatuali, come processi inconclusi, emendabili con battaglie e
richieste di libertà di milioni di uomini e di donne.L’azione delle Procure
ha visto in questo straordinario momento di
attiva partecipazione, di riscoperta della politica in prima persona, di
esposizione in pubblico dei propri convincimenti, solamente
un’iniziativa praticata da "vandali" o "teppisti". Si sono costruite
centinaia di accuse, processi, richieste di misure cautelari. Ultimamente ci
hanno chiamato delinquenti abituali. A noi, al più, piace definirci
richiedenti abituali.. di pace, di diritti, di libertà.

Sono questi i motivi per cui nel nostro Paese è necessario un provvedimento
urgente di Amnistia e di Indulto generalizzati. Una pronuncia seria da parte
del mondo politico sull’ Amnistia, la rinuncia del Ministero dell’Interno a
costituirsi parte civile in questo procedimento e la chiusura dei Centri di
Permanenza Temporanea in quanto luoghi contrastanti con i requisiti minimi
di uno stato democratico, sarebbero degli atti giusti e necessari
all’alba di questo processo. E’ vivo in noi, ora come allora, quel
sentimento profondo di giustizia che condividiamo con una parte critica
della società civile e che definì quel gesto un gesto di estrema civiltà, o
di civiltà estrema, fate voi.

LE/GLI SMONTATRICI/TORI

Fai arrivare la tua adesione all’email: processo.cptbologna@email.it per
info: 334 9204722

Primi firmatari:

Dario Fo
Stefano Benni, scrittore -Bologna
Paolo Cento, deputato verde e vicepresidente della Commissione
Giustizia della Camera dei Deputati
Mauro Bulgarelli, deputato verde
Tommaso Sodano, senatore PRC
Giovanni Russo Spena - deputato PRC
Ramon Mantovani,deputato PRC
Titti De Simone, deputata PRC
Sauro Turroni, senatore verde
Andrea Fumagalli, Università di Pavia
Raffaele Laudani, Department of Political Science, Columbia University
Vittorio Buldrini, Assessore Comune di Rimini
Sandro Rossi, associazione Ala Calle! - Rimini
Pamela Conti, PRC Navile - Bologna
Alessandro Bernardi, Cpf PRC - Bologna
Rossana De Simone, Rete per il Reddito - Bologna
Carlo Valmori, Coop. Soc. La Mano sul Berretto - Modena
Alberto Mazzoni, ricercatore neurobiologia SISSA - Trieste
Gigi Roggero, ricercatore Università di Cosenza
Alessandro Mezzadra, ricercatore scienze politiche Università di Bologna
Franco Berardi "Bifo", Bologna
Livello 57 - Bologna
Laura Ronzani, collettivo precari Vodafone - Bologna
Stefano Grespan, Paese - Treviso
Laboratorio Sociale Diana - Salerno
Csa Barattolo - Pavia
Alex Foti - Neurogreen
Tanaliberatutti - Trento
Officina Sociale - Trento
Tommaso Iori, consigliere comunale PRC - Trento
Paolo Festi - Bologna
Marco Trotta - Bologna
Nadia D’Arco - Bologna
Yara Nardi, studentessa in movimento La Sapienza - Roma
Stefano Buonamici, Bologna
Valerio Guizzardi, Ass. Papillon-Rebibbia Onlus - sede di Bologna
Luigi Marinelli, CUB- Bologna
Coordinamento Provinciale S.In Cobas - Ancona
Ass. Cult. "Punto Rosso" -Jesi-
Casa Loca Milano
Ass Ya Basta Milano
Action Milano
Gli/le occupanti di Via Catania 126 Sesto S. Giovanni
Gli/le occupanti di Via Lecco 9 Milano
Marco Coppi, Bologna
Associazione !AlaCalle!, Rimini
Associazione Radio For Peace, Bologna
Laboratorio delle disobbedienze Rebeldía, Pisa
MEZCLAR - ambulatorio migrante, Pisa

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