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Bologna e Roma - la differenza la fa il movimento

Publie le lunedì 30 maggio 2005 par Open-Publishing

La scelta di Cofferati pone interrogativi alla sinistra dell’Unione

Roma e Bologna, la differenza la fa il movimento

Lo scontro aperto dal sindaco Cofferati non è di facciata ma di sostanza. Non riguarda un singolo episodio ma un atteggiamento generale nei confronti dei movimenti che violano la legalità e dei partiti che la considerano una eventualità congenita ai conflitti sociali. Quella di Cofferati è una mossa propagandistica per coprire le sue difficoltà di consenso nella città e una prova generale di governo del centrosinistra nell’Italia che verrà. Queste misure repressive nei confronti dei movimenti sembrano mettere sulla graticola soprattutto la sinistra dell’Unione per spostarne a destra gli equilibri. I poteri forti preparano in questo modo il cambio di governo, assicurandosi la marginalizzazione dell’estrema sinistra. Ma in realtà questo scenario è tutt’altro che già definito e davanti a noi si aprono diverse opportunità.

In questi stessi giorni a Roma è successo un fatto importante, di segno completamente diverso. Mentre un movimento di lotta subisce la pressione della magistratura e della Prefettura, con i compagni a un passo dal carcere, gli sgomberi imminenti e i picchetti antisfratto sotto l’occhio vigile della Digos, il Consiglio comunale approva una delibera quadro sulle politiche abitative e il sindaco ferma gli sgomberi. La magistratura non è stata fermata, tutti i giorni piovono denunce sui compagni, ma il conflitto è diventato governo della città.

Se ne accorgono in tanti che qui si gioca una partita importante. Quel «laboratorio Roma» che aveva subito una battuta d’arresto soltanto un anno fa in occasione delle elezioni europee, improvvisamente torna alla ribalta e sembra funzionare come ancora di salvataggio.

A Roma si governa meglio che a Bologna, Veltroni non è Cofferati, qui il conflitto è riconosciuto e accettato, si dice.

Ma il dato reale è che a Roma si è consolidato un movimento sociale organizzato, non settario, capace di influenzare le amministrazioni locali, di radicarsi sul territorio, di agire con radicalità ma anche di conquistare consenso. Un movimento autonomo, popolare e ribelle. Un movimento senza padrini, disponibile al dialogo e all’alleanza sia sul piano sociale che su quello politico, ma indisponibile al ricatto o alla subalternità. Ancora una volta, è il movimento che fa la differenza.

Ma la partita anche a Roma è tutt’altro che chiusa. La lotta per strappare questo risultato è stata durissima e non abbiamo ottenuto ancora nulla perché la delibera bisognerà farla applicare. Nessuno ci regalerà mai niente e saremo costretti a violare la legalità formale ancora mille volte per potere affermare un’altra legalità di giustizia e di uguaglianza sociale. Avremo davanti tempi difficili e dovremo attrezzarci per farvi fronte. Ma percepiamo soprattutto l’allargamento sociale della fascia del disagio e della sofferenza e la crescita di un potenziale di cambiamento. Sentiamo che si sta allargando un vuoto di rappresentanza come mai era stato negli ultimi anni e che questa fobia repressiva corrisponde ad una paura diffusa tra le classi dirigenti. Per questo occorre porsi tutti insieme obiettivi più ambiziosi: non solo fermare l’azione repressiva ma allargare il conflitto sociale e riempire il vuoto che si è creato.

La casa è un bene comune: per difenderlo occorre allargare il patrimonio pubblico ed intervenire sul mercato degli affitti introducendo un canone sociale. Occorre soprattutto intervenire contro la grande proprietà, le società immobiliari e le finanziarie e costringerle a riconoscere la priorità del diritto alla casa. Ci sembrano questi i termini di una grande questione sociale che attraversa il paese intero e che riguarda strati sociali differenti, il terreno su cui sperimentare una relazione tra settori popolari e parti di ceto medio in difficoltà e che si lega ai temi più generali della precarietà del reddito e dell’aumento del costo della vita. Forse l’occasione per preparare una grande mobilitazione nazionale in occasione della ripresa autunnale degli sfratti.

Una mobilitazione contro il governo ma che ancori fin da subito le amministrazioni locali ad impegni precisi sulla sospensione degli sfratti e degli sgomberi e la politica del passaggio da casa a casa.

Questo sul piano del movimento ci sembra l’immediato futuro. Ma sul piano della rappresentanza, i partiti della sinistra radicale e ambientalista cosa intendono fare? Come pensano di impedire che il modello Bologna si generalizzi e contemporaneamente valorizzare il laboratorio Roma? E’ una domanda che rivolgiamo al Prc, ai Verdi, al Pdci e alla sinistra Ds. Voi che rappresentate l’anima di sinistra dell’alleanza antiberlusconiana e che state fiutando l’aria di politiche restrittive e liberticide di centrosinistra, utili a rassicurare i poteri forti sulle reali intenzioni dell’Unione, cosa proponete? La domanda non è generica ma precisa e si riferisce al terreno che vi è proprio, quello elettorale. Noi pensiamo che di fronte a questo rafforzamento dell’asse di destra del centrosinistra vi dobbiate svegliare e dirci da che parte state. Che dobbiate procedere con esperienze unitarie che garantiscano pari dignità ai movimenti che in questi anni sono stati la vera novità. Che dobbiate fare umilmente un passo indietro affinché tutti insieme, partiti e movimenti, ne possano fare due in avanti. Di fronte alla esplosività del conflitto sociale e alla necessità di dargli sostegno e futuro, anche voi siete chiamati a precisi impegni e dovete scegliere: la difesa opportunistica della propria piccola nicchia di simbolo, oppure l’apertura di una stagione nuova nella quale mettere al primo posto la difesa e il rilancio delle lotte sociali.

Action,
Agenzia Comunitaria Diritti - Roma